Interviste

Renzo Vitale – Intervista

Scritto da Annalisa Nicastro

E’ sempre bello scoprire che in giro per il Mondo ci siano persone creative e appassionate di quello che fanno, è questo il caso di Renzo Vitale, un giovane pianista straordinario per molte cose. Leggete l’intervista che gli abbiamo fatto e capirete quanta creatività, talento e passione mette nelle cose che fa, anzi che compone!

Oltre ad essere un pianista sei anche compositore e ingegnere acustico, come avviene per te il processo creativo musicale? Come si combinano nella tua musica l’Arte e la Tecnica?
Il mio processo creativo nasce da un istinto senza appartenenza che si muove liberamente sia nel dominio artistico sia in quello scientifico. Quando affronto una nuova composizione, è in genere la componente emozionale a tracciare le traiettorie, sebbene accada spesso che l’evoluzione dell’opera possa essere controllata da processi puramente scientifici. Talvolta è invece l’osservazione di un’istanza scientifica ad innescare la generazione di un nuovo brano. Arte e Scienza sono dunque per me due domini ambivalenti e interagenti, non mutuamente esclusivi, che muovono la mia musica.

Il tuo primo album per piano solo ha come titolo ZeroSpace, che rapporto c’è nella tua musica tra spazio e tempo?
Lo spazio è la dimensione scenica dell’esperienza sensoriale e dei pensieri immaginari, il tempo è l’intervallo sensibile (per me arbitrariamente definibile) in cui l’osservazione dello spazio si compie.
Direi pertanto che la musica, che definisco come una comunione estatica tra la trascendenza e il silenzio, nasce nello spazio e si manifesta nel tempo.
Con il termine “Zerospace” descrivo invece un luogo specifico dello spazio umano, vale a dire quello che contiene il DNA comportamentale ed emozionale e che racchiude l’istinto, il subconscio e l’intuizione di ogni individuo, cioè la sua essenza.

C’è un filo rosso che lega tutte le composizioni del tuo album?
Sul rosso nessun dubbio, ma è qualcosa di più di un filo: è un groviglio di entità, concetti, esperienze, presenze fisiche, reali e astratte, che si rincorrono, a tratti si raggiungono, in altri si disperdono per poi disgregarsi e dissolversi. Esistono diversi livelli di lettura del mio Album perché esistono diversi livelli costitutivi coinvolti nella fase compositiva, tutti originati dal concetto di Zerospace. Non amo descrivere nel dettaglio la geometria dei miei percorsi, perché amo lasciare all’ascoltatore sia il piacere della scoperta sia quello della creazione di nuovi livelli interpretativi ai quali io stesso potrei non aver pensato. In ogni modo, i titoli dei brani forniscono dei punti di raccordo e degli indizi preziosi per accedere a ciascuno dei livelli.

Vivi a New York e hai deciso di registrare ZeroSpace proprio lì, che studio hai scelto?
Ho visitato cinque diversi studi di registrazione prima di decidere, alla fine ho scelto uno studio simbolo di New York, tra i più famosi in assoluto, cioè Avatar Studios. La scelta è nata sia dalla ricerca di una qualità tecnica e acustica eccellente, sia dalla storia che raccontano le tre sale di registrazione, luoghi in cui hanno inciso alcuni dei miei musicisti preferiti, tra cui Keith Jarrett, Brad Mehldau, Meredith Monk e i Dream Theater. Il mastering è poi avvenuto presso i Sony Battery Studios.

Ho visto che la tua musica è stata utilizzata anche per performance visuali, ci parli di questo aspetto?

Tutto ha avuto inizio dalla visione dello spettacolo “Vollmond” di Pina Bausch, dopo il quale il movimento del corpo, e per estensione delle immagini, è diventato per me un elemento d’ispirazione e di confronto imprescindibile. Da allora ho iniziato diverse collaborazioni con artisti e coreografi con cui ho potuto realizzare dei lavori di ampio respiro. Tra gli altri, mi piace ricordare l’istallazione performativa “Tell me your secret” esposta a New York City lo scorso anno (per la quale ho scritto una composizione originale di quattro ore) e la nuova opera di Tanztheater “Sturm” per il Das Da Theater, per la quale sto scrivendo tutte le musiche, che andrà in scena in Germania a luglio 2013.

Annalisa Nicastro

About the author

Annalisa Nicastro

Mi riconosco molto nella definizione di “anarchica disciplinata” che qualcuno mi ha suggerito, un’anarchica disciplinata che crede nel valore delle parole. Credo, sempre e ancora, che un pezzetto di carta possa creare effettivamente un (nuovo) Mondo. Tra le esperienze lavorative che porterò sempre con me ci sono il mio lavoro di corrispondente per l’ANSA di Berlino e le mie collaborazioni con Leggere: Tutti e Ulisse di Alitalia.
Mi piacciono le piccole cose e le persone che fanno queste piccole cose con amore e passione. E in ultimo vorrei dire che mica sono matta, ma solo pazza. Pazza di gioia.

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