Il tuo primo disco s’intitola “Malato” e questo nuovo lavoro “Eremo”: credi che il “ritiro” dal groviglio del quotidiano sia una buona possibilità di riscattarsi e trovare pace?
Sì, assolutamente sì, ma non riesco a farlo spesso, in fondo molti di noi sanno che fa bene fermarsi, prendere una pausa, ascoltarsi, il problema è riuscire a farlo.
Nei tuoi testi affronti molto tematiche “urbane”. Quanto è stata d’ispirazione la città Eterna?
Ma, devo dire che credo che l’ispirazione sia la città, la periferia, le parti delle città marginali e non Roma in particolare. Non sono fanatico di Roma, anzi è una città che critico molto e non mi piace l’idea di parlare della mia città, ma di una città qualsiasi. Io ho delle strade, dei luoghi, dei quartieri ai quali mi sono riferito, ma spero sempre che non si capisca a quale luogo in particolare mi sto riferendo.
Puoi raccontarci il processo di composizione dei tuoi brani?
Parto dal contenuto, da un’idea principale, da cosa voglio dire. Scrivo il testo cercando di rispettare il messaggio che voglio comunicare, dividendolo tra strofe e ritornello. Poi lascio che il testo suoni così com’è e che dal testo e qualche accordo nasca una melodia. Poi inizio ad immaginare le parti degli strumenti.
Cosa conservi da musicista della tua formazione letteraria?
Una parte della letteratura che ho amato viene dai testi delle canzoni e mi ha formato. Poi io quando scrivo, quando penso a cosa scrivere vado a pescare un po’ ovunque e anche quello che ho letto e studiato fa parte della materia che utilizzo.
Se non avessi fatto il musicista, saresti…?
Ho avuto molte mansioni nella mia vita e ancora faccio anche altro, avrei dovuto fare il professore nei licei, avrei potuto provare la vita accademica, avrei potuto fare altri lavori, ma niente mi fa stare in pace come suonare. Mi sono arreso ormai, è così. Se non suonassi non sarei io.
foto Eliana Giaccheri