Recensioni

The Hives – The Death Of Randy Fitzsimmons

La band scandinava ci sa ancora fare ed è tuttora sulla cresta dell’onda

Ero un pischello che stava terminando il quinto superiore quando una sera qualunque vidi su MTV il video di “Die, All Right!” dei The Hives. Si parla dell’epoca in cui internet era in uno stato primordiale e se una canzone ti attirava scommettevi su quella band e correvi a comprare il cd nel tuo negozio di fiducia. Veni Vidi Vicious mi folgorò a tal punto da spingermi ad avvicinarmi ad altri gruppi dell’etichetta svedese Burning Heart come Raised Fist, Millencolin, Refused e tanti altri. Scoprii un universo di pace e amore in cui il punk andava volentieri a braccetto con il rock’n’roll.
Ventitre anni dopo i The Hives sono ancora qui, nonostante uno stop di ben dodici primavere, ma per capire a fondo il nuovo disco dal nome profetico The Death Of Randy Fitzsimmons bisogna dapprima fare una piccolissima lezione di storia. Chi è Randy Fitzsimmons? La leggenda narra che fu il buon Randy (che molti sospettino sia in realtà un’identità fittizia del chitarrista Nicholaus Arson) a formare la band nel 1993 e sia lui stesso, da sempre, l’autore di ogni singola canzone del quintetto.
Ora possiamo andare avanti e iniziare a farci travolgere dal garage rock di “Bogus Operandi”, la prima traccia del nuovo album, che con le lacrime agli occhi ci riconsegna un complesso in forma smagliante nonostante il tempo trascorso.
La carica rotante di “Trapdoor Solution” è una sveltina dal parrucchiere, a cui chiediamo una spettinata in meno di un minuto e mezzo. “Countdown To Shutdown” è la “Main Offender” dei giorni nostri, con un Howlin’ Pelle Almqvist eterno giovincello, la cui voce non ha perso nemmeno un’oncia della sua energia.
La pomposa “Stick Up” e la punkeggiante “Smoke & Mirros” si ornano entrambe del virtuoso sax di Jonas Kullhammar, interpellato per dare nuove sfaccettature a un sound ormai ultra rodato. La frenetica “Crash Into The Weekend” attesta ufficialmente come la band scandinava ci sappia ancora fare e sia tuttora sulla cresta dell’onda.
“The Bomb”
ha un titolo che è tutto un programma e deflagra in poco più di centoventi secondi, mentre “Two Kinds Of Trouble” ha uno dei bridge più melodici e coinvolgenti dell’intero plot, mettendo anche in mostra le doti del (relativamente) nuovo bassista The Johan And Only chiamato a sostituire Dr. Matt Destruction, costretto a lasciare i suoi compagni nel 2014 per motivi di salute.
Restiamo vittime inconsapevoli dell’aver partecipato o no al funerale di una band che ha fatto la storia del genere, anche perché i diretti interessati non ci aiutano minimamente a capire se è arrivato davvero il momento di mettere la parola fine al progetto. Tra le righe conclusive dell’edizione in vinile si legge: “Queste sono le ultime volontà e il testamento dei The Hives e Randy Fitzsimmons? Chi lo sa.” Intanto prendo il disco per quello che è: un ritorno di grido superiore al precedente Lex Hives del 2012. Personalmente ne vorrei in massa di lavori così sinceri e trasudanti una passione trascendente dalle mode che infestano il music business odierno.

The Hives

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Giovanni Panebianco

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