Recensioni

The Bobby Lees – Bellevue

Agli antipodi dal mainstream i The Bobby Lees non hanno paura di esporsi nel loro marcissimo garage rock suonato alla velocità della luce

Sfrontati e senza peli sulla lingua, i The Bobby Lees hanno una storia singolare alle spalle: ad esempio il Bobby Lee del loro nome è ripreso da quello del fantasma che la cantante Sam Quartin asserisce le faccia spesso visita. La stessa singer ha avuto in passato episodi di schizofrenia legati alla sua dipendenza dall’alcol. Tutto questo si riflette sui loro testi dissacranti e soprattutto sulla loro musica.
La titletrack ha lo scopo di introdurci in un mondo svalvolato in cui a farla da padrone è un marcissimo garage rock suonato alla velocità della luce.
“Hollywood Junkyard” racconta di quanta oscenità possa esserci sotto una patina all’apparenza trasparente, un attacco nemmeno troppo velato nei confronti dell’universo cinematografico, teatro quotidiano di sogni infranti e illusioni disilluse.
Un’altra stoccata è “Greta Van Fake”, dove già il titolo è un chiaro riferimento ad una band da loro definita, senza troppi giri di parole, una copia sbiadita dei Led Zeppelin (“You think you’re Robert Plant, but you’re a joke you’re a wannabe baby”).
Ritornando a concentrarci sull’aspetto puramente musicale, la nostra passeggiata al galoppo diventa un folle rodeo in “Death Train”: un corsa ad occhi chiusi con l’obiettivo dichiarato di farci uscire dai binari della sanità mentale per farci schiantare contro il muro più vicino. I battiti del cuore riprendono il loro moto regolare con “Strange Days”, un crescendo blues, scandito da un morbido pianoforte.
Per quanto questi quattro selvaggi rednecks di Woodstock, New York, vogliano impettirsi e fingere uno straccio di sobrietà, finiscono sempre per metterla in caciara (“Have You Seen A Girl”, “Monkey Mind”), solo “Little Table” rappresenta una piccola variante, facendomeli accostare a dei Queen Adreena sotto acido.
Agli antipodi dal mainstream, i The Bobby Lees non hanno paura di esporsi e senza abbozzare un benché minimo sorriso al becero consumismo, restano degli acerrimi nemici della retorica fine a se stessa. Ideali sbandierati già l’anno scorso dagli Amyl And The Sniffers. Un copione che si ripete, con gli stessi identici sentimenti di riscossa.

The Bobby Lees
Ipecac Recordings

About the author

Giovanni Panebianco

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