Sound&Vision

Pierpaolo Capovilla, Intervista

“La musica se non è arte non è più musica. Quello che ascoltiamo oggi, i vari tormentoni che passano in radio, non sono musica, sono qualcos’altro”.

Il Festival delle Cose Belle è una rassegna di quattro giorni che comprende due palchi, più di venti ore di musica dal vivo e oltre trenta ospiti nel bosco Ta-Pù di Passolanciano (CH). Tra gli eventi in programma per il giorno di ferragosto svetta “Interiezioni”: letture da Antonin Artaud, spettacolo meta-teatrale interpretato da Pierpaolo Capovilla, già frontman de Il Teatro Degli Orrori e dei One Dimensional Man. Noi di SOund36 ci siamo fatti trovare lì pronti per porre le nostre domande a questo eclettico artista.

Dopo Pasolini e Majakovskij oggi interpreti i testi di Artaud: in che modo selezioni i soggetti dei tuoi readings?
Artaud l’ho scelto in collaborazione con il forum Salute Mentale, un gruppo di psichiatri che ruota attorno alla figura di Giovanna Del Giudice, collaboratrice storica di Franco Basaglia. Mi invitarono a fare qualcosa per la campagna a favore dell’abolizione della contenzione meccanica nelle strutture psichiatriche.
In Italia solo 23 di esse non legano i propri pazienti su oltre 300 presenti sul nostro territorio. Questa lettura nasce da un intento politico, ovvero quello di contribuire contro un sistema di cura vergognoso e disumano. I pezzi che ho scelto per questa sera provengono dall’ultima opera poetica scritta da Artaud, “Succubi E Supplizi”, che ha visto la luce quando lui la dettò ad una dattilografa quando era ricoverato nel manicomio di Rodez, anestetizzato da droghe ed elettroshock.
Pasolini perché credeva nella parresia, l’arte socratica di dire il vero di fronte al tiranno, assumendosene tutte le possibili conseguenze. Nell’epoca contemporanea la parresia è scomparsa dall’orizzonte culturale, sopravvive solo nella poesia, perché il poeta se è autentico non mente mai, dice le cose come stanno e va al cuore delle circostanze. Pasolini l’ho scelto anche per risvegliare un minimo di sentimento politico nei nostri ragazzi.
Infine Majakovskij arrivò per caso: in albergo durante i tour cominciai a leggere ad alta voce i suoi testi e una volta fui persino richiamato alle 4 del mattino dal direttore di una struttura che ci ospitava. In quell’occasione mi feci prendere dalla passione per questo drammaturgo sovietico, non badando alle lancette dell’orologio. La cosa forte è che una volta per studiare dovevo pagare, oggi invece mi pagano per farlo. E’ una vera figata.

Come hai avvertito in te l’esigenze di discostarti dalla figura del cantante per abbracciare un’esperienza più vicina al profilo teatrale?
Non mi sono mai discostato dalla figura del cantante, semplicemente è arrivata questa maledetta pandemia che fermato tutto. Come saprai non suono più con Il Teatro Degli Orrori, ma ho questo nuovo gruppo che si chiama Pierpaolo Capovilla E I Cattivi Maestri, un po’ come Nick Cave And The Bad Seeds. Abbiamo un disco pronto e ne stiamo già preparando un altro. Appena arriverà il momento che si potrà suonare in piena presenza, come esige la mia visione di rock, dove il pubblico fa il concerto insieme alla band, allora usciremo allo scoperto.

La musica oggi può ancora coincidere con il concetto di arte o il business ha preso il sopravvento?
Il business è sempre lì come un killer in agguato, pronto a vanificare gli sforzi di chiunque. Però la musica se non è arte non è più musica. Quello che ascoltiamo oggi, i vari tormentoni che passano in radio, non sono musica, sono qualcos’altro.

Che ne pensi delle next big things che nascono sui banchi di scuola?
Non ho pregiudizi, specie nei confronti della trap, che ha anche una scena militante, poco conosciuta, ma c’è. La trap, per altro, ha delle caratteristiche che l’avvicinano al punk, nel senso che non devi per forza saper suonare. Non è necessaria nessuna cultura. Ben venga però ogni impulso, anche se tutto ciò dimostra, e lo dico con rammarico, un abbassamento del livello culturale dei giovani nell’ultimo decennio. Qualcosa sta andando storto nella società italiana e probabilmente la trap ne è un sintomo.

Hai mai pensato di dare un seguito a Obtorto Collo, il tuo, finora, unico album da solista?
Forse un seguito già lo ha avuto con Finché Galera Non Ci Separi: è uscito nel 2019, per Haze Auditorium Edizioni, un disco di narrativa poetica delle opere di Emidio Paolucci, detenuto proprio al carcere di Pescara. Una raccolta audio di 89 delle sue poesie, allegando un libricino che comprende le illustrazioni del maestro Andrea Chiesi, un grande pittore di fama mondiale. Le musiche originali sono di Paki Zennaro, che è lo stesso con cui ho fatto Obtorto Collo. Solo che i testi non sono miei e si sente. Credo sia la cosa più bella che ho pubblicato in vita mia, anche se non se n’è accorto nessuno. Pazienza (risate, ndr).

Pierpaolo Capovilla
Collettivo Aware

About the author

Giovanni Panebianco

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