Interviste

Syria, Intervista

“La mia incoerenza è la mia coerenza”

In scena al Teatro Comunale Concordia di San Benedetto Del Tronto (AP) con il suo spettacolo “Perché Non Canti Più”, incentrato sulla figura di Gabriella Ferri, celebre cantante di musica popolare italiana scomparsa tragicamente nel 2004, incontriamo Syria nel suo camerino, in pieno clima preparatorio in vista dello show.

Il tuo ultimo lavoro s’intitola “10 + 10” ed è uscito nel 2017 per festeggiare il ventennale della tua carriera. Cosa vedi se ti guardi indietro?
Tantissima esperienza, tanta sperimentazione, tante persone stupende che ho incontrato in questi anni che mi hanno permesso di conoscere tanti aspetti di me. Sono un’interprete e lo sarò sempre. Ho ritrovato la mia voglia di mutare, proprio perché amo la musica a 360 gradi. Di conseguenza, se mi guardo indietro, sono felice di aver fatto tutto quello che ho fatto, a volte rimettendoci e a volte prendendomi delle pause teatrali fantastiche. Però questa sono comunque io e oggi mi trovo a fare altro. Ma fa parte del mio modo di vivere il mio mestiere. Onestamente mi diverto e chi mi sta dietro e mi dà retta da anni, sa che sono così ed è abituato (risate, ndr).

Adesso sei in tour per i teatri con questo show chiamato “Perché Non Canti Più”, in onore alla compianta Gabriella Ferri. In che modo la sua musica ha influenzato la tua?
Nell’interpretazione, soprattutto. Gabriella era una donna di cuore e dava un gran peso alle parole. Essendo una curiosa, sempre alla ricerca di un senso nelle cose, con questo spettacolo mi sono trovata catapultata in un’altra dimensione. Non è mia intenzione imitarla, ma sicuramente ho capito quanto è importante essere interprete e credere in quello che racconti. Mi sento sospesa nel tempo. Ogni sera è diversa, non è mai uguale all’altra. E’ una responsabilità enorme. Io, con ossequioso rispetto, mi calo dentro a un qualcosa che mi fa viaggiare, nella speranza che da lassù a lei vada bene (risate, ndr).

In che maniera si è evoluta la tua musica negli anni?
Tanto. Ho iniziato con “Non Ci Sto” di Claudio Mattone. Poi ho abbandonato Claudio e ho lavorato con Biagio Antonacci. Da Antonacci sono passata a Jovanotti. Prova ad immaginare quante evoluzioni ho vissuto in prima persona. Ho avuto la fortuna di collaborare con grandi nomi, che mi hanno regalato canzoni bellissime. Avevo il tempo di promuovere le cose come si deve. C’era spazio per tutti. Oggi, per carità, siamo in tanti e c’è di tutto per tutti.
La mia musica è cambiata, ma rispetto a me, a quella che sono, perché non essendo una cantautrice, mi sono attaccata ad un filone compatibile con il mio gusto personale. La mia incoerenza è la mia coerenza. L’aver fatto un progetto elettronico con il nome di Airys, a un certo punto della mia carriera, ha inizialmente fatto storcere il naso alla gente che diceva: “ma questa è matta”. Oggi se non fai sentire una canzone elettronica in radio non ti passano. Da Airys sono tornata a Syria. Per me era comunque tutto normale. All’estero sarebbe stato normale. Lì nessuno si stupisce se cambi faccia. In Italia, invece, piace molto l’ordinarietà.

Restando in tema di artisti che hanno composto per te, il primo singolo estratto da “10 + 10” è stato “Lontana Da Te”, scritta da Il Cile. Che te ne pare della scena Indie italiana, di cui lui ne è un valido rappresentante?
E’ una figata. Per farti capire quanto ero folle, nel 2008 feci un album con Cesare Malfatti dei La Crus, quando la scena Indie era qualcosa di ancora sconosciuto. Dopo le mie esperienze teatrali con Paolo Rossi, mi misi in testa l’idea di questo disco intitolato “Un’Altra Me”, dopo aver iniziato ad ascoltare i primi Baustelle, sconosciuti all’epoca, i Deasonika, i Marta Sui Tubi, Gatto Ciliegia Contro Il Grande Freddo. Cominciai a scoprire una realtà fatta di esponenti che per me erano sinonimo di curiosità.
Riflettevo sul fatto che esisteva un mondo composto da artisti così bravi a scrivere eppure totalmente di nicchia. Cesare per me rappresentava la chiave per accedere a questo mondo particolare. A testa bassa mi sono introdotta tra questi interpreti, che hanno gradito la mia versione dei loro pezzi. Questo era l’Indie. Oggi, invece, abbiamo Calcutta, i Thegiornalisti, Carl Brave: le nuove leve che incredibilmente non sono più Indie, ma Pop. E meno male. Finalmente anche la musica underground è stata sdoganata ed è diventata alla portata di chiunque, anche dei ragazzi più giovani, come mia figlia.

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Giovanni Panebianco

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