Recensioni

Duran Duran – Future Past

Scritto da Marco Restelli

Future Past segna un grande ritorno dei Duran Duran

Chi l’avrebbe mai detto, che a quarant’anni dall’uscita del loro album omonimo d’esordio i Duran Duran sarebbero stati ancora artisticamente interessanti e commercialmente più che solidi? Io iniziai ad ascoltare la musica pop con loro e il primo vinile comprato con la mia “paghetta” fu Arena (uscito qualche anno dopo) e così anche nelle decadi successive, nonostante l’evoluzione dei miei gusti musicali, non li ho mai persi di vista.
Gli allora cinque moschettieri inglesi conquistarono il mondo anche cavalcando alla grande l’onda di MTV, ma ad alcuni sedicenti palati fini sembrò che al di là dei loro video e del loro look, oggettivamente strepitosi, ci fosse ben poco di originale e degno di nota nei loro dischi. Destinati all’imminente estinzione insomma: questa fu la sentenza per la maggior parte della critica. E invece, pur con diverse vicissitudini che hanno visto la line up modificarsi nel tempo, (attualmente ben 4/5 della band originale sono ancora in sella – manca solo il sempre amatissimo Andy Taylor, alla chitarra) i Duran Duran hanno portato avanti il loro sound con orgoglio, seguendo un principio rischioso, ma in fin dei conti vincente: mai pubblicare un album uguale al precedente. Al riguardo credo non sia un caso che una delle loro più grandi fonti di ispirazione sia sempre stata David Bowie, dal quale hanno certamente ripreso alcuni spunti sonori (una delle loro prime B-side fu la sua strepitosa Fame e ora hanno pubblicato Five years, anche se solo nell’edizione giapponese), ma proprio questo identico modus operandi che lo ha fatto continuamente evolvere, sempre pronto a “viaggiare” da un’isola all’altra della musica Pop Rock, come un insaziabile e sempre curioso Ulisse.
Oggi, dopo una stancante pandemia che ha ritardato l’uscita di questo Future Past, la band mostra di aver guardato indietro per rileggere molti di quei suoni che li hanno resi grandi, ma filtrandoli ancora una volta attraverso la lente della musica di oggi, proiettandoli in tal modo verso il futuro. Il risultato è semplicemente sbalorditivo visto che in questo nuovo lavoro, come non succedeva da tantissimo tempo, non c’è nessuna canzone che inviti a utilizzare il tasto skip.
Dovendo segnalare alcuni dei pezzi D.O.C., seguirò per l’occasione anche io un personalissimo principio vale a dire mi concentrerò principalmente sui brani (almeno per ora) “non singoli” e questo perché in ogni loro album ci sono sempre stati episodi meno conosciuti che, invece, avrebbero meritato la stessa gloria delle loro hit (penso a Too late Marlene, Box full of honey e Mediterranea giusto per citare qualche esempio lampante).
All of you parte col basso in versione sincopata di John Taylor e, come sempre coi Duran, ti porta al massimo della goduria nel refrain radiofonico che ti avvolge al primo ascolto. Da citare anche la presenza di sostanza, alla chitarra, di Graham Coxon dei Blur che ha contribuito alla grande non solo in fase di registrazione, ma anche di scrittura di questa ed altre canzoni.
Wing è un pezzo decisamente più dolce e languido con la voce di Simon Le Bon (che resta il marchio di fabbrica della casa) che sa sedurre l’ascoltatore come pochi, appoggiata sui tappeti di tastiere di Nick Rhodes che, come carezzevoli onde, riescono ancora a trasportarti in un viaggio onirico unico. Veramente un grande pezzo.
Di Laughing Boy (presente solo nell’edizione deluxe) dirò solo che è un chiaro omaggio ad Ashes to Ashes del già citato Bowie e che sa essere altrettanto emozionante.
Riguardo ai singoli, non ci si può non soffermare almeno (per ovvi motivi di sintesi, ma lo meriterebbero tutti) sull’accattivante Anniversary – che celebra senza filtri il loro quarantesimo compleanno e che nel simpatico video che riportiamo in fondo alla recensione riesce a essere ironico come pochi – ma soprattutto la morbida Give it all up (per me il vero capolavoro del disco) che, anche grazie alla preziosa voce di Tove Lo ci ricorda come in ogni loro Lp ci sia sempre stato anche un lato più oscuro, a fare da contraltare alla più evidente voglia di farci ballare spensierati.

About the author

Marco Restelli

Originario di Latina, ma trapiantato ormai stabilmente a Bruxelles. Collaboro con diversi siti musicali. Collezionista di dischi dai primi anni '80, ascolto praticamente ogni tipo di musica, distinguendo solo quella che mi emoziona da tutto il resto.
In progetto: l'attività di promoter di eventi live di artisti emergenti nel Benelux. Sono orgogliosamente cattolico, ma ritengo che la tolleranza sia alla base delle relazioni umane. Se dovessi salvare un solo disco, fra i miei 3500, sceglierei "Older" di George Michael. La mia più grande passione, oltre alla musica: la mia famiglia e i miei tre bambini.

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