Recensioni

Evi Vine – Black Light White Dark

Scritto da Giovanna Musolino

Una voce che ben incarna tutta la fragilità dell’essere umano

“La musica mi trasporta in un mondo in cui il dolore non smette di esistere, ma si allarga, si placa, diventa insieme più calmo e più profondo, come un torrente che si trasforma in lago”. Questo pensiero di Marguerite Yourcenar calza come un guanto a Black Light White Dark, terzo album della britannica Evi Vine, pervaso da una sofferenza cupa e sconfinata.
La musica, quella bella, possiede innumerevoli poteri, tra cui la capacità di evocare immagini, materializzare paesaggi, concretizzare suggestioni. L’ascolto di Black Light White Dark rimanda a scenari apocalittici, a lande deserte, suggerisce atmosfere di desolazione, abbandono, solitudine. Il disco, composto da sei brani, vanta la presenza di musicisti sopraffini come Simon Gallup dei Cure, Peter Yates dei Fields of Nephilim, Martyn Barker, Geraldine Swayne.
La voce vitrea, delicata, quasi sussurrata di questa straordinaria artista, canta l’angoscia in tutte le sue sfumature, celebra il dolore sia personale, sia cosmico. La musica potente e, al tempo stesso, essenziale raggiunge ora la violenza di una vera e propria deflagrazione, ora si fa intensamente evocativa, nel segno della migliore darkwave che si possa immaginare. Il disco si apre con I am the waves, in cui la bellissima e sommessa voce di Evi traghetta l’ascoltatore “In deep and quiet waters”.
Si prosegue con Afterlight dalle sonorità più ritmate. L’acme del disco si raggiunge con Sabbath, potente e oscura cavalcata, sostenuta dal martellante basso di Simon Gallup, per arrivare a My only son, dolcissima ballata, ispirata dal suicidio di un amico, cui dedicare intense parole d’amore “Oh little one/May moon and stars/ Sorround you/ My only son/A lullaby to sleep to” . Il seguente We are made of star è un brano strumentale che risuona di echi di mondi lontani. Sad song No 9, intrisa di un’angoscia sempre più fosca e tetra, chiude trionfalmente il disco.
Questo album, di suggestiva bellezza, possiede un fascino oscuro e dolente che conquista fin dal primo ascolto. Pochi ingredienti di eccellente qualità: testi profondi, una voce che ben incarna tutta la fragilità dell’essere umano, musica sfrondata da orpelli sonori, ma dal forte impatto emotivo a creare uno dei dischi più belli del 2019.

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Giovanna Musolino

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