Quando una boyband dal successo planetario – come effettivamente sono stati gli One Direction – si scioglie, quello che di solito accade è la moltiplicazione delle carriere soliste dei suoi membri. Solitamente, una delle conseguenze di ciò è anche il lento, ma inesorabile, oblio dei protagonisti da parte del grande pubblico, non di rado anche a causa della qualità mediocre delle loro proposte musicali. Come per tutte le “regole” però, esistono le eccezioni (con uno sguardo al passato penso, ad esempio, a Robbie Williams dei Take That) e certamente il bravo ed ambizioso Harry Styles rappresenta una di queste.
Ne è la conferma questo suo secondo album Fine Line a due anni dal disco omonimo dal quale riprende il naturale percorso artistico che propone un Pop suonato prevalentemente con strumenti tradizionali, ben lontano quindi dalla “musica che gira intorno” (come amava chiamarla il grande Fossati). Se oggi si predilige l’R&B di stampo americano, spesso imbottito di hip hop, che garantisce soldi facili e streaming a go-go sulle piattaforme digitali bisogna quantomeno dare atto a Styles di aver scelto la via più ardua, tenendosene a debita distanza. Evidentemente, ha fatto una scelta di campo ben precisa che lo ha portato a rivolgere lo sguardo con ammirazione alla musica del passato che lo ispira maggiormente, rielaborandola con un approccio moderno e non è un caso se ha ricevuto, tra gli altri, endorsement da parte di artisti del calibro di Stevie Nicks, che ha già duettato con lui svariate volte.
Entrando nel merito, il disco si apre alla grande con Golden, pezzo dal mood spensierato e dal ritmo trascinante, perfetto per introdurci in un mondo fatto di melodie a presa rapida e ganci radiofonici dal suono vintage. Segue Watermelon sugar già estratto come secondo singolo, con arpeggi di chitarra elettrica molto 70’s che sembrano rubati dall’armadio di Nile Rodgers e un groove frizzante veramente accattivante.
La grande dote di Styles in fondo è del tutto naturale: la sua voce limpida, ma piena e leggermente rauca è veramente un piacere ascoltarla come ad esempio in Adore you il cui video, molto cinematografico, vi consiglio vivamente di vedere interamente per la simpatica storia che racconta, piena di ironia.
Lights up è un’altra canzone di alto livello che è stata scelta come hit apripista qualche mese fa pur avendo una melodia più complessa del solito, mentre il testo è sostanzialmente un invito a tutti a conoscersi dentro, in particolare a scoprire meglio la propria sessualità (“do you know who you are?”) e a non aver paura di mostrarla agli altri. E non è certo un caso che sia uscita proprio nella giornata mondiale del Coming Out le cui difficoltà umane ad esso legate rappresentano un tema molto caro all’artista, come ribadito in diverse interviste.
Le prime ballate Cherry, con la chitarra, acustica e Falling, col piano, sono due carezze emozionanti che chiudono il lato A e mettono ancor di più in evidenza le doti vocali di Harry.
Nel lato B ci sono altri brani interessanti, come To be so loney quasi un divertissement, She che ha una coda da lentona rock old style, la sbarazzina Sunflower, ma soprattutto direi l’accoppiata finale. Si tratta di Treat people with kindness, che con quei suoi cori femminili è forse la più originale dell’album, e la title track che infiocchetta a dovere questo lavoro discografico con un’intensità estetica dilatata per oltre 6 minuti.
Inutile aggiungere altro: credo che Fine Line sia arrivato alla fine dell’anno per ricordare a tutti che, almeno in ambito Pop, gli ultimi saranno i primi e per regalarci il notevole passo avanti della carriera di Harry Styles, che si prefigura, già sin d’ora, di altissimo rango.
Harry Styles – Fine Lines
Fine Lines segna il notevole passo avanti della carriera di Harry Styles