S’intitola Diaspora (PNR, 19 aprile 2024) il nuovo album di Udde, compositore e polistrumentista sardo, attualmente residente in Grecia. Le undici tracce che compongono il disco presentano sia atmosfere oniriche e psichedeliche che momenti più nitidi e ruvidi. Diaspora è un viaggio simbolico in aperto contrasto con spazio e tempo, una partenza, il perdersi senza mai diventare, un incantesimo avvolgente. Ne abbiamo parlato in questa intervista:
Potresti raccontarci della genesi del tuo ultimo album “Diaspora”?
Per il disco precedente The Familiar Stranger mi imposi dei limiti e delle rotte ben precise per cercare di aggirare l’ostacolo della poca dimestichezza che avevo con le tecniche di produzione. Durante il missaggio di quell’album ho iniziato a gettare le basi di Diaspora,cambiando radicalmente il mio approccio. Mi sentivo più sicuro dietro alle levette e pomelli, così ho deciso di non pormi alcun limite, ma di affrontare la genesi del disco in modo naturale e libero. Le tracce incluse nell’album sono una selezione di un gruppo folto di canzoni. Ho iniziato con dieci pezzi, a cui se ne sono aggiunti tanti altri man mano che capivo quale strada stessi percorrendo. Sono state le canzoni stesse a consigliarmi come si dovesse comporre l’intero disco, quale fosse l’ordine dei pezzi, in quale modo si srotolasse il filo. Io ho solo assecondato un flusso. Non credo nell’ispirazione che scende come lo Spirito Santo. C’è stato un grande e meticoloso lavoro di scrittura, di arrangiamento e di produzione. Il disco era pronto già all’inizio del 2022, ma per diversi motivi mi sono ritrovato ad avere il prodotto finito solo quest’anno.
Per questo disco, rispetto ai lavori precedenti, hai scelto la lingua italiana. Da cosa è nata questa esigenza?
Ho deciso di cantare Diaspora in italiano perché in inglese lo avrei limitato. Esiste già una distanza naturale tra pensiero, significato e parola. Cantare in inglese, per quanto mi riguarda, allunga quella distanza ancora di più. L’esigenza è dunque nata dalla mia necessità di dare uno spazio importante ai testi e di sostenere al meglio il connubio tra significati e significanti. L’italiano è stata la soluzione migliore perché è l’unica lingua che davvero conosco.
Il termine “diaspora” ingloba il concetto di “dispersione”. Credi sia anche una delle qualità della musica, ossia quella facoltà di trasportarci altrove, in un luogo non ben definito, ma in cui si sta bene?
Prima della pubblicazione di Diaspora esisteva solo la mia versione. Dalla sua pubblicazione, chi lo ascolta lo riceve come una versione personale. In questo processo c’è sicuramente una “dispersione” del primo pensiero originale che stava dietro i miei intenti e processi di creazione. Questo è un fenomeno bellissimo, perché è imprevedibile e incontrollabile. Non credo che la musica abbia solo la qualità di portare esclusivamente in un luogo in cui si sta bene, non escludo che possa portare in luoghi dove non si sta per niente bene. Entrambe le situazioni, però, possono essere ugualmente appaganti.
Quanto la Sardegna, tua terra di origine, ha contribuito a influenzare la tua musica? E la Grecia, luogo in cui vivi?Sinceramente non so in quale modo la Sardegna possa influenzare la mia musica, ma sicuramente lo fa, di questo ne sono certo. Nella mia musica non sono presenti caratteri tipici della cultura musicale tradizionale sarda, ma c’è qualcosa di più profondo che forse ha a che fare con il paesaggio, con i confini, con la percezione di sé stessi dentro questa cornice. Tutta questa percezione è riversata nella musica. La Grecia non ha nessun peso, se non quello di rappresentare un luogo lontano da casa.
È in programma un tour in Italia e all’estero?
Il palcoscenico mi atterrisce. Per ora lo evito, ma non escludo che in futuro possa cambiare idea.
Grazie Annalisa
Udde
DISCOGRAFIA:
Diaspora (Album), 2024.
Luci (Singolo), 2024.
The Familiar Stranger (album), 2017.
Urban Grace (singolo), 2015.
Fog (EP), 2012.