33 anni, milanese doc, un amore sconfinato per i cantautori italiani come De Gregori, Fossati, De Andrè, ma anche Bob Dylan e Bruce Springsteen, una laurea alla Statale di Milano in letteratura italiana proprio con una tesi sui luoghi reali e immaginari presenti nei testi di Francesco De Gregori, autore di canzoni per importanti case discografiche, conduttore radiofonico, scrittore, ma soprattutto cantautore, questa è solo una breve descrizione del vincitore dell’importante Premio Lunezia “Nuove Stelle” 2008, Niccolò Agliardi.
Il premio gli è stato conferito per il valore musical-letterario dell’album “Da casa a casa”, uscito a gennaio di quest’anno, pubblicato da Carosello Records e distribuito da Warner Music. Un importante riconoscimento riservato ogni anno a giovani artisti che rappresentano già un sicuro punto di riferimento nel panorama della canzone.
Come ci si sente dopo aver ricevuto un premio così prestigioso?
Sono molto contento. E’ il coronamento per anno importante iniziato nel migliore dei modi. Il Premio Lunezia è un premio speciale di cui vado fiero. Quando abbiamo iniziato a parlare del disco, insieme con il mio produttore, Simone Bortolotti, pensavamo di “strizzare l’occhio” alle radio, scrivendo brani di facile appeal sul pubblico… ma ci abbiamo riflettuto su e di comune accordo abbiamo deciso di fare un album “vero”, forse con brani meno orecchiabili ma che mi rappresentasse in pieno.
“Da casa a casa” il tuo nuovo album, ha ricevuto consensi da parte della critica e degli addetti ai lavori, ma per chi non l’avesse ancora ascoltato, cosa deve aspettarsi?
E’ un album schietto e sincero in cui ho tentato di raccontarmi in maniera limpida e autentica. In genere si ha l’idea che un cantautore debba necessariamente parlare di politica e di temi sociali, queste sono solo alcune delle tematiche che si possono affrontare, magari quelle che hanno reso famosi molti cantautori negli anni settanta… io ho preferito parlare di cose che conosco, di emozioni, stati d’animo che vivo sulla mia pelle, ma nei quali credo molti possano riconoscerci.
…Per chi si cerca per tutta la vita
perché si è sfiorato per pochi secondi.
Per l’umiltà costruita su piccoli sogni
in attesa di giorni più grandi…
(Una moneta nel mare)
…Se io sono degno di quello che speri.
Se un giorno, magari, hai bisogno di me…
Se posso sperare che scrivere serva a qualcosa
e se c’è un premio che vale davvero per quest’attesa.
(Da casa a casa)
…e vivere mentre si aspetta; chi aspetta vivendo sa sempre dov’è.
(La panchina)
Questi sono frammenti di alcune delle canzoni contenute nell’album, ai quali potremmo aggiungere ancora, “Aspetto una domanda” una canzone che racconta la difficoltà di comunicare tra un padre e un figlio, oppure “Non ci aspettiamo più” sulle ragioni che portano alla fine di una storia. Sembra piuttosto evidente come l’attesa rappresenti il filo conduttore dell’album…
Le canzoni che compongono l’album sono “nate” in periodi diversi, anche distanti cronologicamente. Quando alla fine le ho messe tutte insieme, mi sono accorto della comunanza … questo per dire che non era per nulla ricercata o studiata a tavolino. Tutte le canzoni sono ispirate al mio vissuto, e l’attesa è una condizione che mi da molto da riflettere. La cosa che ci tengo a rilevare è come, il più delle volte, l’attesa per noi è una condizione non scelta ma subita. Nelle canzoni che compongono l’album invece, ho tentato di rendere l’attesa viva, attiva, non subita e passiva. Nel brano “La panchina” è molto chiaro quello che cerco di spiegare. Io sono lì in attesa che il treno passi, ovviamente è in senso metaforico… e mentre sono lì in attesa, cerco di arredare la stanza… in pratica, se devo aspettare, almeno lo faccio come mi pare! Non vivo quella condizione in maniera passiva, mentre intanto la vita passa. E’ un modo più consapevole di passare il proprio tempo.
Fino a ora il tuo talento si è prevalentemente espresso in maniera indiretta, attraverso brani che hai scritto per altri cantanti. Ti piace il lavoro di autore o è solo un “ripiego” in attesa di poter salire sul palcoscenico
Posso dirti con estrema onestà che non ho nessuna bramosia di calcare le scene, ma ho la necessità di dire delle cose con la mia voce. Quando sono entrato in questo mondo i miei pezzi, mi sono serviti per farmi conoscere dalle varie case discografiche, che hanno riconosciuto le mie qualità artistiche e mi hanno chiesto di scrivere canzoni per altri interpreti. Allo stesso modo, lavorare in questo ambiente mi ha permesso di poter a un certo punto poter incidere dei brani che sentivo miei e basta. Sono tra l’altro due lavori molto diversi tra loro. Come autore devo comporre un brano per un altro interprete, per cui devo tener conto di chi la canterà, devo entrare nel suo mondo e cercare di capire di cosa vuole parlare e come lo farebbe. Come cantautore, invece, seguo un bisogno reale e preciso, un’urgenza di poter esprimere delle sensazioni che provo.
Ci racconti come nasce una canzone? Parte da un’idea, da un’immagine, da un fatto che ti accade e del quale senti il bisogno di scrivere…
Le mie canzoni nascono sempre da un bisogno, da una serata, da un libro che ho letto, da un’intuizione e ovviamente dalla voglia di raccontarla. Quindi c’è la musica, che deve essere paritetica con le parole, devono avere la stessa valenza, anche se poi all’ascolto ti può colpire più la musica o maggiormente il testo…. Mi sto esercitando molto in questo senso, non è facile per chi nasce paroliere trovare il modo di dare la stessa importanza, dal punto di vista della composizione, alla musica, ma è fondamentale riuscirci anche perché spesso è la musica che arriva per prima, e quindi veicola, le parole. Per fortuna sono circondato da valenti musicisti che mi aiutano molto in questo percorso.
E’ uscito da poco anche il tuo primo romanzo – Ma la vita è un’altra cosa – edito da Mondadori e scritto a quattro mani con Alessandro Cattelan (Vj di MTV), tuo grande amico.
E’ da molto che Alessandro ed io sognavamo di scrivere un libro insieme, ma scrivere della nostra amicizia ci sembrava egocentrico e non originale, dovevamo quindi trovare un’idea. E l’idea è arrivata nel periodo che conducevo un programma radiofonico sulle canzoni d’autore. Ero lì che ascoltavo Sally di Vasco Rossi e mi chiedevo se esistesse realmente una Sally, che cosa faceva nella vita e cosa pensava quando ascoltava la canzone a lei dedicata. Ed ecco quindi “Ma la vita è un’altra cosa”, dove due amici si mettono in viaggio alla ricerca dei personaggi delle canzoni. Un viaggio “fantasioso” alla ricerca dei vari Chicco e Spillo di Samuele Bersani, Sally di Vasco Rossi, di Anna e Marco di Dalla, e di tanti altri protagonisti delle canzoni italiane. Ma ovviamente alla base della storia c’è questa amicizia che lega i due.
Non ritieni che il fascino dei protagonisti di una canzone, piuttosto che dei romanzi, anche se immaginari, consiste proprio nel non sapere altro di loro, se non quello che l’autore ci vuole far sapere, alimentando così la nostra fantasia e indubbiamente il loro fascino…
Sicuramente sì, infatti, il libro è solo frutto della nostra fantasia, non siamo andati da Samuele Bersani o Vasco Rossi a chiedere chi fossero realmente i vari protagonisti delle loro canzoni o se fossero solo dei personaggi inventati… in questo modo l’alone di magia che li riveste non ne è intaccato.
Come è stato cimentarsi con un genere di scrittura diverso da quello di una canzone?
Più semplice del previsto. Quando scrivi un romanzo o un racconto, non hai i vincoli della musica, dello spazio, della metrica. E un lavoro di pancia, fatto molto sull’onda delle sensazioni, in maniera divertente. Tra l’altro molti di coloro che hanno già letto il libro mi hanno confermato questa spontaneità. É un libro che si lascia leggere. Non so, se ripeterò l’esperienza, sicuramente sarebbe fondamentale avere l’idea giusta.
Ho letto che al libro seguirà un film, è vero? Scriverai tu la colonna sonora?
E’ vero. Hanno acquistato i diritti del libro. Sicuramente se il film si farà ci saranno i brani a cui ci siamo ispirati, autori permettendo… e spero almeno di poter scrivere il brano dei titoli di coda…
Quanto c’è dell’album, “Da casa a casa” nel libro?
C’è molto, perché ci sono io. Ci sono proprio degli stralci delle canzoni dell’album, ovviamente inserite nel testo. Così come c’è molto del libro anche nelle canzoni dell’album.
Progetti futuri?
Riuscire a mantenere un buon equilibrio tra le cose che sto facendo. Trovare nuove idee dalle quali tranne ispirazione…
…e goderti il momento, aggiungerei io!!
www.myspace.com/niccoloagliardi.it
Si ringrazia Veronica Corno di Parole e Dintorni per la collaborazione.