Interviste

Luca Balboni, Intervista

“La mia carriera inizia nel 1979….” comincia da qui l’intrevista di Luca Balboni

Luca Balboni viene considerato dalla stampa R’n’R’ nazionale e internazionale, uno dei più prolifici chitarristi italiani del genere. Luca ti va se iniziamo dal 1979?
Io non mi ritengo un grande, penso di essere un appassionato, che ha scoperto nel 1977 Elvis e il rock’n’roll e che da allora ha deciso di voler suonare e soprattutto cantare questo genere con amore e buttandoci il cuore senza accettare alcun tipo di compromesso.
Considera che quando ho cominciato io prima con una breve parentesi coi “Crazy Rebels” poi con “Rockin’ Eddie and his friends” era un genere completamente dimenticato, in tutta la regione eravamo 6/7 appassionati però a me piaceva e sono sempre andato avanti per la mia strada.
Ho fatto tutta la mia gavetta che è servita a formarmi suonando inizialmente a tutte le feste dell’unità di quartiere dove regolarmente arrivava quello che ti chiedeva: “Ma non sapete suonare una mazurka?” e tu imparavi a fare un sorriso e andavi avanti per la tua strada.
L’attività live è stata comunque molto intensa quando poi nei primi anni ’80 arrivarono gli Stray Cats che crearono una robusta generazione di appassionati le cose andarono ancora meglio. Nel 1985 passati gli obblighi di naja fondai i Jumpin’ Shoes inizialmente un rockabilly trio poi negli anni pur mantenendo sempre lo stesso nome band camaleontica che si modificava in base alle mie passioni. In questa band sono passati negli anni più di 40 musicisti, alcuni sono stati svezzati proprio qui ed è stata comunque una grande palestra per tutti.
Abbiamo suonato in tanti festival italiani e internazionali, abbiamo avuto l’onore di accompagnare in maniera esemplare artisti americani e inglesi che fino a quel momento avevamo visto solo nei dischi e ci siamo tolti enormi soddisfazioni. In ambito puro rock’n’roll la formazione più efficace è stata quella che oltre a me vedeva il compianto Alan King al sax, Piero “Perry” Balleggi al piano, Stelio “Lucky” Lacchini al contrabbasso e Fabrizio “Fabrais” Casadei alla batteria. Quando nel 1995 queste avventure ha avuto fine i Jumpin’ Shoes hanno avuto l’ennesima evoluzione e sono diventati una band di 8 elementi vestiti in doppio petto che suonavano swing/jump blues. È stata un’esperienza impegnativa ma bellissima, io avevo poco alla volta abbandonato la chitarra per dedicarmi al canto con la libertà di muovermi e concentrarmi su questo.
Sono stati anni in cui abbiamo lavorato tanto sdoganando questo genere anche nei festival e locali Jazz dove il pubblico si ritrovava con una musica più “potabile” che comunque si manteneva stilisticamente vicino alle sue passioni. Nel 2002 ho abbandonato i Jumpin’ Shoes e da li ho lavorato con varie formazioni più o meno grosse sempre sullo stesso genere fra cui “Jackpot”, “Mokambo Orchestra”, “Continental Kings”, ecc. e ho anche ripreso a fare rock’n’roll con formazioni trio e quartetto fra cui “Broken Hearts” e “Dynamite Trio”.

Anche tu nel 2017 hai fatto parte del mitico “John Wesley Hardin”. Allora andasti a suonare con i “Dynamite trio”, un trio giovanissimo. La tua presenza scenica mi è sempre piaciuta perché hai un modo “internazionale con eleganza italiana” di cantare e di esprimerti raccontando la storia del nostro bel paese!
Ti ringrazio perché è un bel complimento, vuol dire che sono riuscito a comunicarti quello che sono. Io ho sempre cercato di dare il meglio in qualunque situazione, perché il pubblico è composto da gente che quella sera è uscita da casa per venire ad ascoltare te, quindi merita grande rispetto.

Ma ritorniamo alle tue origini; se Fred Buscaglione e Tony Bennet apparivano nelle televisioni e nelle radio, tu giravi mezzo mondo per far ascoltare la tua band: i Jumpin Shose!! Mica una cosa da poco!!
Vero. Coi Jumpin’ Shoes del periodo 1998/2002 eseguivo un repertorio che comprendeva gli eroi della mia infanzia. Io nasco appassionato di Jazz, a 12 anni andavo nei negozi a comprare i dischi di Fats Waller, Jelly Roll Morton e Artie Shaw quindi è stato per me facile mescolarli ai crooners che ho cominciato ad amare qualche anno dopo, aggiungendo un pizzico di italianità con Fred Buscaglione e di italo/american style con i brani di Louis Prima.

Nel 1995 hai modificato i Jumpin Shose in una band di ben 8 elementi! Quale è stato il motivo per allargare cosi la tua band originale? Un’esigenza personale o di rapporto con il pubblico?
È stata un’evoluzione naturale. Ero arrivato al punto in cui le mie capacità personali mi permettevano di fare questo, di approcciarmi con un genere che amavo fin dalla mia infanzia. È stato un grande lavoro, perché la scelta del repertorio e la realizzazione degli arrangiamenti erano per ovvi motivi a mio carico il che mi ha fatto crescere molto e mi ha dato la possibilità per l’ennesima volta di modellare la band intorno alle mie idee.

Hai partecipato a trasmissioni televisive importanti, hai partecipato a festival nazionali e internazionali come il Summer Jamboree e Brean Sands. Una domanda mi viene spontanea: ma per te quanto è importante diffondere il R’n’R’ nel mondo?
Io non mi ritengo un santone del rock’n’roll o dello swing, sono semplicemente un grande appassionato che ha sempre cercato di dare il meglio di stesso suonando in maniera onesta e genuina la musica che mi usciva dal cuore e non c’è nulla di più bello che condividerla con tutto il mondo

Quale cantante o chitarrista hai come riferimento?
Nella musica ci sono alcuni cantanti che hanno ricevuto un dono e che sono stati in grado di viaggiare due spanne sopra tutti gli altri e in questo pacchetto annovero Elvis Presley, Frank Sinatra e Ray Charles.
Poi nell’ambito del rock’n’roll anche Gene Vincent e Eddie Cochran sono stati per me grandi maestri mentre nello swing/jump blues Tony Bennet e Louis Prima sono stati altrettanto fonte di grande ispirazione. Chitarristicamente nell’ambito rock’n’roll quello per cui avevo perso la testa è stato Cliff Gallup chitarrista di Gene Vincent nel 1956, una tecnica e un sound eccezionali e oltre a lui Scotty Moore, chitarrista di Elvis dal 1954 al 1964. Nel jazz (pur avendo sempre evitato di suonarlo in pubblico) Herb Ellis, Kenny Burrel e Joe Pass, poi comunque ce ne sono tantissimi che adoro.

Leggendo la tuo biografia, mi accorgo che hai “messo in piedi” veramente un sacco di realtà! Mi vien da dire che sei uno sperimentatore e un curiosone…
Pur non allontanandomi mai dal mio mondo musicale ho sempre cercato di portare sul palco quello che in quel momento più mi appassionava e soprattutto di circondarmi di musicisti che stimavo e che mi davano emozioni. Tutt’ora continuo a buttare giù idee, scrivere musica (cosa che mi piace tanto) a volte anche tanto materiale che chi mi conosce troverebbe strano. Da un po’ di tempo ho in mente di mettere insieme un po’ di miei brani inediti per creare un album (o qualcosa del genere) che nella mia testa dovrebbe chiamarsi “Ballads and other moods” (questa te la racconto in anteprima)

Nella tua lunga carriera sei stato anche direttore artistico vero? Ci racconti un po’ di curiosità o di aneddoti curiosi? So che ne hai diversi nel tuo baule musicale….
Il direttore artistico (parola molto grossa) l’ho fatto abbastanza sporadicamente, forse è più corretto dire che ho collaborato nell’organizzazione di alcuni eventi. Posso dire che è stato sempre impegnativo perché quando faccio qualcosa ci metto tutto me stesso senza guardare ore o fatica, poi di cose ne sono capitate tante. Ricordo quando un artista americano degli anni ’50 di cui per privacy non faccio il nome prima di salire sul palco mi disse:” Se mentre sto suonando crollo a terra prendi la pillola che c’è nel mio taschino e mettimela sotto la lingua, se vedi che non mi riprendo me ne dai un’altra e se vedi che comunque non mi riprendo chiama subito l’ambulanza”. Un’altra cosa che mi ha colpito è stato quando alla fine del concerto in cui avevo accompagnato Ray Campi (cantante/contrabbassista americano degli anni ’50) lui è venuto a scusarsi con me perché in un brano era involontariamente partito fuori tonalità…..questi sono esempi di umiltà che a tanti musicisti manca.

Quando ho visto le tue prime apparizioni live, mi è molto piaciuto vedere i ballerini in pista scatenarsi; ballerini internazionali che si muovono con una proprietà di pista, pazzesca…; E con il R’n’Rn si va a nozze…Si può dire che questo genere di musica è il più coinvolgente?
Sicuramente è un genere che annovera soprattutto nel mondo del ballo una folta schiera di appassionati che non si mettono problemi a fare chilometri per poter sfogare la loro voglia di muoversi e divertirsi

Le tue pubblicazioni discografiche non sono facili da reperire. Come mai? Sono sempre state piccole produzioni che purtroppo faticano a farsi strada nella distribuzione musicale.
Alcune sono state direttamente prodotte da noi o da piccoli produttori locali come il primo album “You Got A nice frame” o l’album che abbiamo registrato insieme a Charlie Gracie “Rockin’ Italy” dove una volta esaurite le copie stampate abbiamo preferito cederli all’etichetta specializzata olandese “Rockhouse Records” che ha provveduto a ristamparli in autonomia.

L’età passa ma l’amore per il R’n’R’ non passa… di moda. Ora ti chiamano come “Guest star” perché i musicisti hanno molto da imparare da te! Che ne pensi?
Tu sei troppo buono, io vado a suonare volentieri con tutti, mi piace condividere anche perché non provo invidia per nessuno, anzi più mi trovo con musicisti bravi più godo a stare sul palco. Ricordo per esempio una serata di qualche anno fa dove mi ritrovai a suonare a Bubano Blues con una formazione un po’ improvvisata composta da musicisti comunque esperti (David Falconi al piano, Mario Parisini al sax, Andrea Taravelli al basso e Fabio sorti alla batteria). Quella sera dopo qualche brano si è accesa una magia, era uscito di colpo un feeling, una libidine e una voglia di suonare insieme che ci ha inchiodati sul palco per due ore e mezza e che ha inchiodato il pubblico fino all’ultimo brano, compresa una lunga serie di bis. A fine concerto ci siamo abbracciati perché era stata una serata emozionante per tutti.

Il Covid 19 sta’ decimando l’Arte in generale, e la musica dal vivo è una di quelle. Un tuo pensiero per questo momento assai difficile.
Purtroppo il Covid sta uccidendo i sentimenti. Oltre a questo il blocco generale delle attività artistiche/musicali sta mettendo sul lastrico chi vive di quello. Qui ci sarebbe da aprire una grossa parentesi su questo tema perché chi ci governa non si è mai posto il problema di studiare un modo per gestire dal punto di vista fiscale tutte quelle medio/piccole realtà che si barcamenano fra piccoli concerti nei locali ed eventi “minori” in modo da farli uscire da un sommerso senza ucciderli economicamente.
Detto ciò purtroppo bisogna stringere i denti e andare avanti, io non posso fare altro che dare un abbraccio (virtuale) a tutti nella speranza che finisca tutto presto e si possa ritornare a vivere in maniera decente

Foto e intervista: Alessandro Corona

About the author

Alessandro Ettore Corona

Alessandro Corona nasce a Bassano del Grappa (VI) nel ’57. Dopo aver vissuto in varie zone del Veneto, si trasferisce a Bologna negli anni’70, seguendo tutto il movimento artistico di quel periodo; dai fumetti di A. Pazienza e N. Corona, alla musica rock britannica e americana, a quella elettronica di stampo tedesco, al cinema d’avanguardia tedesco e francese, per approdare poi alla scoperta della fotografia internazionale seguendo corsi di approfondimento e di ricerca.

Scatto per non perdere l’attimo.
Esistono delle cose dentro ognuno di noi, che vanno messe a fuoco.
Esistono cose che ci circondano e che non vanno mai perse, attimi che possono cambiare il nostro futuro; ognuno di noi ha un’anima interiore che ci spinge verso quello che più ci piace o ci interessa.
Io uso la macchina fotografica come un prolungamento del mio braccio, la ritengo un contenitore enorme per catturare tutti quei momenti che mi appartengono.
Passato e futuro si uniscono fondendosi insieme e per caratterizzare l’anima degli scatti creo una “sensazione di fatica” nella ricerca dell’immagine mettendo in condizione l’osservatore, di ragionare e scoprire sé stesso dentro l’immagine.
Trovo interessante scattare senza pensare esattamente a quello che faccio; quando scatto il mio cuore muove un’emozione diversa, sento che la mia mente si unisce con estrema facilità al pulsante di scatto della mia macchina, non esito a cercare quel momento, non tardo un solo secondo per scattare senza riflettere.
Il mio mondo fotografico è principalmente in bianco e nero, il colore non lo vedo quasi più, la trasformazione cromatica è immediata.
Non esito: vedo e scatto!
La riflessione per quello scatto, si trova in mezzo tra il vedere e lo scattare senza esitare sul risultato finale, senza perdere tempo in quel momento.
Diventa immediato per me capire se quello che vedo e che intendo scattare può essere perfetto,
non trovo difficile esprimere quello che voglio, la macchina fotografica sono io.
Ogni scatto, ogni momento, ha qualche cosa di magico, so che posso trasmettere una riflessione quindi scatto senza cercare la perfezione estetica perché nella fotografia la foto perfetta non esiste, esiste solo la propria foto.
Works:
Fotografo e grafico: Mantra Informatico (cover CD), Elicoide (cover LP)
Fotografo ufficiale: Star for one day (Facebook). Artisti Loto (Facebook)
Fotografo ufficiale: Bowie Dreams, Immigrant Songs, Roynoir, Le Sciance, Miss Pineda.
Shooting: Federico Poggipollini, Roynoir, Heide Holton, Chiara Mogavedo, Gianni Venturi, Double Power big band, Progetto ELLE, Star for one day, Calicò Vintage.
Radio: Conduttore su LookUp radio di un contenitore artistico, con la presenza di artisti.
Fotografo ufficiale: John Wesley Hardyn (Bo), Reelin’and Rocking’ (Bo), Fantateatro (Bo), Nero Factory (Bo), Valsamoggia Jazz club (Bazzano), Friday Night blues (Bo), Voice club (Bo), Stones (Vignola), il Torrione (Fe), L’officina del gusto (Bo), Anzola jazz, Castelfranco Emilia blues, Bubano blues, Mercatino verde del mondo (Bo), L’Altro Spazio (Bo), Ramona D’Agui, Teatro del Pratello (Bo), P.I.P.P.U Domenico Lannutti, Insegui L’Arte (Badolato CZ), Artedate (Mi), Paratissima Expo (To), Teatro Nuovo e club Giovane Italia(Pr), Teatro Comunale e Dehon (Bo), Teatro delle Passioni (Mo).

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