La soffitta Recensioni

Guns n’Roses – Lies

Scritto da Marco Restelli

Con Lies rispolveriamo il periodo d’oro di una band che ha lasciato (nel bene o nel male) un segno nella storia dell’Hard Rock

Nel 1987 in America una nuova band dal nome intrigante Guns n’Roses si stava letteralmente accaparrando la scena hard rock nazionale ed era in procinto, senza neanche rendersene conto – con lo splendido album di esordio Appetite for distruction – a conquistare il mondo. Il successo internazionale arrivò in maniera folgorante l’anno seguente, e fu così inaspettato che Axl Rose e compagni si ritrovarono come quelle aziende che hanno una domanda altissima di un prodotto, ma i magazzini maledettamente vuoti: in pratica il mercato voleva subito un loro nuovo album, ma non erano pronti. E così si videro costretti a raccattare un po’ del materiale che avevano da parte, fra live e studio, e nel 1989 uscì una sorta di ibrido, intitolato Lies.
Il primo lato decisamente uptempo e scatenato (quasi punk) presentava quattro brani dal vivo, fra i quali spiccano una scoppiettante cover degli Aerosmith Mama kin (presa dal loro primo album omonimo del 1973) e Move to the city. Le chitarre elettriche di Slash e Izzy Stradlin sferragliano senza prendere fiato dando conferma che lo splendido disco precedente non era uscito per caso: i ragazzi avevano la stoffa, eccome.
Quello che però risultò esteticamente ancora più vincente e in netto contrasto col lato elettrico appena descritto fu il lato B, dominato dalle chitarre acustiche e più di qualche fischiettata di Axl, con ben tre canzoni inedite, alle quali si aggiungeva You’re crazy, già uscita in versione molto più aggressiva, sul citato Appetite for distruction.
Patience ad esempio è una ballata melodica che diventò un instant classic entrando subito nella storia del gruppo per la sua dolcezza incredibile e la magnifica coda, leggermente più aggressiva, nella quale la voce di Rose raggiunge, come al solito, vette allucinanti. Used to love her, dal ritmo più spedito, racconta una storia grottesca visto che il protagonista dice di aver dovuto uccidere la donna che amava perché era una rompiscatole incredibile, sotterrandola niente meno che nel suo giardino di casa, ben sapendo che gli mancherà tanto, nonostante lui ancora la senta lamentarsi da sottoterra.
Il pezzo che però creò comprensibilmente qualche problema ai Guns, e soprattutto al suo frontman, nei confronti della comunità black e omosessuale, fu la conclusiva One in a million nella quale torna alla grande anche la chitarra elettrica ad affiancare quella acustica. In pratica nel prendersela contro tutti gli immigrati irregolari Axl (autore del testo) non usa mezzi termini chiamandoli negri e froci ed era quasi inevitabile che scoppiasse un mezzo putiferio. Prova di ciò fu che, a un certo punto, dovettero smettere di suonarla dal vivo e nell’unico disco live (doppio) ufficiale, non è nella set list.
Tirando le somme Lies resterà sempre un album da medaglia di bronzo, ma ad ogni modo nelle vostre Soffitte personali una copia del cd o lp dovreste sempre averla, se non altro per rispolverare il periodo d’oro di una band che ha lasciato (nel bene o nel male) un segno nella storia dell’Hard Rock.

About the author

Marco Restelli

Originario di Latina, ma trapiantato ormai stabilmente a Bruxelles. Collaboro con diversi siti musicali. Collezionista di dischi dai primi anni '80, ascolto praticamente ogni tipo di musica, distinguendo solo quella che mi emoziona da tutto il resto.
In progetto: l'attività di promoter di eventi live di artisti emergenti nel Benelux. Sono orgogliosamente cattolico, ma ritengo che la tolleranza sia alla base delle relazioni umane. Se dovessi salvare un solo disco, fra i miei 3500, sceglierei "Older" di George Michael. La mia più grande passione, oltre alla musica: la mia famiglia e i miei tre bambini.

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