Interviste

Il Guardiano del faro: ritorno al futuro

Scritto da Lucia Castagna

Dopo 20 anni di silenzio, è tornato ancora con la sua musica, il suo pianoforte che sa dare sempre grandi emozioni. “Perché la musica deve arrivare al cuore, non come quella che oggi va di moda, tutta uguale, tutta scimmiottata”. E insieme alla musica, ci sono anche i suoi disegni, capricci in bianco e nero, come i tasti che lui continua a suonare con amore.

Una storia ricca di tante storie, quella di Federico Monti Arduini: nato in una famiglia borghese,ha studiato pianoforte fin da bambino, sotto la “guida artistica” di Herbert Von Karajan: “era amico di famiglia e quando veniva a dirigere a La Scala era ospite in casa nostra. Mi sentiva suonare e poi parlava con il mio maestro, gli dava indicazioni su quello che dovevo fare, gli esercizi, le note, le sonate, e forse non capivo ancora quanto fossero determinanti quei suoi insegnamenti nella mia formazione”.
Federico era innamorato del pianoforte, della musica, un amore che è durato per sempre. Da ragazzo ha fatto dei concerti, ma non amava il palcoscenico, preferiva stare dietro le quinte, forse anche per timidezza. Compositore, tastierista, arrangiatore, autore di programmi televisivi, è stato direttore della Ricordi e poi della Polydor, ha lanciato grandi artisti, ha composto per Gaber, Mina, Cinquetti, Berti, Santo & Johnny, Cliff Richard, Gino Vannelli… E’ stato il primo in Italia a scoprire il moog, quello strumento con cui ha inciso Il gabbiano infelice, dandogli una voce da solista, una personalizzazione, e non solo qualche nota di effetto come si faceva negli anni Ottanta. “Lo stesso signor Moog, per ringraziarmi di quanto avessi fatto in Italia per lanciarlo, mi invitò nel suo stabilimento in Canada, vicino alle cascate, un posto dove creava tutti gli strumenti Era una persona stupenda. Siamo stati a parlare una notte intera di musica, ed è stata un’esperienza indimenticabile”.

La tua grande passione è sempre stata il jazz, grandissimi pianisti tipo Bill Evans, Chick Corea, Dave Grusin, Bud Powell. Come sei arrivato al moog e a quel tuo debutto come Guardiano del faro?
Avevo un amico che faceva l’importatore di questo strumento, lo provai e mi innamorai subito di quel suono elettronico così particolare. Per testarlo ho cominciato a registrare qualcosa, e pezzo dopo pezzo è venuto fuori Il gabbiano infelice, l’album che mi ha dato subito un grande successo. Ma ero il direttore della Ricordi, e non potevo uscire con il mio nome, non sarebbe stato etico. Così pensai a un nome d’arte, mentre chissà perché mi tornavano in mente tanti momenti belli di quando ero ragazzo e con gli amici ci ritrovavamo a suonare la sera, con le chitarre, nella nostra casa all’ Argentario, proprio sopra a un faro disabitato. Il nome è arrivato così, e mi ha portato fortuna…”.

A quell’album ne sono seguiti tanti altri, soprattutto Amore grande, amore libero, un successo mondiale. Sempre senza troppe apparizioni in tv o stampa …
Non sono mai stato smanioso di apparire, non mi sono mai sentito un personaggio da interviste e copertine. Pure se tanti anni fa, quasi all’inizio del mio cammino nell’ambiente discografico, la RCA mi aveva fatto incidere un pezzo come cantante: era Il sereno e la tempesta, con arrangiamenti di Ennio Morricone. Ma non era la mia strada: io amo suonare, ho sempre fatto le cose senza pensare che sarebbero state un successo. Avevo bisogno di esprimermi e la musica per fortuna mi dava la possibilità di esternare. E ancora oggi sono stupito da tutto quello che mi è successo, e anche dal successo del mio ultimo disco, Il venditore di sogni, dopo 20 anni di silenzio.

Perché questo silenzio così lungo?
Non mi piaceva inseguire il successo, e ho composto, prodotto artisti, ho fatto altre cose, ma mai da protagonista. Poi a un certo punto ho sentito un nuovo bisogno di esprimermi ancora, una nuova esigenza di dire quello che sentivo dentro, e quello che non mi riusciva di dire con le parole l’ho sempre detto in musica. Così ho pensato a questa pazzia, un album con il mio pianoforte e addirittura un’orchestra di 40 elementi, più una serie di ospiti ai quali ho chiesto di partecipare al progetto. Con Natale Massara, grande amico da sempre, che lo ha arrangiato, c’è CeCe Rogers, re della house che ha avuto due nomination ai Grammy: l’ho conosciuto per caso, e voleva cantare un mio pezzo. La vita è fatta anche di queste improvvisazioni. E poi Fabrizio Bosso, con il suono caldo e bellissimo della sua tromba. Giuseppe Milici, un armonicista bravissimo, che ha addirittura pianto di commozione mentre suonava il mio pezzo. E tanti altri nomi importanti e straordinari.

Perché ancora musica strumentale?
Perché non ha bisogno di formule retoriche per inseguire schemi di successo. La musica deve provocare emozioni, e quella strumentale è libertà assoluta, non ha l’assillo del testo, chi ascolta può metterci quello che vuole, a seconda dei sentimenti che in quel momento lo attraversano».

Cosa pensi della musica di oggi?
Non mi piace, e mi pare che al di là del rumore non dia nessuna emozioni. E’ un po’ tutta uguale, con troppi scimmiottatori che sono la copia uno dell’altro. Mi piace solo Diodato, bravissimo, non solo musicalmente: i suoi testi hanno qualcosa che scava nel profondo, che ti arriva al cuore. Ma a parte lui, cosa resterà domani di questa musica? Noi ancora sentiamo Battisti e i Beatles, e sono sempre attualissimi e bellissimi. Ma forse è un bene che sia così, perché la gente può capire la differenza, e cosa è la musica davvero, quella che ti fa vibrare dentro.

Il venditore di sogni era anche il titolo del tuo libro di disegni.
Sì, mi piaceva e l’ho ho preso in prestito anche per l’album. Io da sempre, durante le riunioni e le telefonate più noiose e pesanti, schizzo dei geroglifici, tanti segni grafici che si sovrappongono riga su riga, si intersecano, compongono strane figure. Ho sempre fatto tante riunioni lunghissime, e avevo fogli e fogli di disegni, così a un certo punto è venuta l’idea di farne un libro. Vittorio Sgarbi sul retro di copertina ha scritto “I disegni di Federico Monti Arduini sono capricci in bianco e nero, ghirigori dalle forme imprevedibili che si disegnano nell’aria, nuvole, fumo della sua mente, dove ogni pensiero è un divertimento…”.

E domani, cosa farai ancora?
Domani è un altro giorno, si vedrà. Come cantava qualcuno tanto tempo fa …

About the author

Lucia Castagna

Lucia Castagna, innamorata da sempre della parola e delle cose da raccontare, giornalista professionista, è arrivata alle testate
di maggiore prestigio come inviata, capo redattore e direttore. Autore televisivo e docente di comunicazione, sta scrivendo il
suo primo romanzo.

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