Abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con Alberto Bazzoli dei Mr. Zombie Orchestra, in cui abbiamo approfondito il progetto “C’era una volta in Romagna”, dove la tradizione incontra la contemporaneità musicale in modo eccellente!
Come nasce l’idea di “C’era una volta in Romagna”?
Siamo arrivati al disco seguendo un percorso spontaneo, che è iniziato dalla nascita del gruppo, dato dalla volontà di ripercorrere al contrario la storia della musica d’oltreoceano. Siamo partiti dai primordi delle orchestre di jazz fino ad arrivare alle orchestre italiane. Essendo tre quarti di noi Romagnoli, ed essendo una delle musiche regionali italiane più famose nel mondo, il confronto con la tradizione del “Liscio” è stato un passo obbligato, molto stimolante e necessario a mio avviso per il background di un musicista.
Tradizione e contemporaneità, come avete provato ad unire questi due mondi?
In realtà non abbiamo inventato niente, questa musica è sempre stata lì ad aspettare qualcuno. Nell’ultimo periodo, fatto di ripescaggi nel passato, è rinato l’interesse verso questo mondo.
Ci siamo resi conto che è una di quelle cose che vogliamo portare con noi nel futuro. Abbiamo preso questa musica, l’abbiamo studiata, l’abbiamo adattata alla nostra formazione e al nostro suono e ne è venuta fuori un’interessante miscela. E’ un mondo musicale molto stimolante anche perché è dagli anni 60’ che non avvengono grosse rivoluzioni in quell’ambito, sia sonore sia organiche. Ci sono quindi oggi degli strumenti per farne delle cose molto interessanti.
Il Liscio viene arricchito dalle vostre sonorità jazz/prog rock, nello scambio secondo voi si perde qualcosa del liscio tradizionale?
Secondo me no, si arricchisce solo, abbiamo mostrato solo un altro punto di vista. Quando siamo andati a mettere mano ai brani abbiamo deciso che il carattere del “ballo” di questa musica andava mantenuto. Se dovevamo fare un valzer, il tempo doveva essere chiaro e quindi dovevamo cercare altre strade per giocarci attorno, uguale se ad esempio dovevamo inserire una sezione di improvvisazione, andava fatta secondo una metrica precisa che non andasse a destabilizzare la struttura generale del brano.
Lo scambio tra tradizione e modernità è stato fatto in maniera matura e consapevole che può solo aggiungere, a mio avviso, alla tradizione.
Novità assoluta è l’uso in due brani del bercandèon, che strumento è?
Il Bercandèon è uno strumento ideato da Fiorenzo Bernasconi e realizzato insieme a Teknofisa, nato circa un anno e mezzo fa. Per ora ne esistono solo tre esemplari e un quarto è in costruzione.
Io l’ho ricevuto qualche mese fa e ho voluto inserirlo immediatamente in due brani del disco. Il parente più prossimo dello strumento può sembrare la fisarmonica, sia come suono, sia per la presenza del mantice. In realtà però ci sono significative differenze tra i due: innanzi tutto il Bercandèon ha la tastiera a piano da entrambi i lati del mantice, è quindi priva di bottoniera e questo permette una libera costruzione delle voci degli accordi, e quindi anche una polifonia tra le due mani pari a quella del pianoforte; Inoltre il mantice, tramite due blocchi, è mosso dalle gambe, obbligando un’esecuzione da seduti.
Il mio interesse, anche se la tecnica sullo strumento è ancora acerba, era quello di metterlo a confronto con il suo cugino prossimo (la fisarmonica), che in questo genere fa da padrone.
Come sta rispondendo la platea dei vostri ascoltatori a questo inedito esperimento?
Per ora direi bene, soprattutto in Emilia-Romagna, dove, anche i più giovani, portano questa musica nell’ inconscio, c’è una risposta automatica. Speriamo nei prossimi mesi di poterla testare su un pubblico meno preparato ad essa, e chissà, all’ estero sarebbe il massimo. Grazie e buon lavoro.
Annalisa Nicastro