Recensioni

Peppe Voltarelli – La grande corsa verso Lupionópolis

Scritto da Daniela De Vellis

L’album é intriso della poesia delle cose semplici che profumano di casa e saggezza popolare, di clarinetti audaci e dialetto antico

Si corre per tornare a casa o verso un’idea di “casa”, che sia un luogo sul mappamondo o una persona o una visione. Si corre. Corrono i dannati e corrono i santi. Corre Peppe Voltarelli.
Corre dalla sua Calabria verso la sua visione, fra le pieghe del tempo e del mare, corre verso Lupionópolis, un paese di quattromila anime nella misconosciuta regione del Paranà in Brasile.
La grande corsa verso Lupionópolis è il settimo album da solista del cantautore calabro, fondatore del gruppo Il parto delle nuvole pesanti. Lupionópolis è la visione di un viaggiatore che si getta con entusiasmo nel fiume della vita. L’album é una raccolta di dieci tracce, di cui otto in dialetto calabro.
La grande corsa verso Lupiónopolis – ottava traccia della omonima raccolta – è un valzer di fisarmonica che richiama una Parigi d’oro nascosta dagli abbagli. Lupiónopolis è l’oro da cercare e afferrare.
Peppe Voltarelli inizia la sua personale ricerca dalla marittima e poco scintillante Red Hook, sulle coste di Brooklyn. È qui, tra moli abbandonati e argani arrugginiti che è stato registrato l’album, edito il 26 Maggio scorso.
È il mare, sempre il mare profondo che sciacqua la solitudine dell’uomo e accarezza la malinconia nel brano di apertura Mareniro. Gioca con le parole il cantautore calabro e il mare niro diventa culla e conforto di marinari soli e solitari. Mare e vento diventano compagni di viaggio inaffondabili e fedeli in Nun sugnu sulu mai.
Il video é stato girato fra i murales arancioni e i treni abbandonati di Red Hook, dove la luce filtra tra le corde del violoncello di Elenonor Norton e i passi carezzano il tempo morbido della voce di Amy Denio.
Peppe Voltarelli girovaga da un posto ad un altro senza mai dimenticare il potere evocativo delle parole come nella sua Spremuta di limone. Limoni gialli come il sole e aspri come gli addii, spremuti come quando forziamo noi stessi ad una felicità illusoria e mendace. Calabria di limoni, di sapori, di Peppini e panzerotti portati da un continente ad un altro al ritmo di uno swing liscio come l’olio.
In Mozza vi é tutta la nostalgia strozzata in gola dei connazionali sparsi in ogni dove, che bevono l’amaro dell’estraneità condito con l’olio buono di casa. L’album é intriso della poesia delle cose semplici che profumano di casa e saggezza popolare, di clarinetti audaci e dialetto antico.
C’é poco di filtrato e pulito, si respira l’aria dei vetri opachi e delle fronti al vento, di deserti lontani e anime perse, di venti che rubano il tempo e l’età. É un album cosmopolita pur senza il glamour patinato di New York, Londra, o Parigi, è cosmopolita pur partendo da Cosenza, approdando ad un villaggio di pescatori abbandonato e tuffandosi nelle acque incerte e turbolente del rio Paranà. Lo rende cosmopolita il senso di appartenenza ad un’idea, una tradizione, una lingua. Lo rende cosmopolita l’universalità dei sentimenti.

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Daniela De Vellis

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