…e poi si dice che non ci sono le sorprese in ambito musicale…forse le novità scarseggiano, ma chi si aspettava che il 2013 ci avrebbe veramente regalato “MBV”?
C’è chi si lamenta dei Tool, che fanno aspettare i fan sei o sette anni per il nuovo album, chi dei Portishead che ce ne hanno messi undici, ma non riesco a pensare su due piedi ad un’altra band che ce ne ha messi ventidue.
I My Bloody Valentine sono una band dublinese che con un album, “Loveless”, nel lontano 1991 ha sconvolto ed influenzato un gran numero di rock bands e il mondo dell’alternative, sconvolto una grossa quantità di sound engineers assunti/licenziati durante i due anni di produzione, sconvolto Kevin Shields (la mente della band) che ebbe quasi un esaurimento nervoso e sconvolto anche la Creation Records che andò quasi in bancarotta affrontando il sempre crescente costo dell’album (250,000 sterline).
In questo sconvolgimento generale, però, inventarono un genere oggi etichettato come Shoegazing, così chiamato perchè i musicisti passavano la maggiorparte del tempo a fissare a terra, in direzione della distesa di pedali che servivano a creare proprio quel sound di chitarra così saturo, intriso di distorsione, texture di tremolo e il pitch bending, quella veloce stonatura, marchio di fabbrica della band.
Vendette meno di quel che si aspettavano alla Creation, ma furono tanti i nomi a sbilanciarsi sul valore artistico dell’album e sull’importanza dell’introduzione di un genere così originale, da Robert Smith a Billy Corgan e Trent Reznor.
Nel tempo passato tra i due album si dice che Kevin Shields ne abbia quasi ultimato uno per poi stracciarlo, non ritenendolo all’altezza e privo di spirito.
Su “Loveless” ci sarebbe molto altro da dire, troppo per un articolo che dovrebbe parlare di “MBV”.
Annunciato un giorno prima della release digitale nel giro di qualche minuto ha mandato in crash il sito della band che si è vista costretta a caricare l’album in anteprima su youtube; i supporti fisici dell’album saranno invece disponibili dal 22/02.
Registrato interamente in analogico, quasi tutte le parti son state suonate da Shields e questa volta una scelta sempre più in voga anche tra i grandi nomi, quella di non affidarsi a nessuna etichetta, self released punto e basta.
La data del tour geograficamente più vicina è quella del 25/5 al Primavera Festival di Barcelona, per ora l’Italia non viene nemmeno presa in considerazione, ma si può continuare a sperare.
A questo punto cos’altro potrei scrivere…un commentario dell’album e delle sue nove tracce?
No, non me la sento; e poi troppo difficile e pressochè inutile sintetizzare un’opera alternative così complessa, bisogna ascoltare, riascoltare e ancora riascoltare.
Per convincervi potreste concedervi un ascolto veloce a “Who sees you”, la terza traccia, per scoraggiarvi invece iniziate con “Nothing is”.
Non è un “Loveless” del 2013, ma il suo degno successore e anche se non mancano certo i riferimenti all’album del ’91, qui si va ben oltre e alla fine del disco vi ritroverete completamente alla deriva, bisognosi di ripartire da capo, perchè in quel mare di caos e intensità avete sentito qualcosa che vi ha catturato e che volete ritrovare, assolutamente.
Sì, ovviamente è un gran bel disco ed è caldamente consigliato.
Emmanuele Gattuso