Più passano gli anni e più ti rendi conto di quanto siano state importanti le opere, scritte e realizzate dai grandi del Blues. D’altronde come scrisse un anonimo appassionato e passionario: Il Blues è l’anima della musica, la fonte alla quale si torna sempre ad abbeverarsi, motore e linfa vitale di ogni ispirazione.
Attraverso un processo che ha mantenuto forte il suo legame con il mondo rurale e nello stesso tempo dato vita ad un esodo verso i centri urbani, il Blues ha dato vita a tutta una serie di generi musicali e stili. Nascono le città con delle vere e proprie identità musicali. Chicago su tutte. La wind city è stata una importante sorgente di idee e talenti. Le sue avenues hanno dato vita a movimenti come la West Side, un quartiere della città brulicante di musicisti di colore, dove Il blues elettrico era di scena e la chitarra attrice protagonista.
Uno dei suoi i più importanti divulgatori è stato Freddie King, soprannominato Texas Cannoball. Nonostante le sue origini texane si impose grazie al suo stile energico e a una vocalità potente e originale. Nel 1961 esce il brano strumentale Hide Away un successo che gli permise di entrare in classifica e far crescere la sua notorietà. In Inghilterra apprezzarono da subito il suo sound tanto che molti chitarristi si erano avvicinati al suo stile. Un esempio concreto arriva quando John Mayall per i suoi Bluesbreakers cercava un chitarrista che sviluppasse quel suono. Eric Clapton è stata la scelta giusta. Il signor mano lenta è portatore sano, ancora oggi, di quel genere che infiamma i cuori di molti appassionati.
I Tre Re del Blues hanno dato alla chitarra un ruolo centrale, ampliando la passione di molti musicisti che, mentre il sottoscritto scrive, godono di un importante seguito. Jimi Hendrix e Mick Taylor, che di note con le loro sei corde ne hanno macinate, trovano ispirazione in Albert Nelson in arte Albert King, soprannominato Velvet Bulldozer (h 1.95 peso 113 Kg). Con la sua Gibson Flying V, che suonava da mancino senza invertire le corte, ha dato vita a quel suono vibrato che in molti hanno preso come modello. Il suo più fedele discepolo fu un certo Stevie Ray Vaughan. Una amicizia nata in uno studio di una TV Canadese nel 1983 quando, con una jam live, registrarono In Session un disco di vera scuola Blues Rock.
Per la cronaca Born Under A Bad Sign e I’ll Play The Blues For You sono tutta farina del suo sacco. Riley B. King nasce nel 1925 e dopo aver trascorso molto tempo a lavorare nei campi di cotone, a 21 anni comincia ad avere un forte richiamo verso la musica di matrice afroamericana. Fu il cugino Bakka White a dargli le prime lezioni di chitarra. Riley, alla ricerca del salto di qualità, trova lavoro in una stazione radio a Memphis e fu proprio in quella occasione che gli viene dato il nomignolo di Blues Boy da li B.B. King. Fu Three O’Clock Blues di Lowell Fulson, incisa nel 1952, a spianargli la strada verso una grande carriera. Una storia come uomo e come musicista che non ha simili. La sua Lucille è stata il simbolo di quel suono caldo, incisivo ed espressivo che lo ha da sempre contraddistinto B.B. King a mio parere è stato il centro del mondo, dove più che essere seguito è stato inseguito. Perchè tutti, ma proprio tutti hanno provato almeno una volta a suonare con lui.
Tre leggende con stili diversi, ma partiti da una cultura comune che li ha resi complementari. Il Blues.
The Kings Of The Blues
Tre leggende con stili diversi, ma partiti da una cultura comune che li ha resi complementari. Il Blues

