Un testo che a tratti trasmette potenza, un teatro all’italiana (quello, splendido, di Verona, il Teatro Nuovo), un successo stabilito a fine rappresentazione da un pubblico attento, concentrato. E’ “Il caso Kaufmann”, di Giovanni Grasso, visto in terra scaligera appunto, con la regia di Piero Maccarinelli e le interpretazioni di Franco Branciaroli, Viola Graziosi, Graziano Piazza, Piergiorgio Fasolo tra gli altri.
Al centro della vicenda la storia di Leo Kaufmann, commerciante ebreo, accusato di ”inquinamento razziale” e condannato a morte per aver, secondo l’accusa, intrattenuto una relazione e quindi rapporti sessuali con la giovane e bella ariana Irene. Che invece gli è stata “affidata” da un suo caro amico, (è la figlia) chiedendogli di sostenerla a Norimberga, di starle vicino. Infatti tra i due nasce subito una bella, sincera amicizia ma che il regime nazista travisa a proprio piacimento, grazie anche all’indifferenza, al menefreghismo della gente, alle loro accuse infondate, basate solo su voci.
E grazie alle leggi razziali i due sono condannati. Già, l’indifferenza, proprio quella che rovina, e può minare affetti e sentimenti, amicizie. Tutto insomma. Anche Irene sarà condannata ai lavori forzati, portandosi con sé, di lui, di Kaufmann, nel cuore l’affetto e i ricordi.
Ispirato a una storia vera, il testo di Grasso è molto lineare e non presenta, se non un triste smarrimento, colpi di teatro, drammaturgia particolari. Il rapporto tra la pietas cristiana, assente, e la tragedia drammatica che si sviluppa è impari come purtroppo si conviene nelle guerre di ogni sorta, figuriamoci nel periodo storico del nazismo.
La partita che si svolge è a tre, lui, lei e il cappellano del carcere che Kufmann chiede di vedere prima dell’esecuzione (al quale Graziano Piazza dà succulenta misura, intonazione, mestiere). “L’indifferenza è peggio dell’odio” si sente ripetere da loro tre a un certo punto, e la questione è tutta lì, con tanto di contorno Olocausto, dramma vero, annullamento dell’uomo. E fa sì che anche lo stesso protagonista cambi considerazione sui suoi simili, di fronte all’impotenza di poter affermare la sua innocenza. Che viene vissuta con lucidità, orgoglio, soprattutto molta rassegnazione, in mezzo a bandiere offuscanti del Reich, suoni stridenti, ambientazione oscura e gelida.
Persino la collaboratrice domestica di Kaufmann, tanto fedele all’inizio, nel suo racconto, gli volta le spalle aggiungendosi ai già troppi indifferenti, infami.
Nella messa in scena di Maccarinelli ognuno degli interpreti dà il proprio contributo, mostrando cos’è la recitazione formatasi, lo studio. Gli attori infatti sono ben coadiuvati e messi a confronto l’un l’altro, con Viola Graziosi che mette in Irene uno spiccato sentimento, con una consueta bravura, Franco Branciaroli che è al centro della vicenda, col suo estro, il suo talento altalena spesso toni diversi, e quando recita con voce diretta, pacata, lì dà il meglio di sé. Prova ottima la dà certamente il sempre bravo Piergiorgio Fasolo che dà al suo Rothenberger una drammatica vitalità e un cinismo infuocato, (e un tremendo, aberrante distacco) come nell l’esterno tedesco, e come lui Alessandro Albertin, l’assistente Herbert, e Franca Penone, la governante. Più in ombra rimane Andrea Bonella, per via dei personaggi non così approfonditi già in principio.
La regia di Piero Maccarinelli probabilmente poteva però osare di più. Successo e tanti applausi da parte del pubblico veronese, decisamente coinvolto e partecipe.
“IL CASO KAUFMANN” di Giovanni Grasso, con Franco Branciaroli, Viola Graziosi, Piergiorgio Fasolo, Graziano Piazza, Franca Penone, Alessandro Albertin, Andrea Bonella
Scene Domenico Franchi – Luci Cesare Agoni – Musiche Antonio Di Pofi – Costumi Gianluca Sbicca
Regia Piero Maccarinelli
Produzione CTB, Teatro Stabile di Torino,Teatro Stabile di Verona, Nuovo Teatro, Il Parioli
Verona, Teatro Nuovo, visto il 12 novembre 2023
Photo credits Umberto Favretto
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