Ci sono artisti che hanno uno stile inconfondibile e poi ci sono quei talenti che sono difficili da etichettare perché non smettono mai di sperimentare, di reinventarsi, di accettare nuove sfide. Per questo, fare quattro chiacchiere con Fabrizio Bosso sul suo ultimo album “State of the Art” non è affatto un’esperienza scontata.
Con oltre 20 album all’attivo, collaborazioni con artisti del calibro di Sergio Cammariere, Tiziano Ferro, Nina Zilli e diversi tour in giro per il mondo, Fabrizio Bosso è uno dei più conosciuti e apprezzati trombettisti jazz della scena italiana e internazionale. Eppure, quando te lo trovi di fronte, ti rendi subito conto che non è il tipo che si accontenta di riposare sugli allori.
E lo capisci quando comincia a parlare della sua carriera, iniziata ad appena 5 anni, quando ti racconta di come è nata l’idea di realizzare “State of the Art”, questo doppio album registrato dal vivo in location spesso inusuali tra Roma, Tokyo e Verona e quando si entusiasma spiegandoti quello che c’è di originale in questi 10 brani che rappresentano una nuova importante fase del suo percorso di artista. Ma soprattutto lo capisci quando si sofferma sui suoi compagni d’avventura – Julian Oliver Mazzariello al piano, Nicola Angelucci alla batteria, Jacopo Ferrazza (che ha preso il posto di Luca Alemanno) al contrabbasso – i musicisti che salgono sul palco insieme a lui senza paura di mettersi in gioco o di improvvisare per regalare all’ascoltatore un sound sempre unico e inaspettato.
Se ne avete la possibilità, quindi, non lasciatevi sfuggire l’occasione di apprezzarli dal vivo.
Fabrizio Bosso e il suo quartetto si esibiranno il 26 aprile al Monk di Roma, il 27 al Teatro Stignani di Imola (con la partecipazione di Enrico Rava) e il 18 maggio al Bravo Caffè di Bologna. Il calendario aggiornato del tour è consultabile su www.fabriziobosso.eu
Intervista di Claudia Leone
Foto: Ilenia Bontempo