Roberta Giallo – Canzoni da Museo

Roberta Giallo torna a far sentire la sua voce con Canzoni da Museo (G-Ro dischi), un album di “poesie divenute canzoni”, con i testi di Giovanni Gastel, Davide Rondoni e Roberto Roversi.
Dopo l’asciutta autenticità di Vicina Vicina (Yellow Music, 2020), volutamente registrato in presa diretta con il cellulare, l’impressione è quella di una inversione di tendenza: Canzoni da museo sembra purtroppo indulgere a ridondanze virtuosistiche che appesantiscono un progetto nelle intenzioni lodevole.
Lodevole, sottolineo, ma non certamente nuovo, come enfaticamente recita la nota stampa di accompagnamento al disco:”l’album di Roberta Giallo pone le basi per un nuovo genere musicale che unisca poesia, canzone e luoghi d’arte.”
Non è certamente questa la sede per una lezione di storia della musica, ma vale la pena ricordare, a proposito del musicare i poeti, tre titoli (tra l’altro relativamente recenti) su tutti: il magistrale Milva canta Merini (con musiche di Giovanni Nuti e arrangiamenti di Lucio Fabbri), quel miracolo che è Rosa de papel di Marisa Sannia (uscito postumo nel 2008 su etichetta Felmay/Egea distributions e contenente dodici trasposizioni in musica di poemi del periodo giovanile di Federico García Lorca) ed il “capo-lavoro”- nel senso etimologico del termine (la definizione è del critico musicale Andrea Podestà)- Mille baci della cantautrice milanese Patrizia Cirulli (Egea Music, 2016).
Roberta Giallo confeziona dunque un lavoro tecnicamente ineccepibile, non però particolarmente originale a mio avviso. Un passo diverso rispetto a quella piccola perla di coraggio e sensibilità artistica che è il già citato Vicina Vicina.