di Gildo De Stefano
Conobbi Rino Zurzolo ancor prima della sua fama internazionale quando è diventato il bassista di Pino Daniele. Fu nel marzo del 1984, quando quasi tutte le sere imperversavo nei jazz-club partenopei per un’inchiesta che stavo facendo per il quotidiano “Il Giornale di Napoli”, dal titolo “C’è jazz in Campania?”: una sorta di ricerca sul territorio che mi portava a intervistare quasi la maggior parte dei jazzisti campani. Mi colpì fin da subito quel ragazzo talentuoso, anche per la sua spiccata creatività che si concretizzò in un progetto che trovai molto interessante, una sorta di ‘jazz da camera’ che portava avanti con un’altrettanta talentuosa flautista, Valentina Crimaldi, che poi è diventata la sua compagna di vita e madre di suo figlio Leandro. L’inchiesta-ricerca si snodò in quattro puntate (ma ce ne sarebbero volute almeno dieci data l’entità di musicisti che conobbi e intervistai): nella seconda pubblicai l’analisi su Rino, inserendolo proprio tra i maggiori protagonisti della scena campana, quasi a voler sottindere che stavo parlando del più brillante e creativo contrabbassista della regione.
Già oltre trent’anni fa mi resi subito conto della sua peculiartità artistica, quella “tecnica a dita sciolte” che poi egli ha compendiato in questo interessante manuale per i giovani neofiti dello strumento, dal titolo “Tecnica a dita sciolte”, Alóς Edizioni. Consapevole di questa particolarità musicale di Rino Zurzolo, forse azzarderei affermare primo fra tutti i musicologi italiani, dedicai un capitolo intero nella mia storia del jazz in Campania, “Vesuview Jazz”, a quel giovane artista partenopeo che avrebbe fatto parlare di sé negli anni a venire.
Da quel periodo fino alla compagine di Pino Daniele la tecnica di Rino ha raggiunto livelli ragguardevoli tali da garantirgli la cattedra di contrabbasso in diversi conservatori italiani. La sinergia con Daniele rappresentava il luogo eccezionale di ispirazione, di provocazione, di agitazione e di esplosione di forme. L’improvvisazione collettiva lacera brutalmente come sotto l’effetto di crisi che Zurzolo provoca in un modo del tutto naturale, un tessuto armonico e melodico molto curato. Quando poi si distacca ad intervalli regolari dall’amico chitarrista per riprendere la propria strada jazzistica, Rino nella sua maestrìa vi si confonde un gusto convulso del caos, più drammatizzato che abbandonato a se stesso, e il ritorno abbastanza repentino ai riff, insistenti senza trascurare mai la pulsazione regolare del ritmo.
Ciò che amareggia particolarmente, e credo non solamente la mia persona, è la precoce dipartita di questo incredibile musicista che -al mondo e alla sua città- avrebbe potuto donare molta altra tecnica musicale di alto valore artistico.
Rino Zurzolo
Tecnica a dita sciolte
Alóς Edizioni -Napoli 2019
pagg. 39 – €. 18,00