Recensioni

ROCK STORY # 15 HOTEL CALIFORNIA (BY EAGLES)

Scritto da Marco Restelli

Un viaggio tra i versi oscuri di Hotel California, che ci svelano tante cose

Nella storia del Rock uno dei gruppi che ha avuto più successo sono certamente gli Eagles che nel 1976 pubblicarono quello che, quantomeno dal pubblico, è considerato il punto d’arrivo della loro carriera: Hotel California. Il successo di quell’album, per i critici dai palati fini considerato artisticamente inferiore a Desperado, è dovuto molto alla bellezza melodica della title track il cui testo rappresenta una minisceneggiatura in musica. La storia che racconta è apparentemente piuttosto semplice, ma come vedremo racchiude una chiave di lettura molto più ampia, basata sull’uso dell’allegoria.
Nei primi versi un uomo ricorda che stava viaggiando di sera nel deserto e la stanchezza lo stava assalendo. Il vento e vari profumi inondano quindi la scena e in lontananza ecco che delle luci scintillanti si intravedono e così decide di fermarsi per la notte.

On a dark desert highway, cool wind in my hair
Warm smell of colitas, rising up through the air
Up ahead in the distance, I saw a shimmering light
My head grew heavy and my sight grew dim
I had to stop for the night.

Una donna misteriosa lo attende all’entrata per accompagnarlo dentro e ad un tratto è come se il protagonista avverta il pericolo di qualcosa, ma non capisce ancora di cosa si tratti. Nei corridoi sente delle voci che sembrano dargli il benvenuto all’Hotel California: “un posto fantastico…pieno di camere ed aperto tutto l’anno”.

There she stood in the doorway;
I heard the mission bell
And I was thinking to myself
‘This could be heaven or this could be Hell’
Then she lit up a candle and she showed me the way
There were voices down the corridor,
I thought I heard them say
Welcome to the Hotel California
Such a lovely place (such a lovely place)
Such a lovely face.
Plenty of room at the Hotel California
Any time of year you can find it here

La donna in questione ostenta ricchezza, contornata da bei ragazzi adulatori e nel cortile dell’albergo c’è sempre qualcuno che balla, per dimenticare o forse per ricordare qualcosa, e quando lui chiama il capo della festa per portargli del vino (simbolo della condivisione della gioia) la sorpresa è che non ce n’è più dal 1969. Le voci che sentiva all’inizio continuano a cantare tutta la notte dando il benvenuto a tutti i nuovi arrivati, l’hotel è quindi sempre aperto 24 ore su 24, senza interruzione alcuna.

Her mind is Tiffany-twisted, she got the Mercedes bends
She got a lot of pretty, pretty boys, that she calls friends
How they dance in the courtyard, sweet summer sweat
Some dance to remember, some dance to forget
So I called up the Captain,
‘Please bring me my wine’
He said, ‘we haven’t had that spirit here since nineteen sixty-nine’
And still those voices are calling from far away,
Wake you up in the middle of the night
Just to hear them say”
Welcome to the Hotel California
Such a lovely place (such a lovely place)
Such a lovely face.
They livin’ it up at the Hotel California
What a nice surprise (what a nice surprise), bring your alibis

Ecco che le immagini diventano ancora più strane, come fossero il frutto di un incubo: il lusso regna sovrano e la donna rivela che in realtà tutti gli ospiti sono prigionieri di loro stessi e si radunano per la festa. Ma quello che nessuno riesce a “uccidere” è la bestia (verosimilmente quella che ognuno ha dentro e che lo divora).

Mirrors on the ceiling, The pink champagne on ice
And she said, ‘we are all just prisoners here, of our own device’
And in the master’s chambers,
They gathered for the feast
They stab it with their steely knives,
But they just can’t kill the beast

Il finale è emblematico: quando lui cerca di scappare via per cercare un passaggio per tornarsene a casa viene subito bloccato “dall’Uomo della notte” che gli svela come stanno realmente le cose: anche se si paga per lasciare la propria camera l’Hotel California non permette a nessuno di quelli che sono entrati, attratti da tutta quell’ipocrita apparenza, di andarsene realmente.

Last thing I remember, I was
Running for the door
I had to find the passage back to the place I was before
‘Relax’ said the night man,
‘We are programmed to receive.
You can check out any time you like,
But you can’t never leave!’

Don Henley e compagni hanno più volte spiegato che con questo pezzo volevano descrivere quello che stava succedendo alle loro vite e alla società alla fine degli anni 70. In particolare, il successo e l’abuso di stupefacenti stava rovinando quanto di bello gli era accaduto, trasformando il loro paradiso in un inferno. Rileggendo il testo con questa chiave di lettura ogni passaggio in qualche modo ermetico diventa più chiaro svelando che l’Hotel California rappresenta in realtà la dipendenza dalla droga che all’inizio attrae, ma poi progressivamente si rivela per quello che è, vale a dire una prigione dalla quale è praticamente impossibile uscire.
Per noi di SOund36 resterà una delle più belle ballate rock di sempre per la quale valeva la pena farvi “viaggiare” attraverso i suoi versi così oscuri, ma altrettanto affascinanti.

About the author

Marco Restelli

Originario di Latina, ma trapiantato ormai stabilmente a Bruxelles. Collaboro con diversi siti musicali. Collezionista di dischi dai primi anni '80, ascolto praticamente ogni tipo di musica, distinguendo solo quella che mi emoziona da tutto il resto.
In progetto: l'attività di promoter di eventi live di artisti emergenti nel Benelux. Sono orgogliosamente cattolico, ma ritengo che la tolleranza sia alla base delle relazioni umane. Se dovessi salvare un solo disco, fra i miei 3500, sceglierei "Older" di George Michael. La mia più grande passione, oltre alla musica: la mia famiglia e i miei tre bambini.

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