Interviste

Romano Reggiani, Intervista

Romano Reggiani attore ormai affermatissimo ma anche un cantante, nel tuo tempo libero porti avanti un progetto dedicato a Bob Dylan tuo idolo da sempre. Vogliamo iniziare da qui?
Esatto sì, nel “Tempo libero”, diciamo così, porto in giro per teatri e club un progetto musicale su Bob Dylan e gli anni 60’ americani accompagnato dalla mia band. Lo spettacolo è composto da un set completamente dedicato a Dylan e da un altro inframmezzato con alcuni pezzi di De Gregori. E sì, lavoro come attore per cinema e tv ma la musica è sempre stata una passione fondamentale nel mio percorso artistico. Sono Autodidatta e malato di Mr. Bob Dylan, non esiste nessuno meglio di lui. Così negli anni ho deciso di creare uno show dedicato alle sue canzoni e devo dire che mi ha portato bene! Covid a parte, finito di girare una nuova serie tv, sotto Natale torneremo a teatro con il nostro concerto. Dylan è la mia fonte di ispirazione, dalla recitazione alla musica, dalla letteratura alla regia. E’ tutto quello di cui un artista ha bisogno, cosa c’è di più? Oh, venite a sentirmi eh! Poi parallelamente a questo show sto lavorando a un progetto di un mio album inedito di canzoni in lingua italiana, ed è stato preso! Presto partirà la produzione! Incrociamo le dita. Che Bobby mi benedica!

Noi ci siamo conosciuti nel tuo bellissimo club il John Wesly Hardin, uno speakeasy del tutto particolare. Vorrei che velocemente mi parlassi di quella bellissima esperienza.
Che dire, è stata un’esperienza favolosa, a dir poco meravigliosa. Sai, pure essendo giovane, sono sempre stato affascinato dai club newyorkesi, dagli speakeasy, dal jazz, specialmente bebop, da Kerouac e dalla beat generation… quindi cosa potevo fare se non aprire un music club nella mia città? Purtroppo abbiamo dovuto chiudere perché la proprietà doveva vendere e noi non potevamo comprare. Quindi… è finita così, male.
Il club andava benissimo e facevamo concerti fantasmagorici, eventi di artisti super! E i soci a distanza di anni ancora mi chiedono se riaprirà mai il mitico “John Wesley Hardin”, così io rispondo dicendo che di sicuro riaprirò prima che Bob Dylan muoia… e vi assicuro che di tempo ne ho, lui è uno di quelli immortali! Altroché! Comunque, scherzi a parte, prima o poi riaprirò il club, questo è poco ma sicuro.

Ma ora vorrei che i nostri lettori ti conoscessero come attore. Giovane si, ma direi molto navigato. Intanto come mai questa tua strada verso il cinema. Ma scopriamo essere anche un regista…Raccontaci un po.
La mia passione per il cinema è nata fin da piccolo, giravo cortometraggi con i miei amici di sempre nel parchetto dietro casa. Abbiamo pure vinto il festival di Torino nella sezione sotto diciotto due volte! Che bei ricordi! Ho iniziato così, dietro casa, a quindici anni, con i miei amici. Il cinema per me è vita, come la musica, ma la recitazione e la regia sono gli strumenti che ora sono diventati il mio lavoro. Faccio l’attore e a volte anche il regista, oltretutto sto lavorando alla mia opera prima… speriamo vada bene! Ah Ah. Io mi definisco artista, non semplicemente attore, ma qualcosa che comprenda tutto. Lavoro come attore da quando ho diciotto anni e non mi sono mai fermato, ho preso parte a vari progetti televisivi e cinematografici. Se vi va guardateli, non sono poi così cane! Ah Ah.

Mi ritengo un’amante del cinema, ammetto che il cinema italiano lo seguo poco pur avendo dei nomi di riferimento, vorrei sapere da te quali differenze trovi tra ciò che è stato il cinema negli anni ’60 e quello post 2000?
Che bella domanda! Non saprei da dove iniziare. Sai, il tempo passa e le cose cambiano. Poi io sono giovane… non saprei come definirvi il cinema degli anni 60’ se non parlandovi del prodotto in sé. Ma la verità è che ogni film, ogni disco, ogni quadro, ogni libro, andrebbe vissuto e capito nel momento storico in cui viene fatto. Nel senso che è difficile captare il reale sentimento di qualcosa che non abbiamo vissuto in prima persona. L’unica cosa che posso dire è che le cose belle rimangono nel tempo e funzionano a distanza di anni, e quindi se il sottotesto della domanda era questo… ti posso dire che il cinema di adesso è meno interessante del cinema di quello di allora. Molti film “Vecchi” funzionano meglio di molti altri di oggi. Pensate a “C’eravamo tanto amati” di Scola… E’ pazzesco anche nel 2020. Che dire, quello che manca oggi è legato in parte ai sentimenti… nel senso che oggi la gente non sente più niente, non si emoziona più e questo appiattisce tutto. E poi le persone brave non le fanno lavorare… ci si può fare ben poco… E’ che la cultura dovrebbe essere il punto cardine per costruire qualcosa di buono… e invece siamo uno dei paesi al mondo in cui si legge meno… basta pensare a questo. Che vi devo dire? Non lo so, sono sconfortato. Tutto è il risultato di tutto. Cinema compreso!

Tra gli attori o registi con qui hai lavorato, con chi hai legato di più, al di là del rapporto puramente professionale?
Parto dal presupposto che tutte le esperienze che ho fatto sono state tutte belle e mi hanno insegnato tanto. Sono amico di Giuseppe Gagliardi, con il quale ho girato la serie di Sky “1993”, con lui mi trovo bene anche nella vita, c’è una bella intesa. Sono sicuro ricapiterà di lavorare insieme. Anche ora sto girando una serie tivvù molto figa e il regista è fantastico, c’è un bel feeling, non dico il nome perché ancora è top secret. Quello che fa la differenza è il prodotto finale, del resto non frega niente a nessuno… se devo dire un’esperienza speciale, l’ho avuta con un regista americano premio oscar: Bobby Moresco. Abbiamo fatto un film su Lamborghini che non si sa ancora se uscirà mai… Hanno avuto problemi di produzione ma io il film l’ho girato tutto ed è stata un’esperienza fantastica!

Quali sono le difficoltà maggiori che hai riscontrato recitando, data la situazione attuale, e come vedi proiettato nel futuro prossimo il cinema in generale.
Credo che per un attore sia difficile interpretare qualcosa di piatto, qualcosa che non dice nulla, qualcosa che non ha un corpo, questo è difficile. Perché un attore in verità se è guidato bene da un bravo regista e da una sceneggiatura che funziona deve fare ben poco. Cioè, non sto sminuendo il mio lavoro, ma sto solo dicendo che la mia difficoltà è cercare di essere credibile quando a volte è impossibile. Tutto qui. Il futuro del cinema? Chi lo sa, per me il futuro del cinema lo ha già fatto Spielberg. Il resto non mi interessa, ah ah.

Una domanda tecnica. Quale sentimento provi quando giri una scena o se hai mai avuto difficoltà nel girarne alcune.
Le scene più complicate da realizzare sono quelle dove i sentimenti personali s’intromettono nella dinamica del personaggio e della vita della scena. Ad esempio le scene sentimentali, d’amore se vogliamo. Uno da fuori pensa sia tutto divertente e simpatico… ma la verità è che mettere in gioco quello che provi non è mai banale. Perché io ci tengo a sottolineare che il mio lavoro non è la mia vita, come tutti d’altronde… però nel caso del mio lavoro è molto complicato. Interiormente dico, non è facile staccare la testa dal set. Comunque le scene più semplici sono quelle più difficili… quando si eccede o si esagera o si fa qualcosa di fuori dalle righe è sempre tutto facile… quando invece si fa qualcosa di delicato tutto diventa estremamente complicato (e che rima! Ah ah).

Cosa farai da grande?
La gente non fa altro che dirmi che sono un vecchio. Boh, mi sento un po’ Benjamin Button, credo che da giovane farò più o meno quello che sto facendo ora. E se qualcosa dovesse andare storto allora riaprirò il mio club e mi dedicherò esclusivamente a quello. Nella vita la cosa bella e stare bene, o almeno provarci. Stare con gli altri, non soffermarci troppi su noi stessi… e non è facile. Io parto dal punto che siamo estremamente fortunati, quindi non dobbiamo permetterci di sprecare le nostre vite. Dobbiamo fare qualcosa che possa essere utile a qualcuno. Mah, chissà, me lo auguro!

Intervista : Alessandro Corona
Foto : Roberta Bruno

About the author

Alessandro Ettore Corona

Alessandro Corona nasce a Bassano del Grappa (VI) nel ’57. Dopo aver vissuto in varie zone del Veneto, si trasferisce a Bologna negli anni’70, seguendo tutto il movimento artistico di quel periodo; dai fumetti di A. Pazienza e N. Corona, alla musica rock britannica e americana, a quella elettronica di stampo tedesco, al cinema d’avanguardia tedesco e francese, per approdare poi alla scoperta della fotografia internazionale seguendo corsi di approfondimento e di ricerca.

Scatto per non perdere l’attimo.
Esistono delle cose dentro ognuno di noi, che vanno messe a fuoco.
Esistono cose che ci circondano e che non vanno mai perse, attimi che possono cambiare il nostro futuro; ognuno di noi ha un’anima interiore che ci spinge verso quello che più ci piace o ci interessa.
Io uso la macchina fotografica come un prolungamento del mio braccio, la ritengo un contenitore enorme per catturare tutti quei momenti che mi appartengono.
Passato e futuro si uniscono fondendosi insieme e per caratterizzare l’anima degli scatti creo una “sensazione di fatica” nella ricerca dell’immagine mettendo in condizione l’osservatore, di ragionare e scoprire sé stesso dentro l’immagine.
Trovo interessante scattare senza pensare esattamente a quello che faccio; quando scatto il mio cuore muove un’emozione diversa, sento che la mia mente si unisce con estrema facilità al pulsante di scatto della mia macchina, non esito a cercare quel momento, non tardo un solo secondo per scattare senza riflettere.
Il mio mondo fotografico è principalmente in bianco e nero, il colore non lo vedo quasi più, la trasformazione cromatica è immediata.
Non esito: vedo e scatto!
La riflessione per quello scatto, si trova in mezzo tra il vedere e lo scattare senza esitare sul risultato finale, senza perdere tempo in quel momento.
Diventa immediato per me capire se quello che vedo e che intendo scattare può essere perfetto,
non trovo difficile esprimere quello che voglio, la macchina fotografica sono io.
Ogni scatto, ogni momento, ha qualche cosa di magico, so che posso trasmettere una riflessione quindi scatto senza cercare la perfezione estetica perché nella fotografia la foto perfetta non esiste, esiste solo la propria foto.
Works:
Fotografo e grafico: Mantra Informatico (cover CD), Elicoide (cover LP)
Fotografo ufficiale: Star for one day (Facebook). Artisti Loto (Facebook)
Fotografo ufficiale: Bowie Dreams, Immigrant Songs, Roynoir, Le Sciance, Miss Pineda.
Shooting: Federico Poggipollini, Roynoir, Heide Holton, Chiara Mogavedo, Gianni Venturi, Double Power big band, Progetto ELLE, Star for one day, Calicò Vintage.
Radio: Conduttore su LookUp radio di un contenitore artistico, con la presenza di artisti.
Fotografo ufficiale: John Wesley Hardyn (Bo), Reelin’and Rocking’ (Bo), Fantateatro (Bo), Nero Factory (Bo), Valsamoggia Jazz club (Bazzano), Friday Night blues (Bo), Voice club (Bo), Stones (Vignola), il Torrione (Fe), L’officina del gusto (Bo), Anzola jazz, Castelfranco Emilia blues, Bubano blues, Mercatino verde del mondo (Bo), L’Altro Spazio (Bo), Ramona D’Agui, Teatro del Pratello (Bo), P.I.P.P.U Domenico Lannutti, Insegui L’Arte (Badolato CZ), Artedate (Mi), Paratissima Expo (To), Teatro Nuovo e club Giovane Italia(Pr), Teatro Comunale e Dehon (Bo), Teatro delle Passioni (Mo).

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