“Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo addirittura poetico, i ‘figli della luna’; quelle persone che noi continuiamo a chiamare ‘gay’ oppure, per una strana forma di compiacimento, ‘diversi’, se non addirittura ‘culi’. Ecco, mi fa piacere cantare questa canzone, che per altro è stata scritta per loro una dozzina di anni fa, così a luci accese, anche a dimostrare che oggi, almeno in Europa, si può essere semplicemente se stessi senza più bisogno di vergognarsene.” Con queste parole Fabrizio De Andrè, durante un concerto al Teatro Smeraldo di Milano, introduceva la canzone “Andrea” la prima canzone italiana che parlava di un amore omosessuale. Era il 1992.
Da pochissimi giorni negli Stati Uniti è stata riconosciuta a Dana Zzyym la sua intersessualità. E’ stato rilasciato il primo passaporto in cui il genere sessuale viene indicato con la X, in maniera inclusiva si è superato il genere binario di “uomo” e “donna”. E l’Italia, la nostra “povera patria”, che fa? … …
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