In occasione dell’uscita del nuovo disco omonimo dei Bohémien, SOund36 li ha incontrati per una bella chiacchierata sul disco in uscita, sul loro ritorno (graditissimo) sulla scena musicale e naturalmente sulla musica, quella che loro amano suonare da sempre e che cercano di far arrivare agli ascoltatori nel modo più diretto possibile!
Dal vostro primissimo demotape del ’85 ad oggi è passato molto tempo, cosa pensate sia cambiato nel panorama musicale italiano?
ALEX: è un arco di tempo piuttosto lungo per risponderti con una certa precisione. Posso dirti che in quei primi ’80 il nostro approccio musicale così come di tutti gli altri gruppi proveniva da un’attitudine punk che coinvolgeva in modo quasi viscerale la totalità di quella generazione. Credo che durante quegli anni sia stata comunque messa in opera una completa rifondazione del rock italiano. Dagli anni ’90 in poi il rock indipendente italiano ha cominciato un po’ ad istituzionalizzarsi, esprimendo una serie di band e personaggi in grado di proporsi in modo accettabile anche per platee più vaste. Credo che ciò dipenda anche dal fatto che, vendendosi meno dischi, oggi più che mai la musica non possa più prescindere dal live, premiando quindi la genuinità di musicisti appassionati e credibili, che amano mettersi in gioco in prima persona con i propri strumenti ed emozioni e che non ritengono completamente esaustivo il termine “prodotto” per definire ciò che fanno.
Oggi tornate con un nuovo album, come mai la scelta di chiamarlo “semplicemente” Bohemien?
JEAN PAUL: è chiamato così perché fotografa un nuovo inizio del gruppo. Dopo l’esordio nel 1985 immortalato dal Tape “Sangue e Arena”, la band nel 1987 si sciolse. 15 anni dopo il gruppo riprese e pubblicò nel 2003 l’album-CD “Danze Pagane” e nel 2005 l’EP-CD “La Parata del Circo”. Dopo la scomparsa del batterista avvenuta nel 2006, il gruppo si è esibito dal vivo con la drum machine. Con l’arrivo mio nella band al basso e poi con quello di Valentina, avendo a disposizione un nuovo batterista, abbiamo deciso di pubblicare un nuovo lavoro.
LOU: aggiungo che nei diversi brani dell’album, ben 13, sono presenti tutti i riflessi del nostro caleidoscopio musicale ed i vari territori emozionali che da sempre ci sono cari. Per cui, direi che è un album molto rappresentativo della musica che abbiamo sempre fatto.
Ci sono degli elementi musicali e testuali che vi interessa maggiormente far arrivare agli ascoltatori?
LOU: con la nostra musica cerchiamo di accompagnare l’ascoltatore a sentire diversi stati emotivi… come le riflessioni interiori, la malinconia, la distaccata ironia verso la futilità dell’esistenza .. ma anche la voglia di voler reagire a questo, trascinati da un impeto improvviso con il desiderio irrefrenabile di cantare e ballare …. Questo nostro intento ci impone di comporre brani che non siano uguali tra loro, che sperimentino arrangiamenti diversi. L’oscurità, la sofferenza che narriamo non è quella passiva che deriva dalla consapevolezza del “no future”, ma quella generata dal conflitto tra elementi opposti, dalle mancate risposte per l’individuo di fronte ai suoi cambi d’umore, ai suoi comportamenti irrazionali, alle illusioni alternate alle disillusioni che ciascuno vive nel teatro dell’esistenza.
ALEX: proprio in relazione a quel che diceva Luciano … i nostri testi sono molto narrativi, sono storie spesso ispirate a temi letterari, artistici o cinematografici, e sono quindi soggetti, al pari delle parti musicali, a sbalzi di umori, emozioni e suggestioni, a seconda della trama. Nonostante questo apparente distacco dalla realtà e dalla cronaca odierna riteniamo che i testi delle nostre canzoni rappresentino anche aspetti della nostra contemporaneità, sia individuale, sia sociale.
Da sempre vi contraddistingue un’attitudine teatrale inconfondibile, non ci stupiamo che il vostro nuovo album sia molto cinematografico. Qual’è il vostro rapporto con le immagini?
ALEX: è un rapporto che abbiamo sempre coltivato con interesse, sia per quanto riguarda la scrittura musicale e quella dei testi, sia per quanto riguarda l’allestimento dei nostri live. Finora non avevamo mai sperimentato la realizzazione di un videoclip professionale: l’occasione della pubblicazione del nuovo album ci ha dato la possibilità di confrontarci per la prima volta con questo mezzo artistico. E’ stata davvero un’esperienza molto interessante, che ha evidenziato una volta per tutte quanto la musica e le storie raccontate dai Bohémien si prestino molto bene ad essere vissute attraverso esperienze sequenziali in più atti, scandite da lunghe dissolvenze o cambi di pagina improvvisi.
Avete fatto molti concerti all’estero, come avete vissuto l’esperienza del live lì?
LOU: credo che quando ci esibimmo a New York fu apprezzata la componente italiana del nostro rock oscuro … un fan definì la nostra musica art-dark-rock … non saprei dire esattamente, ma ho la sensazione che all’estero possano essere incuriositi dagli artisti di altri Paesi che, pur suonando rock, esprimano elementi della loro cultura propria piuttosto che replicare le famose band inglesi o americane.
Annalisa Nicastro