Fabrique Milano – 6/2/2020: L’ultimo concerto
“Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria…”.
Il cervello si arrovella, non sa se concordare con le parole che Francesca rivolge a Dante nel V Canto dell’Inferno o esserne in completo disaccordo, giacché i ricordi gioiosi aiutano a superare i mala tempora e infondono speranza.
E intanto fugge questo reo tempo e la memoria arretra di un anno, collocandosi in una data ben precisa e impossibile da dimenticare. Giovedì 6 Febbraio 2020: l’ultimo concerto, senza consapevolezza alcuna che tale sarebbe stato.
La fatica di una giornata lavorativa estenuante cancellata alla sola idea di riascoltare dal vivo gli Explosions in The Sky. La band texana, sulla scena dal 2000, suona al Fabrique per celebrare il ventennale di carriera.
Fabrique, Alcatraz, Magazzini Generali, Tunnel, Carroponte, Magnolia e innumerevoli altri disseminati per l’Italia, Europa, Mondo: luoghi attraverso i quali transita la felicità.
Una frenesia adolescenziale accompagna l’ingresso, fino alla conquista dell’agognato posto sotto il palco: ogni concerto che si rispetti reca con sé, oltre all’innegabile bagaglio di emozioni, anche una inevitabile sordità temporanea.
Arriva quell’attimo indescrivibile in cui i musicisti si materializzano sulla scena, guadagnano la propria postazione, imbracciano gli strumenti. Munaf Rayani saluta il pubblico e in un italiano magnificamente accattivante dice: “Siamo e sempre saremo Esplosioni nel cielo”.
Si esordisce con l’ipnotica A Song for Our Father. A seguire i grandi classici: Greet Death, Yasmin the Light, The Only Moment We Were Alone, Catastophe and the Cure, Disintegration Anxiety.
Fra gli astri più luminosi della scena post-rock, gli Explosions dal vivo riescono a liberare una energia e una potenza sonora tali da giustificare appieno il loro nome. Musica che sa essere violenta, ma anche intrisa di poesia e delicatezza. Esecuzioni dalla tecnica impeccabile, tirate, appassionate, in grado di procurare gioia assoluta, esaltazione selvaggia e primordiale. Un concerto è una cerimonia liberatoria, un rito profano pervaso di sacralità: un meccanismo perfetto, costituito da una infinità di ingranaggi, mossi sapientemente da una pletora di lavoratori, che concorrono armoniosamente alla riuscita dell’evento.
Le ultime note, il gruppo abbandona il palco, si accendono le luci: è la fine. La nostalgia ammanta il rientro a casa, ma il cassetto serba gelosamente le prenotazioni dei prossimi concerti. A marzo Teho Teardo, ad Aprile i Jesus and Mary Chain…