VLS (Vedere Leggere Sentire)

La vera Giorgia più amata dagli italiani

Scritto da Lucia Castagna

“I favoriti non vincono mai, e sono felice che abbia vinto un “pischello”. Lei è così, generosa, sentimentale, emotiva, che piange di commozione e non di delusione. E comunque, è lei la primadonna del Festival, e già si prepara a un tour straordinario negli stadi più importanti d’Italia

   La vincitrice annunciata di questo Sanremo già consegnato ai ricordi, ai commenti, alle riflessioni del dopo, il festival grandi ascolti e piccole emozioni, ritmi veloci e andamento lento, monotono, rassicurante, dove tutto era previsto e prevedibile, lei e il suo sesto posto in classifica, accompagnato dai fischi dl pubblico in sala che la vedeva già vincitrice, hanno dato la vera scossa al tranquillo torpore di chi già si preparava al sonno liberatorio della domenica.
Giorgia, che per una settimana ha conquistato il cuore degli italiani, la vera Giorgia che non ha bisogno del cognome, la sola Giorgia che piace a tutti senza sfumature di colori e schieramenti e divisioni generazionali, prima donna fra i 29 concorrenti, ma solo sesta nelle votazioni, lei aveva sempre detto che il Festival doveva vincerlo un “pischello”, perché la musica ha bisogno di voci e facce nuove. E infatti ha vinto un pischello, Olly, 23 anni, voce graffiata, fisico da rugbista e laurea in economia lasciata nel cassetto.
   “A Sanremo succedono cose strane… nel 1995, quando sembrava tutto perduto, ci fu una specie di ripescaggio. Nessuno pensava a me, e invece sono arrivata prima con “Come saprei” scritta da Eros Ramazzotti. E in gara con me c’erano pure Fiorello e Gianni Morandi, che ridendo ancora mi rimprovera…”.

Però quest’anno alla proclamazione finale hai pianto. Sei rimasta molto delusa?
“Io sono emotiva, e la standing ovation del pubblico in sala mi ha commosso. Le lacrime ti liberano dalle tensioni. E comunque, i favoriti non vincono mai… Ho cercato di vivere la gara con una certa leggerezza: è il bello di non avere più vent’anni, perché ti senti più consapevole. E poi, mio figlio Samuel, che di solito non si interessa alle mie canzoni, e l’anno scorso tifava per Lazza, quest’anno mi ha incoraggiata con bellissimi messaggi: “Hai vinto, hai vinto”. E’ stata la mia vera vittoria”.

 La cura per me rappresenta un po’ il tuo nuovo corso di artista?
“E’ una canzone importante, che sento mia, perché c’è quello che sono e quello che vorrei essere. Blanco e Michelangelo l’hanno scritta come avrei voluto fare io, che ho lavorato solo un po’ sulle melodie. Questo modo diverso di comporre, queste armonie nuove, hanno uno stile più contemporaneo, con sillabe e parole strette, su cui ho lavorato e studiato particolarmente. E mi piace il messaggio, il senso della cura che cerchiamo all’esterno, mentre in realtà va cercata dentro di noi”.

E adesso, dopo tutta la bagarre delle inevitabili partecipazioni televisive, cosa ti aspetta?
“Il ritorno a casa, e le piccole cose che mi fanno stare bene: stesa sul divano con i miei gatti e i loro peli addosso, mio figlio che a 15 anni mi obbliga a fare i compiti con lui, l’odore della cucina, controllare cosa c’è nella credenza, quando finiscono i biscotti, quando devo ricomprare lo zucchero e le scatolette per i mici. … Se fosse per me, non uscirei mai. E invece mi aspettano impegni importanti: per festeggiare i trent’anni di Come Saprei, a giugno sarò in concerto in tre scenari mozzafiato, le Terme di Caracalla a Roma, il teatro Greco di Siracusa, la Reggia di Caserta, e da novembre i concerti nei palasport. Sarà un grande anno, e sono felice: l’incontro con il pubblico ha un effetto emotivo travolgente”.

Hai anche avuto l’esperienza di X Factor. Qualcuno ha detto che era una conduzione rassicurante.
“Mi piaceva l’idea della signorina buonasera, come un lavoro di servizio, fare quella che annuncia e ti accompagna. Mi piace avere gli autori, lavorare con loro, decidere cosa dire. Io sono una che deve studiare, che si deve preparare, sono un po’ maniacale, a volte anche eccessiva, ma così mi sento più sicura. Forse qualche anno fa avrei detto di no a questa esperienza, per paura di sbagliare. Cercavo tanto il consenso esterno, ma adesso sono cresciuta…”.

Poteva essere un rischio.
“Sì, ma io sono una a cui non sempre piace giocare sul sicuro. Alle volte mi brucio, mi faccio anche del male, è successo pure con i dischi. Però poi senti che è tutto nutrimento, esperienza, crescendo lo capisci. Perché in fondo il nostro è un lavoro che si rivolge all’esterno, quindi devi fare le cose al meglio, che arrivino agli altri, prima o poi. Per me è fondamentale seguire anche l’istinto, che magari ti porta a scelte imprevedibili, ma che forse un giorno ti serviranno per aprirti nuove strade e andare da un’altra parte… Come è stato lavorare nel film di Rocco Papaleo, Scordato, che mi ha fatto rompere molti argini. Se me l’avesse chiesto qualche anno prima, forse avrei detto di no. E invece…”.

Negli anni, la popolarità ti ha cambiata?
“Direi non più di tanto. La cosa che cercavo di più era sentirmi accolta, in qualche modo. Su quello poi ho lavorato, ma è una cosa che avrei cercato anche se avessi fatto un altro lavoro. L’affetto degli altri è una cosa terapeutica”.

Pensi mai che potrebbe finire?
“L’ho sempre dato per scontato, e il fatto di essere qua dopo trent’anni è incredibile. Cioè, non ci avrei mai creduto. Dopo ogni disco mi dicevo: “Ora è finito tutto”, e poi mi è sembrato sempre di ricominciare da capo. Specie durante il Covid: non capivo più cosa dovevo fare, perché in quel periodo è cambiata la musica, la scrittura, è cambiato tutto, e io non ero pronta. Stavo chiusa in casa a fare cose di casa, mentre vedevo che tanti altri cantanti si tenevano in esercizio, si inventavano altri modi di essere in contatto con gli altri, e avevo anche pensato di ritirarmi… Adesso mi sembra quasi un miracolo tutto quello che mi sta accadendo. E ho fatto anche la doppiatrice in Oceania 2, dando la voce a Matangi, la figura misteriosa che si inserisce nei nuovi personaggi della storia. E ho cantato nei titoli di coda di Diamanti, il film di Ferzen Ozpetec”.

La tua è una voce unica, dalle intonazioni internazionali: perché non sei mai andata all’estero?
“Ho avuto un manager che voleva farmi fare quasi il giro del mondo, ma ero fidanzata, e mettevo l’amore prima di tutto. Poi è nato mio figlio e avrei dovuto fare un tour in Olanda, ma ho scelto di stare con lui. Ho fatto tutte scelte sentimentali… Però mi sono tolta la soddisfazione di cantare con Ray Charles, e pure con Alicia Keys: a volte ho pensato che se fossi andata all’estero magari avrei potuto conquistare quel pubblico più vasto. Ma non ho rimpianti, anche perché al pensiero già mi agito, avrei avuto troppa pressione. La voce va sul respiro, e se sei agitato respiri male, e allora canti male. No, è andata meglio così”.

foto di Paolo Santambrogio

 

 

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About the author

Lucia Castagna

Lucia Castagna, innamorata da sempre della parola e delle cose da raccontare, giornalista professionista, è arrivata alle testate
di maggiore prestigio come inviata, capo redattore e direttore. Autore televisivo e docente di comunicazione, sta scrivendo il
suo primo romanzo.

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