Nell’accingersi a realizzare un progetto di qualsiasi genere, si può essere devoti a una linea estetica impeccabile, curata e tecnicamente aspirante all’eccellenza, o semplicemente guardarsi allo specchio e puntare sull’impatto che l’immagine lì riflessa può avere sul mondo esterno. Quest’ultima, decisamente più libera e meno affliggente, è la linea sposata dal duo degli Strani Crani (Anto e Korekane) nell’album Anche Da Morti, distribuito dalla Quadraro Basement, realtà vicina a Noyz Narcos, col quale gli Strani Crani condividono la predilezione per descrizioni truculente e sonorità tenebrose.
È infatti sul piano sonoro che il disco offre la sua faccia migliore, amalgamando elementi di terreni musicali apparentemente diversi come trap, dubstep e reggae, non disdegnando qualche prestito sonoro dall’emergente e schizofrenico universo EDM. “Intro”, nella sua veste trap-uptempo, fa ottimamente a pugni con la successiva “Lugubre”, musicalmente omonima e più lenta. Già dal suo incipit, il disco delinea i profili dei due interpreti: Korekane un cavernoso e lento bulldozer, Anto ben più celere e abile nell’extrabeat, prova ultima per la bontà d’eloquio di qualsiasi rapper.
Questa dicotomia dà il meglio di sé quando, come già detto, il fine unico è colpire l’ascoltatore, puntando tutto sul peso delle parole e dei temi, accantonando momentaneamente la forma nella quale sono espressi. “Versi X Versi” e la closer “La Mia Guerra” hanno in sé quanto di meglio il duo possa offrire, mettendo in scena una sfida tra flow a fuoco rapido e mattonate cadenzate che non dà né vincitori né vinti, giovando di beat filo-gotici dalle percussioni piene e tonanti, con linee di basso poderose ed implacabili (interessante lo stravolgimento finale da trap a slow club in “Versi X Versi”).
Tuttavia, quando il desiderio introspettivo/riflessivo (giustificato da chi ben sa che non si può fare un disco di pezzi tutti uguali) viene soddisfatto, la tensione che mantiene l’ascolto interessante e coinvolgente viene meno. Per un duo visceralmente legato al bisogno di tenere costantemente sotto scacco l’ascoltatore con liriche dure e pesanti, pezzi come la title track, “No More Tears” e “Figli Di Una Stessa Madre”, per quanto sforzi accettabili, palesano una carenza di mordente e tensione emotiva che quasi vanificano quanto di buono (molto buono) fatto in precedenza. Fortunatamente, il momentum è rapidamente riconquistato grazie ad alcune felici scelte sonore. L’entrata in scena dei beat dubstep di “Survivor” e “Ghost Rider” è una boccata d’aria per le orecchie, specialmente grazie all’inciso reggae del primo pezzo e alla affilatissima lingua dei due nel secondo (con incluso il milionesimo sfottò al povero Moreno).
Checché ne dicano i puristi, tecnica e raffinatezza non sono tutto. Muscoli, rabbia e potenza giocano nella musica un ruolo altrettanto fondamentale (non credo che in tanti per tirarsi su dal letto al mattino si affidino alla musica classica). Anche Da Morti, pur con le sue pecche e i suoi passaggi a vuoto, è un disco prodotto più che bene nella sua durezza, e per questo meritevole d’essere apprezzato, a maggior ragione dati i margini di miglioramento del duo, in potenza rappresentanti più che onorevoli del filone dell’horror rap all’italiana.
Patrizio Corda
Strani Crani
Anche Da Morti
Tipo: Album
Label: Quadraro Basement
Tracce: 11
“Lugubre” (Feat. Back2Rave)
“Versi X Versi”
“Ghost Rider”
“La Mia Guerra”