La crescente attenzione verso movimenti un tempo di nicchia come EDM, Drum&Bass e Dubstep ha ultimamente portato artisti appartenenti a differenti emisferi musicali ad avvicinarvisi, in cerca di pretenziose e rischiosamente trasversali rivitalizzazioni sonore. E sebbene non sempre queste si rivelino scelte felici e fruttuose, è senz’altro lodevole la volontà di ampliare il proprio repertorio approcciando queste nuove e vigorose subculture che più tanto subculture ormai non sono. Tale aspirazione collima con l’obiettivo di Desperate Days Of Dynamite, ultimo album della danese-zambiana Lucy Love, ambiziosamente combinante elementi hip-hop, dance, grime e dubstep.
Un lavoro il cui esser miscellaneo si combina perfettamente con il vissuto di Lucy, divisa tra i natali in Zambia e la crescita in Danimarca. A queste due mete va di diritto aggiunto il Regno Unito, perché è verso là che Lucy sembra guardare, artisticamente parlando, per buona parte di DDOD. L’album, prodotto nella sua interezza da Yo Akim, palesa per lunghi tratti la predilezione per synth e percussioni tonanti, annesse a classici break Drum&Bass. È il caso di tracce come “Colours” e “No Scream & Shout”, ritmicamente muscolari, ma anche di “Getting Loud”, dove Lucy accantona il suo consueto rap per un soffice cantato, adagiato su archi e melodie di piano più dense e miti.
L’impalcatura sonora del progetto è perlopiù elettronica, dai ritmi vividi ed energici, e dà a Lucy spazio per sperimentare, alternando come già detto rap ad exploit canori di vario tipo, suonando a proprio agio in entrambe le dimensioni. Il pulsante beat di “Powerless”, ad esempio, le dà modo di abbinare rime convincenti e proposte con personalità ad un inciso elegante e aggraziato; analoga la performance di “Lay Low”, in cui l’approccio nella parte rappata ricorda, per cadenze e resa d’insieme, quello dell’interprete femminile globalmente più apprezzata di questi tempi, ossia Nicki Minaj. In particolar modo, la strumentale di quest’ultima traccia presenta fortissime contaminazioni Grime, dall’alto della sua totale sinteticità e del suo ritmo visceralmente pesante ma altamente orecchiabile.
A tratti l’eccessiva plasticità nei suoni può però rendere faticoso l’ascolto, portando pericolosamente verso i binari del disinteresse chi si affaccia a un progetto del genere per la prima volta . Qualche excursus sonoro in più avrebbe indubbiamente giovato all’album piuttosto che proporre qualche traccia dal sapore di filler (“Surrender” e “V”), a maggior ragione visto come il disco stesso abbia giovato di estratti come “Prison” e “Take Me Back”, dal forte sapore dance anni ’90 e dal ritmo coinvolgente, facilmente identificabili come due dei più brillanti quanto inattesi momenti di DDOD.
Non si tratta di un debutto per Lucy Love, che vanta già altri due album alle spalle; eppure è un album i cui connotati sanno tanto di primo passo, nel bene (vivacità ed energia) e nel male (sporadici momenti di scarsa ispirazione e tracklist troppo ristretta). Il suo progressivo affacciarsi e rendersi nota alla scena europea dirà se questo (non) primo e positivo passo fatto con DDOD avrà ulteriori sviluppi. Sviluppi che comunque, dato il suo ibridismo musicale fuori dal comune, andrebbero seguiti più che attentamente.
Patrizio Corda
“Prison”
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=sit1IAO_Uy8[/youtube]
“Take Me Back”
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=coCf6OX2ysQ[/youtube]
Lucy Love
Desperate Days Of Dynamite
Tipo: Album
Label: Super Billion Records
Tracce: 10