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50 pagine al giorno- Chi dice e chi tace di Chiara Valerio

Scritto da Giulia Carlucci

Chi siamo? Siamo ciò che non mostriamo agli altri o ciò che gli altri vedono di noi? Siamo uno, nessuno e centomila?

“Non mi conoscevo affatto, non avevo per me alcuna realtà mia propria, ero in uno stato come di illusione continua, quasi fluido, malleabile; mi conoscevano gli altri, ciascuno a suo modo, secondo la realtà che m’avevano data; cioé vedevano in me ciascuno un Moscarda che non ero io non essendo io propriamente nessuno per me: tanti Moscarda quanti essi erano”. Uno, nessuno e centomila Luigi Pirandello
Chi siamo? Siamo ciò che non mostriamo agli altri o ciò che gli altri vedono di noi? Siamo uno, nessuno e centomila?
Chi dice e chi tace è il nuovo romanzo di Chiara Valerio candidato al Premio Strega. La storia è ambientata a Scauri, ultimo paese del Lazio e luogo che le ha dato i natali, un posto con seimila residenti in inverno e centomila d’estate: “ né bello né brutto, ma con una sua grazia scomposta”.
Se inizialmente quello che abbiamo in mano ci appare come un giallo con tutti gli ingredienti del genere – una morte in circostanze sospette, molti interrogativi e altrettante risposte da trovare- ci accorgiamo presto che è il romanzo della Valerio è tanto di più.
La morte di Vittoria con cui si apre la narrazione è solo il pretesto per un’indagine sociale con dei risvolti personali e universali.
Di lei sappiamo quel che si dice, quello che il paese mormora: arrivata dalla città, in compagnia di una donna tanto più giovane di lei, un giorno aveva comprato una casa con un bel fazzoletto di terra che coltivava con l’amore che le era naturale riservare per piante e viventi in generale, un luogo in cui tutti erano benvenuti. Una vita narrata tra il lavoro in farmacia, la cura del giardino, il mare, i libri e Mara la ragazza con cui conviveva.
La prima indagine necessaria appare subito chiara: chi era davvero Vittoria?
Ne ricostruiamo l’immagine e la reale vita attraverso i vari indizi disseminati nella storia, ma soprattutto con i dettagli raccontati e tutto ciò che il paese di lei vedeva, ascoltava e sapeva, o pensava di sapere. Un’ immagine “visibile” e di superficie perché restituita esclusivamente attraverso gli occhi degli altri, “tutti sapevamo tutto di tutti. Tutti ci accontentavamo di ciò che avevamo davanti agli occhi”. Tutti tranne qualcuno. Quel qualcuno che tenta di dipanare ogni mistero è Lea Russo, avvocato del paese e amica di Vittoria, vittima lei stessa della fascinazione esercitata da quella donna così mutevole e sfuggente.
A Scauri Lea conduce una vita ordinaria: un marito, due figlie e un lavoro che la rende punto di riferimento all’interno della dinamica sociale.  Lea non si accontenta di ciò che ha visto, di ciò che tutti sanno o pensano di sapere. Il ritratto di Vittoria che lei stessa ricompone tassello dopo tassello è caratterizzato da contrasti e decisamente segnato da un dualismo intrinseco.
Le donne della storia sono entrambe figure in bilico tra radici tradizionali e tensione alla modernità o a una prospettiva più globale. Due donne in eterna tensione tra luci e ombre.
L’indagine sulla morte di Vittoria e sulla sua vita, diventano presto per Lea l’occasione di una riflessione più profonda su se stessa e sul proprio sentire fino ad arrivare alla conoscenza di come la vedono suo marito, le sue figlie e gli abitanti di Scauri nel bene e nel male, e infine giungere alla consapevolezza che è sempre possibile cambiare vita.
Nel romanzo troviamo moltissime riflessioni sull’amore, sul senso di possesso e sulla conoscenza di sé e dell’altro che ci portano inevitabilmente a interrogarci sulla complessità delle relazioni e dei sentimenti umani.
I personaggi della Valerio sembrano dialogare con il lettore che si trova facilmente catapultato dentro la storia e fuori dalla stessa, a riflettere sulla propria vita e sulle certezze a volte tradizionalmente imposte.
Una scrittura scorrevole insieme a una punteggiatura che sfida e infrange le universali regole della grammatica ci restituiscono, senza inutili fronzoli, una storia decisamente noir, ma soprattutto un affresco sociale costellato di spunti di riflessione davvero interessanti e
la nostra personale indagine non può che terminare con la junghiana conclusione secondo la quale “conoscere la propria oscurità è il metodo migliore per affrontare le tenebre degli altri.”

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Giulia Carlucci

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