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Perfetti Sconosciuti @ Teatro Comunale Thiene (Vicenza)

Scritto da Francesco Bettin

Il gradimento c’è, gli applausi altrettanto a tutti gli attori. Sarà anche un discorso di intonazione delle battute, di costruzione teatrale, ma rispetto al film c’è della diversità

In un’ipotetica scala da uno a dieci riguardo la suggestione, “Perfetti sconosciuti”,  si colloca probabilmente tra il sette e l’otto. Suggestione, però, appunto. Perché di questo si tratta, e il testo che Paolo Genovese ha tratto dal proprio film, adattandolo per il teatro (pressochè uguale ma chissà perché non proprio identico) denuncia delle leggerezze e appare, dopo il successo della pellicola, quindi dopo una specie di indigestione di consensi, persino inverosimile.
Una cena tra tre coppie e un singolo, tutti amici, ben presto prende una direzione anomala, con un gioco da farsi tra tutti, forse per ingannare la noia, la quotidianità. Mettere tutti il proprio cellulare sul tavolo del salotto, e vedere , leggendo a voce chiara e responsabile, cosa arriva a ognuno: messaggi, chiamate, quant’altro. E’ un voler mettere le pulci all’orecchio ognuno in quello dell’altro, soprattutto al proprio coniuge.
Se il film poteva investire di un certo modo nuovo di scrivere un copione moderno, la trasposizione teatrale subisce appunto il classico deja-vu, che non accende certo nuove emozioni, se non per il ridere alle battute in maniera abbastanza grassa da parte di un pubblico che quello sembra aspettarsi. Infatti il testo, e l’adattamento tutto, vira più sul comico che sull’introspettivo, e il risultato non può esser altro che provocare risate anche abbastanza facili, che, magia del cinema, nelle sale quando la pellicola era fuori riusciva a mascherarsi più o meno, e offrire più spunti di riflessione.
In una scena sontuosa, bella, come tutte quelle di Luigi Ferrigno, un living sala e cucina, un po’ retro ed elegante, i nostri si stuzzicano a vicenda, addirittura riuscendo a scambiarsi un telefono per evitare una chiamata a uno di loro, a quell’ora. E’ il momento migliore per la commedia, nonostante la psicologia dei personaggi misteriosamente cali un po’ e passi più che altro la voglia di far ridere accentuando alcune battute. Ma, ripeto, paradossalmente è il momento migliore perché scatena imprevisti e regala delle interessanti scene brillanti, da meccanismo ideale per il teatro. Come detto sopra, al cinema la cosa è risultata, a mio parere, più psicologica quindi più interessante, sarà forse per lo stesso effetto cinema, delle riprese che magari hanno puntato più su alcuni aspetti tecnici: un primo piano, delle soggettive, il fatto di essere un copione nuovo, chissà.
Il film uscì nel 2016 e fu subito campione d’incassi e gradimento, ovviamente gran segnale per il cinema italiano. E’ stato un tale successo che ha visto finora ben venticinque adattamenti in paesi di tutto il mondo, segno che il copione, scritto allora da Paolo Genovese insieme a Filippo Bologna, Paolo Costella, Paola Mammini, Rolando Ravello, aveva saputo colpire.
Lo stesso linguaggio usato al cinema è parso più congruo, meno forzato, forse. Che può essere distinguo dei linguaggi. Alcune espressioni appaiono costruite e portate un po’ all’eccesso, o comunque travalicano quello che più sobriamente poteva essere. Impensabile, probabilmente, riuscire a portare gli stessi attori a interpretare le stesse parti, dopo che al cinema, in teatro, anche se questo fortunatamente non va a discapito dello spettacolo, perché gli attori presenti in scena rendono molto bene, qualcuno più di altri. E’ il caso di Paolo Calabresi, sempre molto bravo,e misurato, di Dino Abbrescia, che del suo Lele fa bella incetta di sfumature recitative, o di Massimo De Lorenzo e Lorenza Indovina, il primo felice interprete anche al cinema di tante pellicole interessanti, la seconda attrice di caratura, vista tra le altre cose anche ne “I topi” di e con Antonio Albanese. Se la cava benissimo anche Alice Bertini, giovane ed espressivo talento che battuta dopo battuta cresce e convince. In un lavoro corale è comunque importante l’apporto di tutti, e anche Marco Bonini e Valeria Solarino ci mettono del proprio. Che dire ancora? Il pubblico, molto conquistato, ride a ogni piè sospinto. Siamo tutti frangibili, vien detto alla fine. Il gradimento c’è, gli applausi altrettanto a tutti gli attori. Sarà anche un discorso di intonazione delle battute, di costruzione teatrale, ma rispetto al film c’è della diversità.

 

PERFETTI SCONOSCIUTI – Teatro Comunale Thiene (Vicenza)
di Paolo Genovese, con Paolo Calabresi, Dino Abbrescia, Lorenza Indovina, Alice Bertini, Massimo De Lorenzo, Marco Bonini, Valeria Solarino – regia Paolo Genovese
scene Luigi Ferrigno – luci Fabrizio Lucci – costumi Grazia Materia
produzione Nuovo Teatro di Marco Balsamo, Fondazione Teatro della Toscana, Lotus Production

Foto di Giuseppe Santamaria Palombo

About the author

Francesco Bettin

Francesco Bettin nasce a Bassano del Grappa (Vicenza) nel 1962. Articolista dal 1980, comincia scrivendo e collaborando con quotidiani e riviste locali, formandosi in seguito prevalentemente su critica teatrale, esercitando anche quella cinematografica, qualche volta. Successivamente inizia a scrivere, sempre per diverse testate, anche online, di musica, facendo recensioni. Numerosissime sono le sue interviste pubblicate, da Monica Guerritore a Alessandro Haber, da Cristiano De Andrè a Laura Morante, Claudia Gerini ecc. Anche sul suo sito, olimpiainscena.it , scrive e pubblica, divulgando anche con mailing list, numerosi articoli, recensioni e interviste sia di teatro che di musica, assieme a un gruppo di fidati collaboratori. Pur avendo i requisiti non ha mai voluto diventare giornalista pubblicista.

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