Ammalandosi, in viaggio,
i sogni vagano, sospesi
in una landa desolata (Bashō XVII sec.)
Haiku: tre versi, diciassette sillabe che, con apparente, ma studiata, semplicità, catturano e sprigionano una pletora di suggestioni. La brevità che è elemento di forza, ne è, altresì, limite da valicare. Parole che devono riuscire a ricreare l’immediatezza di un lampo, a fissare la fugacità di un istante. Un macrocosmo racchiuso in un microcosmo.
Traghettiamo queste riflessioni dal componimento poetico, nato nel Giappone del XVII secolo, alla musica; sostituiamo le note alle parole ed ecco materializzarsi Short Stories, quarto album solista di Gabriele Bombardini.
Il chitarrista ravennate ha all’attivo numerosissime collaborazioni e può vantare maestri ragguardevoli come John Scofield, John Abercrombie, Pat Metheny giusto per citare qualche nome.
Short Stories è un disco particolarissimo, costituito da diciannove brani, diciannove acquerelli pennellati con la pedal steel.
Degli haiku possiede la concisione, la pulizia, l’essenzialità, il rigore, elementi che enfatizzano il paesaggio sonoro, che dipingono la malia dell’istante.
Il bending, il riverbero e le dissolvenze della pedal steel riproducono atmosfere rarefatte, sospese, ovattate. Le sonorità create da Bombardini riescono a sollecitare fortemente l’immaginazione e la visività: tinte tenui, nebbie mattutine, brume crepuscolari.
Si percepiscono il fluire lento e inesorabile del tempo, l’alternanza della notte e del dì, l’avvicendamento delle stagioni…
“Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera.”
La giornata di ieri è finita
anche quella di oggi se ne va –
la primavera si allontana (Buson XVIII sec.)
