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50 pagine al giorno – La novella degli scacchi di Stefan Zweig

Scritto da Giulia Carlucci

“Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia”. Giordano Bruno

Secondo dopoguerra, un piroscafo tra Buenos Aires e New York. Qui conosciamo il campione mondiale di scacchi Czentovič. Un uomo rozzo, avido, ottuso su qualunque argomento. Tranne il Gioco dei Re. Ma anche lì l’uomo si mostra del tutto privo di passione. Il suo gioco è un’abitudine. Un lavoro, meccanico e privo di immaginazione. Il campione è tanto arrogante da non poter resistere alle sfide che gli vengono proposte. Così assistiamo a una serie di partite e di sue vittorie, finché uno sconosciuto non si avvicina al gruppo di avversari e inizia a suggerir loro alcune mosse.
Così arriva una patta e inizia per il narratore e per noi la vera narrazione. Zweig ci porta in un viaggio nel passato dello sconosciuto: il dottor B. Scopriamo un uomo intelligente, umile ma dotato di un immaginifico talento. Esatta antitesi di Czentovič. Dove Czentovič è roccia ruvida e priva di fascino, il dottor B. è prismatico, le sue mille facce catturano la luce restituendo meravigliosi giochi di colore nella sua personalità. Asciutto pragmatismo da un lato, passione desiderio e follia dall’altro.
La Novella degli scacchi è una storia di passioni. Passioni che nutrono e divorano ma a volte salvano. E se il gioco degli scacchi affascina perché unico in cui la fortuna non gioca alcun ruolo, in fondo provoca in noi profani una sorta di riverenza intellettuale. Tendiamo a esserne incuriositi naturalmente e affascinati dall’abilità dei suoi giocatori.
Il dottor B. insomma è passione allo stato più puro. Arrivato al gioco nel momento più triste della sua vita, divorato dalla passione ma anche aggrappato alla stessa per salvarsi. Una salvezza che è per lui l’ inizio della propria follia. Una storia intensa la sua, vera e potente. Rinchiuso in una stanza dalla Gestapo, torturato, spinto continuamente alla perdita di sé- privato del tempo e di qualsiasi relazione con l’esterno- si rifugia nell’immaginazione e da questa trae la forza per sopravvivere.
Tra i due protagonisti solo il narratore che gioca per diletto, spinto e proteso a cercare di afferrare la propria passione.
Gli scacchi qui sono un vero strumento di salvezza, che gli permettono di resistere alla peggiore delle torture e gli spalancano le porte del proprio mondo interiore.
Ma se da un lato gli scacchi gli hanno permesso di restare sé e in sé, di resistere nella sua interezza a ciò che stava vivendo, dall’altro lo hanno divorato provocando un crollo che lo ha cambiato per sempre.
Preda della follia e grazie alla stessa, il dottor B. si salva. Zweig sembra dirci che salvezza e dannazione giocano in coppia e che lasciarsi travolgere dalla vita è in sé l’unico modo di viverla davvero. E anche se ne usciamo distrutti e dannati in realtà siamo liberi e salvi.
Così il gioco degli scacchi diventa metafora della vita. L’apertura verso il nostro mondo interiore ci dà appiglio quando vacilliamo, ma soprattutto ci permette di riscoprirci e di trovare quella scintilla di follia e di passione che ci rendono umani ma soprattutto vivi.“Definendo gli scacchi un gioco, non ci si rende però già colpevoli di un’offensiva limitazione? […] Antichissimo eppure eternamente nuovo, meccanico nell’impostazione ma dipendente dalla fantasia, confinato in uno spazio rigidamente geometrico e ciò nonostante sconfinato nelle sue combinazioni, in continua evoluzione eppure sterile, un pensiero che non porta a nulla, una matematica che non calcola nulla, un’arte senza opere, un’architettura senza sostanza e nondimeno nella sua esistenza e nella sua essenza notoriamente più duraturo di tutti i libri e di tutte le opere, l’unico gioco che appartiene a tutti i popoli e a tutte le epoche, e di cui nessuno sa dire quale dio lo abbia portato sulla terra per ammazzare la noia, acuire i sensi, sollecitare la mente. Dove ha inizio e dove finisce?”

“La novella degli scacchi” di Stefan Zweig è un’opera tanto intensa quanto enigmatica. Scritta poco prima del suicidio dell’autore e pubblicata postuma, la narrazione è breve ma incisiva. Si parla di alienazione, resilienza della mente e del potere salvifico della nostra immaginazione in situazioni estreme. È la mente che salva il dottor B. dalle torture della Gestapo, portato dalla sua immaginazione a rivivere le partite più famose. Lo ha salvato dalla follia, ma lo ha portato a una dipendenza ossessiva.
La partita finale contro il campione non è altro che la lotta del dottor B. contro la propria follia, il suo tentativo di riaffermare la propria autonomia e sanità.
Lo stile di Zweig è diretto, elegante e dotato di grandissima forza: riesce a trasmettere la tensione psicologica senza mai scadere nel melodramma. Poche parole e siamo già all’interno della psicologia dei personaggi ed esploriamo i loro pensieri.
L’autore rende visibile ciò che non lo è, pagina dopo pagina il lettore vede comporsi il conflitto interiore del dottor B. e coglie la vulnerabilità umana di fronte alla brutalità. La resilienza opposta alla manipolazione psicologica perpetrate dai suoi torturatori.
“La novella degli scacchi” è un’opera affascinante, che mette in luce la fragilità e la forza della mente umana quando è sottoposta a situazioni di stress estremo. Zweig riesce a catturare il lettore attraverso un racconto che è insieme una metafora della vita, un thriller psicologico e una riflessione sul valore della cultura e della conoscenza come strumenti di resistenza. La scelta degli scacchi come elemento centrale non è casuale, poiché rappresenta perfettamente la lotta interiore tra razionalità e follia.
Un piccolo capolavoro, che riflette ansie e paure di un’epoca e forse anche dell’autore stesso.  Un emblema di cosa possiamo fare con la nostra mente, come può salvarci e dannarci.

“La vita è come un gioco di scacchi: noi tracciamo una linea di condotta, ma questa rimane condizionata da ciò che piacerà di fare all’avversario, nel gioco degli scacchi, e dal destino, nella vita.” Arthur Schopenhauer

 

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Giulia Carlucci

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