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Capanni – Home

Scritto da Carmelo Di Mauro

Capanni costruisce una colonna sonora perfetta per le storie che tutti abbiamo nel cassetto

C’è forse un film nella mente di Fabio Capanni, una sequenza di immagini, magari in bianco e nero, che racconta vite, esperienze, desideri. C’è una storia nelle sue mani, quella che altri avrebbero impresso in un block notes o su una pagina word, raccontando il proprio mondo con la voce e le vicende dei loro protagonisti. Questa storia lui la racconta in musica, con le corde della sua chitarra, con i tasti del suo pianoforte, costruendo scenari sonori evocativi e ricchi di pathos.
Lo fa nel suo primo album da solista, dopo una lunga carriera che lo ha visto collaborare con nomi illustri quali David Sylvian, Luc Van Lieshout dei Tuxedomoon e, soprattutto, con Hans Joachim Roedelius, guru della “ambient music” con cui ha lavorato in studio per diversi anni.
Il disco si intitola “Home” ed ha su tutte una protagonista, la sua chitarra elettrica, attraverso la quale crea quello spazio di suoni e di armonie che, arricchito dal pianoforte, dal sax di Nicola Alesini e da rare sessioni ritmiche, diventa un lampo di musica d’ambiente, raro quanto efficace.
Nulla di più difficile che cimentarsi con questo genere così complesso che, da Brian Eno in giù, ha lasciato alcune pietre miliari scolpite nella storia della musica, ma che richiede perizia musicale e chiarezza d’intenti per giungere a esiti pregevoli.
Non basta creare melodie eteree o rarefatte, o costruire ritmi suadenti e ipnotici, c’è un’anima che deve venir fuori dalla musica e Capanni riesce a svelarla, con questo pregevole album ricco di otto tracce mai banali o di maniera.
L’album si apre con “Dawn”, brano dagli echi che rimandano ai Pink Floyd più eterei, segnato da tratti sfuggenti che vanno consolidandosi per poi svanire, in un continuo alternarsi di vuoti e pieni musicali che un po’ disorientano, ma alla fine catturano l’ascoltatore.
“Some dust” è il brano che trova nel pianoforte il proprio protagonista, lo strumento diventa la portante del brano, energica e delicata al contempo. Questo secondo brano disegna una melodia struggente, che stimola sentimenti, emozioni e ricordi.
L’incedere di “Behind the veil” è quasi ipnotico, fatto di note che in sequenza si ripetono come a voler togliere il respiro a chi ascolta, una sensazione che diventa quasi fame d’aria in certi momenti. Le frequenze basse del pianoforte toccano corde emotive molto profonde e sfidano l’ascoltatore a non tenersi dentro nemmeno un sospiro.
In “Still shining” risuona anche l’eco di qualche effetto elettronico, poco per parlare di una vera influenza proveniente dal genere che Capanni ha masticato grazie alla frequentazione artistica con Roedelius, ma abbastanza per connotare la traccia come una delle più originali, prima che il pianoforte si riprenda i suoi spazi.
“Don’t close” è il brano conclusivo che viene introdotto dal sax caldissimo di Nicola Alesini. Uno spunto da jazz club fumoso, di quelli dove si potrebbe immaginare di incontrare i personaggi di tanti film anni ’50, capace di dare più calore e fascino all’intero album.
“Home” è un album intimo, ma costruito su una intimità svelata, Capanni ci apre le porte di casa, introducendoci ad un mondo di storie da raccontare, attraverso quelle immagini che ciascuno di noi può generare nella propria mente, chiudendo gli occhi e abbandonandosi alla sua musica.
Da buon architetto, Fabio Capanni costruisce un disco carico di pathos e di struggente emotività, capace di emozionare e far sognare, perfetto per far da colonna sonora alle storie che tutti abbiamo nel cassetto.

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Carmelo Di Mauro

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