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Twenty Four Hours, Intervista + Recensione

Scritto da Gigi Fratus

un album mastodontico sia in termini di quantità (ben 12 pezzi per un totale di 84 minuti e rotti) che di qualità.

Ci ritroviamo, dopo qualche tempo, a chiacchierare di musica ed affini con il Dottor Paolo Lippe, stimato oncologo presso l’Ospedale Santa Croce di Fano nonchè membro fondatore della psychedelic/prog band Twenty Four Hours. Ed è proprio in questa veste che lo presentiamo a voi cogliendo l’occasione di presentare il nuovo doppio album “Close – White – Lamb – Walls

Ciao Paolo, anzitutto grazie per la disponibilità e per il tempo che vorrai dedicarci, ci conosciamo ormai da ben ventinove anni, ma è sempre un piacere vederti ed ascoltarti, soprattutto quando si parla di musica.
Paolo: Ciao Gigi, il piacere è reciproco naturalmente. Ma davvero son già trascorsi tutti questi anni?
Ti ringrazio per l’ospitalità e ringrazio la redazione di SOund36 per l’interesse mostrato in occasione dell’uscita del nostro nuovo cd.

Bene, rompiamo subito il ghiaccio con una domanda classica… due anni e mezzo di attesa ed un album doppio, viste le oggettive difficoltà geografiche che interessano la band, come è nato e si è sviluppato il nuovo disco?
Paolo: E’ stata una bellissima avventura, iniziata a Pasqua 2017 alla “Casa della Musica” anche nota come FABLAB, un posto incredibile gestito dal Comune di Fano dove ci sono 2 sale prova con gli strumenti per poter suonare e registrare gratuitamente. In soli 5 giorni siamo riusciti a buttare giù Adrian, le 5 parti della suite Supper’s Rotten, The Tale of The Holy Frog e il primo brano del CD1 ovvero Seventy-Seven (77) un pezzo punk quasi completamente improvvisato come ai bei vecchi tempi. Pensa che per preservare l’impatto live, queste registrazioni, fatte a click, sono poi rimaste come tracce guida per le registrazioni definitive.
Il synth e l’organo di questi brani sono rimasti i medesimi, il basso di Adrian e molte parti di chitarra ritmica, anche!
Da Aprile a Novembre 2017 sono stati arrangiati tutti i brani compresi i 4 citati, con l’aiuto di numerose riunioni Skype e lunghe telefonate. Lo stesso è avvenuto per le cover. A Natale 2017 e Capodanno 2018 abbiamo registrato tutte le parti strumentali finali e le voci al Magister Recording Area di Preganziol con Andrea Valfrè e abbiamo girato anche il video di Adrian in studio con Michele Sartor e Marco Lincetto (il Patron di Velut Luna).

In questo ultimo vostro lavoro si nota l’inserimento di una voce femminile che ha sicuramente portato benefici accrescendo l’appeal di alcuni brani. Rispetto al precedente album “Left-to-live” dove la presenza era relegata alle sole backing vocals. su “Close – White – Lamb – Walls” la presenza si fa più massiccia con le parti da lead vocals in ben tre brani. Questa scelta deriva da un semplice percorso evolutivo maturato negli anni dalla band o è stato il “solo” fatto di avere in famiglia Elena che ha portato in questa direzione ?
Paolo: Un po’ entrambe le cose, anche se l’idea di far cantare Elena non è recente … Elena ha una voce straordinaria e io ero stanco di cantare su tutti i pezzi. Su Left-To-Live ho cercato di cantare ogni brano in modo diverso e in parte ci sono riuscito, anche grazie all’aiuto di una fantastica maestra di canto che appare fra i ringraziamenti, Tatiana Farroni. Marco ha cantato Magic e sia lui che Elena mi hanno supportato con rinforzi e doppiaggi molto azzeccati. Sull’ultimo album Elena ha scritto molti dei testi e li ha anche cantati lei (She’s Our Sister, All The World Needs is Love e The Tale of The Holy Frog), mentre io ho l’ho doppiata solo sulla parte centrale di All The World… Ma la vera novità è stata cantare tutti e tre assieme, specie nella parte centrale e alla fine di Supper’s Rotten: un’incredibile improvvisazione vocale in studio guidata da Valfrè e ispirata a Revolution 9 dei Beatles e forse a Man-Erg dei VDGG.

Nel nuovo album sono state inserite ben 3 cover, di cui una, What use dei Tuxedomoon, in due versioni. Da cosa nasce questa decisione?
Paolo: La cover di What Use è sempre stato un nostro sogno. Tra l’altro ha il medesimo bpm della nostra versione di Embryo. Me ne sono accorto casualmente in auto mentre tornavo a casa in autostrada. Subito dopo il provino di Embryo, casualmente c’era proprio What Use dei Tuxedomoon e non ho potuto fare a meno di notare che il ritmo era molto simile, o meglio quello di What Use aveva un bpm esattamente doppio della nostra Embryo il che le faceva stare molto, molto bene insieme una dopo l’altra. Appena arrivato a casa ho acceso subito il mixer e ho suonato What Use con il Kurzy sulla batteria di Embryo e così è nato il Medley EMBRYO/WHAT USE. 

A questo proposito, come si è arrivati alla collaborazione con Blaine e Steven? Hanno preso parte alla scrittura dei due brani realizzati o si sono semplicemente resi disponibili ad interpretarli? Ovvero, trattasi di un piccolo, prezioso cameo, o reale collaborazione artistica?
Paolo: Blaine ha ottimizzato il testo di Elena e ha composto tutte le parti di violino, oltre a interpretare in toto la voce di Intertwined.
Steven ha impreziosito All The World Needs is Love  con il suo sax leggendario. In entrambi i casi mi sembra che si possa propendere per una collaborazione artistica, anche perché le nostre affinità di intenti e attitudini sono molto più intime di quanto non appaia dall’analisi dei nostri generi musicali che non sono proprio simili….

Cosa vi aspettate da questo vostro lavoro? E come mai la scelta, da anni peraltro, di non esibirvi live?
Paolo: Come per tutti i nuovi lavori, si spera sempre in una buona accoglienza di pubblico. Soprattutto in Italia. All’estero, specie in alcuni paesi (Giappone, Russia, USA, Francia… etc) i nostri dischi sono più diffusi che in Italia. Per questo abbiamo deciso per un doppio contratto: VELUT LUNA in Italia e MUSEA nel resto del mondo. L’etichetta italiana porta i CD alle mostre di HI-FI e musica e questo potrebbe avvicinare gli appassionati italiani, come è già accaduto per il nostro terzo disco Oval Dreams, completamente remixato in analogico (su nastro!) e pubblicato in vinile nel 2012 proprio dall’etichetta di Marco Lincetto.
Non fare concerti è purtroppo una scelta obbligata dal fatto che, come ben sai, viviamo in 4 città molto lontane. Già è difficoltoso vedersi per comporre e registrare. Riunirci per programmare un tour e provare i pezzi sarebbe quasi impossibile.

 Sono trascorsi 27 anni dal vostro primo album su vinile (1991 The smell of the rainy air). Come si è evoluta la scena musicale secondo il tuo punto di vista? Ed il mercato?
Paolo: La scena musicale muta continuamente, come la storia: abbiamo vissuto il fenomeno punk ed il post-punk che hanno letteralmente, almeno in Italia, spazzato via il progressive per più di 10 anni. Poi, pian pianino sono ricomparsi vagiti psichedelici e rinnovato interesse per il blues e il rock’n roll e anche per il prog. Oggi la cosa che più mi intriga del mondo musicale è la minore tendenza a classificare i generi sotto una data etichetta. Potrebbe essere una mia impressione, ma mi sembra che si dia maggiore importanza alla qualità. Ma ciò che è assolutamente migliorato è l’accessibilità a tecnologie che permettono a chiunque conosca la musica, di sperimentare. E anche gli strumenti musicali sono decisamente più accessibili come prezzi.
Il mercato è mutato completamente, come ben sappiamo, e non certo a favore degli artisti! Non c’è più un mercato del SUPPORTO FONOGRAFICO in realtà. Tra l’altro lo streaming sta soppiantando iTunes e le altre piattaforme di download e gli artisti vedono solo le briciole. Gruppi come il nostro sopravvivono esclusivamente grazie al pubblico “alternative” che continua a cercare CD e vinili e, a seguito della nostra attenzione alla qualità del suono, anche grazie agli appassionati di musica riprodotta e di alta fedeltà. Purtroppo è una categoria in via di estinzione… l’età media è sempre più elevata e non sembra esserci un ricambio….. chi vivrà vedrà, come si suol dire… ;-)

Toglimi una curiosità. Il brano apripista per il lancio del vostro album (uscito in video il 24 Giugno, vedi link in calce all’articolo), è dedicato ad Adrian Borland, leader dei The Sound. La cosa mi incuriosisce un po’ poiché conoscendo bene l’amore di voi tre fratelli verso i Joy Division (che è poi una delle fonti d’ispirazione di questo cd), pensavo più ad una dedica a Ian Curtis che non a Borland. Come è maturata questa decisione?Paolo: Non so risponderti esattamente. Quando Marco ha proposto di dedicare il brano a Borland tutti l’abbiamo considerata una splendida proposta, probabilmente per l’amore viscerale che tutti nutriamo per i Sound. Amiamo da morire i Joy Division, tuttavia l’idea di dedicare un brano a Ian, semplicemente non ci ha mai toccato. Forse ci piacerebbe “coverizzare” Twenty Four Hours, The Eternal o Decades. So che in un’intervista l’intervistato non dovrebbe fare domande, ma tu ti sei accorto cosa ci hanno ispirato i Joy Division in questo ultimo nostro lavoro?(risata…)

Parto dal presupposto di essere più che altro un fotografo e quindi i miei riferimenti sono le immagini più che le sfumature di carattere musicale. Sinceramente a livello di composizione non è che abbia ritrovato molto delle atmosfere dei Joy Division, se non in qualche passaggio qua e là, ma poca roba direi. Se invece ti riferisci alla parte foto/grafica direi che già l’immagine in bianco e nero è evocativa della band capitanata da Ian Curtis e l’artwork minimalista ricorda molto una immagine piuttosto famosa della band a Stockport, oppure la cover della raccolta LowDown uscito qualche anno fa…
Paolo: In realtà, quanto dici non è errato ma, molto più semplicemente, se guardi le due copertine noterai che oltre all’impagninazione molto simile, soprattutto i font utilizzati sono gli stessi di Closer, il secomdo ed ultimo album, peraltro come ben sai, postumo di quella incredibile band. 8 altra risatina…)

Eccolo lì!!! molto bene, dopo aver fatto l’ennesima figura di c….a, non mi resta che ringraziarti sia per questo tuo gentile cadeauche dimostra ancora una volta che l’ignoranza (mia…) non ha limiti (risata colettiva). Ringraziandoti per la disponibilità e l’amicizia ormai quasi trentennale, ti chiedo… come vedi il futuro dei Twenty Four Hours e ci sono speranze per tutti i vostri fans di rivedervi in una dimensione live prima o poi?
Paolo: Il futuro, specie adesso con Paolo Sorcinelli, il nostro nuovo bravissimo bassista, Elena alla voce/testi (splendidi) e i nostri geniali produttori, appare roseo. Finché saremo in salute faremo nuovi dischi. Il prossimo sarà quasi sicuramente una raccolta di “best”, a cui potrebbe seguire un album di improvvisazioni molto psichedeliche registrate al trullo (ne parliamo da parecchio tempo). Per quanto riguarda la dimensione live, vedo la cosa fattibile solo dopo la pensione, sempre se ci sarà, per noi ….. E Grazie a Te caro Gigi !

Recensione

A distanza di due anni e sei mesi tornano sul mercato discografico i Twenty Four Hours con il loro nuovo progetto dal titolo “Close – White – Lamb – Walls”, un album mastodontico sia in termini di quantità (ben 12 pezzi per un totale di 84 minuti e rotti) che di qualità. Ed è proprio quest.ultimo l’aspetto che più colpisce, l’eccellente qualità che conferma ancora una volta la particolare attenzione rivolta dalla band a questo particolare. Dalla stesura dei brani, ai testi, alla registrazione, produzione e missaggio finale nulla è lasciato al caso. Rispetto all’album precedente, Left-to-live, concept album a tutti gli effetti, questultimo si differenzia proprio in questo. Sicuramente le difficoltà di riunire una band i cui componenti sono sparsi in giro per l’Italia ha fatto si che la scelta andasse in una direzione differente rispetto al passato se è vero come è vero che tra The sleepsellers e Left-to-live sono trascorsi la bellezza di dodici (12) anni!
Il nuovo album trae ispirazione dai quattro album bianchi più famosi della storia del rock, ovvero:
Beatles (White Album)
Joy Division (Closer)
Genesis (The Lamb Lies Down on Broadway)
Pink Floyd (The Wall)
Parliamoci chiaro, le influenze ci sono e si respirano durante tutta la durata dell’album ma restano tali, ovvero non rendono il lavoro del combo di origine pugliese un semplice omaggio a coloro i quali hanno maggiormente influenzato un certo periodo della storia del rock. Da notare inoltre che formazione italiana si arricchisce della presenza non più estemporanea ma oramai fissi ed ampliata nelle responsabilità di Elena Lippe, presente in Left-to-live alle backing vocals, mentre ora fa la voce da padrona in ben tre pezzi dell’album, All the world needs is love, The tale of the holy frog e She’s our sister. E così, insieme al polistrumentista e cantante Paolo ed al batterista Marco, la famiglia Lippe è al gran completo! Un’altra delle novità è la preziosa collaborazione di Blaine Reininger e Steven Brown (Tuxedomoon) rispettivamente nei brani Intertwined e All the world needs is love nonché di Andrea Valfrè impegnato all’organo Hammond in Urban sinkhole e Supper’s rotten oltre ad essere produttore del disco.
Ma passiamo all’ascolto.
Il disco si apre con 77 che, dopo una brevissima introduzione, fa partire una batteria che lascia intendere sin da subito l’orientamento rock/punk del brano. Giocato su suoni asciutti e la voce che lascia poco spazio all’immaginazione, qui si ritrova l’anima più radicata di gruppi come Joy Division ,The Danse Society e simili. In alcune parti si ritrovano anche echi di Crimsoniana memoria. Un pezzo energico insomma e ricco di sfumature rock, new wave e post-punk che rispecchia fedelmente le fonti di ispirazione citate. Si prosegue con Broken song e qui le atmosfere si fanno più morbide, la voce più vellutata, calda, meno nervous… i suoni sono più pieni rotondi. La chitarra di Tonio fa il suo sporco lavoro in maniera egregia dopo la prima metà della canzone, acquistando man mano sempre più importanza, sino ad arrivare al finale dove con pacatezza chiude il brano in un lento calando. Inizia poi la parte dedicata alle cover, con il riarrangiamento di Embryo, pezzo cult dei Pink Floyd e di What use? dei Tuxedomoon, quest’ultimo eseguito in forma “elettronica” (forse troppo). La canzone dei Tuxedomoon viene riproposta anche a chiusura dell’album in versione acustica e debbo dire che, a mio parere, assume un valore ed una forza maggiore. Ecco arrivare poi il primo pezzo interpretato dalla minore dei Lippe Brothers, Elena.
All the world needs love, si presenta quasi come una ballad, l’intro (synth e sax) accompagna la voce dell’interprete in un crescendo di tonalità giocata su alti e bassi che paion far diventare la voce di Elena un ulteriore strumento musicale , fino a quando il sax di Steven Brown non assurge al ruolo di protagonista incontrastato accompagnando il pezzo sino alla naturale conclusione. Conclusione che ci porta ad un’altro dei pezzi forti dell’album, quel Intertwined dove padrone di casa è Blaine Reininger con la sua voce profonda ed il violino che paion essere baciati da una ispirazione Divina. Brano di un’emotività che colpisce all’Anima e lo fa profondamente, molto profondamente. Settimo ed ultimo pezzo di quella che si può considerare la side A è Urban sinkhole dove mattatore è l’organo Hammond di Andrea Valfrè. Un brano ad impronta new wave con la sezione ritmica a supportare egregiamente il lavoro di Valfrè, la voce di paolo Lippe assume contorni spettrali, che con il procedere dalla canzone ritorna poi a tonalità più nella norma. Un gran pezzo con buon ritmo e che potrebbe essere una potenziale hit se non fosse per la durata veramente eccessiva per quello scopo. Una prima parte quindi che non lascia spazio a cedimenti e che invita certamente a porre la stessa attenzione nell’ascolto della seconda. Seconda parte che inizia col botto!
Adrian, è dedicata al musicista e compositore già leader della band inglese Sound Adrian Borland, il brano è ricco di citazioni e pesca in una caleidoscopio musicale allargatissimo, al fine ultimo di rendere pienamente omaggio ad un personaggio forse mai compreso fino in fondo, Supper’s rotten intende invece rendere omaggio a supper’s ready dei Genesis di Peter Gabriel e Phil Collins e riesce pienamente nell’intento.
Si passa successivamente ad un pezzo dal sapore moooooolto rock, The tale of the holy frog, dove torna protagonista la voce di Elena. Questa è potenzialmente una vera e propria hit, non manca assolutamente nulla. Giusta la durata, sezione ritmica potente ed incisiva, i sintetizzatori creano un tappeto sonoro di gran classe ne la chitarra bdà il giusto tono al pezzo. Ci si avvicina al gran finale e la voce femminile è ancora lì, a farla da padrona. She’s our sister, la morte è nostra sorella, ha un sapore vagamente Cure oriented, anche se i synth dominano incontrastati. È una composizione interessante, ricca, piena, con sonorità che ti circondano e catturano conducendoti all’ascolto dell’ultimo brano, la cover declinata in acustico di What use? Questa versione minimalista, se così vogliamo dire, come già evidenziato mi ha colpito favorevolmente fin dalle prime note. Si sente il pulsare della musica e lo si avverte intorno e dentro a sé. La batteria, con la doppia cassa in bella evidenza, i suoni nudi e crudi della chitarra ed il basso che pompa il sangue nelle vene. Un finale degno di un album assolutamente magistrale.

TWENTY FOUR HOURS
CLOSE _ LAMB – WHITE – WALLS
Etichette: Musea e Velut Luna
Formato_ cd e digitale
25.10.2018.

Tracklist:
CD1 (47:12)
1. 77 (7:34)
2. Broken Song (6:18)
3. Embryo (5:44)
4. What Use? (3:50)
5. All the World Needs is Love (6:41)
6. Intertwined (7:05)
7. Urban Sinkhole (10:00)

CD2 (36:56)
1. Adrian (6:18)
2. Supper’s Rotten (15:24)
3. The Tale of the Holy Frog (4:34)
4. She’s Our Sister (6:49)
5. What Use? (Acoustic) (3:51)
Line up:
Marco Lippe / drums, percussion, vocals
Paolo Lippe / lead vocals, keyboards, occasional bass & electric guitars, programming, virtual drums
Antonio Paparelli / acoustic & electric guitars
Paolo Sorcinelli / bass
Elena Lippe / lead and backing vocals

With:
– Blaine Reininger (Tuxedomoon) / lvoce e violino (Intertwined)
– Steven Brown (Tuxedomoon) / sax (All the world needs is love)
– Andrea Valfrè / Hammond organ (1/7, 2/2)

Twenty Four Hours
Adrian : https://youtu.be/0ra_kBUzbBQ
Wiki ita : https://it.m.wikipedia.org/wiki/Twenty_Four_Hours
Wiki eng : https://en.m.wikipedia.org/wiki/Twenty_Four_Hours_(band) 

Velut luna : https://www.velutluna.it/
Musea : http://www.musearecords.com/

About the author

Gigi Fratus

Nato a Seriate (Bg) nel 1969, due grandi Amori, mio figlio Mattia e la mia Morgana, un’Aprilia RSV del 2003.

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