Da Soli Mai è un disco d’esordio con una maturità inusuale per un disco d’esordio. Viviana Strambelli, in arte Lamine, ci propone questa mappa emozionale dispiegata in otto tracce ampie a tal punto da spaziare attraverso una serie di spaccati intimi, personali, ma anche graffianti e metropolitani.
Le due chitarre intersecate l’una nell’altra di “Non E’ Tardi” fanno da spettatrici alla performance di una ragazza siciliana che dietro al microfono mostra un carisma capace di sgretolare i cristalli dell’inconscio. La dimensione onirica è esplorata alla perfezione in “Freud”, un brano plastico che tocca i tasti della malinconia e, nel mezzo, “San Lorenzo”, immolato sull’altare di una musica elettronica morbosa, ai confini con l’onnipresenza.
La camaleontica “Lamine” si camuffa da ballata sintetica, dando vita ad una netta scissione con la title track, decisamente più ritmata, giusto per smuovere le tranquille acque della monotonia. La pacatezza si scrosta definitivamente di dosso con le bordate di synth sferrate dalla lunga distanza da “Penna Bic”, facendole convergere in “Non Se Ne Va”, dove anche un’inedita tromba trova la sua corretta collocazione, e “Il Codice A Barre Di Me”, che, senza tergiversare ulteriormente, mette la parola fine a un album che ci atrofizza i muscoli, paralizzandoci finché non rimane che l’alone dell’ultima parola pronunciata da Viviana.
Non aspettatevi hit infuocate di mezza estate, Da Soli Mai è un gioiello inestimabile corollato da una sensibilità così flebile da incresparsi se trattata nel modo sbagliato. I guanti di velluto potete trovarli negli oscuri meandri della vostra anima.
Lamine – Da Soli Mai
Da Soli Mai è un gioiello inestimabile corollato da una sensibilità così flebile da incresparsi se trattata nel modo sbagliato