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Quatsch (Sognati dal Futuro)Anno 1 N. 7

Scritto da Stefania Pucci

E noi? E voi? Quanti attimi avete fatto passare? Quante volte vi siete voltati dall’altra parte stringendo le labbra? Per la paura dell’ignoto, per il terrore delle infinite possibilità che si aprivano, per non cambiare, per non diventare quello che avreste voluto essere

In eterno mutamento

Carpe Diem. Cogli l’attimo, una di quelle locuzioni celebri che tutti noi ricordiamo, che tutti noi abbiamo scritto almeno una volta su un diario scolastico, che tutti abbiamo pensato incoraggiandoci l’attimo prima di tuffarci su quelle labbra che tanto desideravamo.
Carpe Diem, l’esaltazione dell’attimo, è anche la massima che ha guidato Henry Cartier-Bresson, il noto fotografo, durante tutto l’arco della sua carriera.
Cartier-Bresson, nato in Francia nel 1908, fondatore, insieme a Robert Capa e David Seymour dell’Agenzia Magnum, era un profondissimo esteta e estimatore della capacità del mezzo fotografico di immortalare attimi altrimenti perduti. Nato fotograficamente in un’epoca in cui la fotografia non era considerata arte ma una mera imitazione della pittura, in cui lo scatto fotografico volutamente sfocato cercava di imitare il suo alter-ego pittorico, Cartier-Bresson veniva irresistibilmente attratto dalla possibilità data al fotografo di isolare e conservare momenti altrimenti volatili e effimeri. Fra i mille istanti di cui ogni esperienza, ogni azione, ogni vita si compone è il fotografo, è la sua urgenza a immortalare e a narrare che ne rende immortale uno, il singolo elemento da quel momento simbolo e immagine di una sensazione, di un giorno, di una vita intera.
E noi? E voi? Quanti attimi avete fatto passare? Quante volte vi siete voltati dall’altra parte stringendo le labbra? Per la paura dell’ignoto, per il terrore delle infinite possibilità che si aprivano, per non cambiare, per non diventare quello che avreste voluto essere.
Scriveva Giorgio Agamben che la tirannia peggiore è quella del futuro, che orienta e condiziona tutte le nostre azioni. Inutile pensare al passato, che non può essere cambiato; del presente invece occorre occuparsi solo quel poco che serve a costruire un futuro. Ma pensare solo al futuro ci priva del presente, che è l’unica cosa che ci appartiene veramente.
Il segreto dell’esortazione di Orazio è tutta qui, in questo invito a riappropriarci di noi stessi, del nostro qui e ora: non tanto, e non più, vivere ogni attimo come se fosse l’ultimo, ma come se fosse il primo, riscoprendo noi stessi, l’universo e la vita che ci circonda in tutta la loro immensa bellezza. Non c’eravamo e non ci saremo; l’universo intorno a noi dispiega le sue ali e ci avvolge, enorme e incomprensibile, creando mondi e distruggendoli in attimi che sembrano eterni. Noi però intanto siamo qui, senza un perché, forse senza alcuna ragione, ma siamo vivi. Vivi e pronti a cogliere ogni istante, a godere ogni momento di quell’eterno e mutevole spettacolo che ci si para davanti agli occhi. È l’eterno movimento; ogni cosa cambia, in ogni istante, in ogni respiro, si annida il mutamento, la rivoluzione, il caos.
Josè Saramago una volta ha scritto “Arriva sempre un momento in cui non c’è altro da fare che rischiare.” Quel momento, che lo vogliate o no, è ora.

Editoriale di Stefania Pucci
Foto di Raffy Iavarone

Quatsch Anno 1 N. 7:

– “L’eco Je t’aime”, video di animazione di Caroline Freddi
“Gli Invisibili”, poesia dedicata ai braccianti agricoli di Red Sheep
“Horizon”, Lascia che la luce entri e i colori esplodano
, video di Kay Elle
 Ufo? No, UAP, Please. Lo dice anche Obama che sono una cosa seria, di Massimiliano Bellavista
 Hope, da New York arriva la cartolina di Sister Hobartina

About the author

Stefania Pucci

Ho un corpo. Una faccia, due gambe, due braccia, due seni. Ho della pelle, tanta, troppa pelle. Pelle che brucia sotto il dolore, pelle che si squarcia a ogni ferita. Ho delle ferite. Le mie scelte, le scelte di altri mi feriscono. Mi lascio graffiare e ferire. Perchè questo mi rende viva. Imparo dal sangue a scorrere, riverso nel sangue le mie paure. Sono una donna. Sono il mondo. Sono nulla. Sono tutto.

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