Recensioni

Vök – Vök

Scritto da Red

Vök racconta cataclismi spirituali e rinascite audaci senza epicitá o disperazione. I tre di Reykjavík elevano tutto ad un livello di candore sonoro come fosse neve fresca

di Ginevra Tasca

Il 14 aprile del 2010 tutta l’Europa si è svegliata sotto una fitta nube di polvere. Il vulcano islandese Eyjafjöll aveva deciso di svegliarsi. Per mesi, i cieli del Vecchio Continente sono stati invasi da una nube densa e buia.
Vök, nella lingua della terra senza cognomi, significa proprio risveglio ed è anche il nome del trio islandese che ha pubblicato il suo terzo album il 23 Settembre, intitolato semplicemente Vök. Non è un titolo scelto a caso.
Da Figure e In the Dark – i due lavori precedenti – il gruppo ne ha fatta di strada. È stato un percorso che ha attraversato i suoni rarefatti di Figure, passando per i contorni puliti di In the Dark, fino ad arrivare alla vastità del parco delle vibrazioni liberatorie di Vök.
In questo continuo mutamento, viaggio fisico ed artistico diventano un tutt’uno. Dare lo stesso nome della band all’album non è, quindi, la necessitá di un’autoaffermazione, ma la naturale sublimazione della propria consapevolezza.
Ed è proprio l’impellenza verso questa coscienza di sè ad essere il manifesto di Skin. La vulnerabilità ad esporsi scuoiati di una pelle impropria nasce dall’esigenza di cambiare per restare se stessi. Il tema del cambiamento per riappropriarsi della propria identità è
l’espressione liberatoria di Margrét anche in Lose Control, in cui il corteggiamento sensuale di due donne parte dal chiaroscuro di una candela sino ad una fiamma incontrollabile.
Ma c’è altro in Vök. C’è il tema della perdita, del distacco, della morte. In No Coffee at the Funeral niente è più fragile dei milioni di pezzi di un lago ghiacciato, niente può alleviare il dolore di una dipartita. Nemmeno una tazza di caffè aiuta.
Vök racconta cataclismi spirituali e rinascite audaci senza epicitá o disperazione.
I tre di Reykjavík elevano tutto ad un livello di candore sonoro come fosse neve fresca.
Il viaggio – come ogni vero Viaggio che si rispetti – si conclude su una scogliera battuta da onde schiumose e rivelatorie, di quelle che lasciano il sale in faccia quando arrivano. L’album si conclude con una corsa verso il tramonto nell’ultima traccia Running Wild.
È un testamento, una speranza, una fine o un inizio per vedere scomparire i rumori e i demoni che ci allontanano da noi stessi.

About the author

Red

error: Sorry!! This Content is Protected !!

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Con questo sito acconsenti all’uso dei cookie, necessari per una migliore navigazione. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai su https://www.sound36.com/cookie-policy/

Chiudi