Recensioni

DPCM – Visconti

Scritto da Alice Durigatto

Vivere a vent’anni chiuso in casa, non so più che cazzo fare!! Visconti è incazzato e disilluso e fa il suo primo bell’album

Il 18 marzo è uscito DPCM, il primo album di Visconti targato Dischi Sotterranei.
Ma, fermi tutti! DPCM, sul serio?!
DPCM è una sigla, è inelegante e goffa, ben lontana dall’armonia delle parole piene di vocali così adatte alla Canzone a cui siamo abituati. Adesso è pure foriera di regole, di scansioni del tempo, di brutti ricordi.
“Dev’essere un disco punk acido e stridente!”, mi sono detta in prima battuta. Invece no: siamo davanti a un giovane autore decisamente creativo.
DPCM è un album emozionato perché, in sette tracce, c’è gran parte dell’elettricità che caratterizza i ventenni di oggi. Il disco nasce e si sviluppa in piena pandemia, in casa, con la primavera alla finestra e l’incertezza che bussa alla porta, con le proprie opinioni sui sistemi sociali da riscrivere daccapo e con talmente tanto tempo a disposizione da non sapere più cosa inventarsi.
Vivere a vent’anni chiuso in casa, non so più che cazzo fare!!
Visconti, dopo aver scritto, composto e suonato – imparato a suonare, per la precisione – tutti gli strumenti necessari a questo disco, si sarà anche annoiato, ma sembra che abbia sfruttato bene il suo tempo anche nella scelta di far maturare la sua musica nelle mani di Giulio Favero (basso del Teatro degli Orrori), a cui viene affidata la produzione.
Visconti è incazzato e disilluso, forte tra le altre, è la paura del fallimento. Però il disco suona anche poetico e lirico, caratterizzato da melodie semplici, ripetute e curate, sostenuto da un equilibrio tra generi musicali (post punk e cantautorato) e tra le storie narrate: c’è il lockdown, c’è l’amore, ci sono i suoi studi e la scuola, la morte, le vacanze e la sua provincia. C’è l’ironia. Ne ho trovata un po’ dappertutto ma sembra sottolineata nel ritornello di Nulla mi urterebbe di più che, insieme a Ammorbidente, è la mia preferita. È cantilenante e baldanzoso, scimmiotta perfettamente le tipiche manfrine di mamma – o papà nel caso dell’autore – quando ci mette di fronte alle nostre responsabilità nei confronti del futuro.
Devi prendere una sorta di decisione
Non c’è bisogno di spiegazione.
Così nasce l’empatia nei confronti di Valerio, classe 2000, che ha 15 anni meno di me e che è troppo giovane per essere adulto e troppo grande per essere adolescente.
Che sia la condizione che caratterizza i ventenni o una condizione sociale diffusa dovuta al nostro tempo?

About the author

Alice Durigatto

Alta, forte e spettinata. Scrivo con la luce, ascolto tanto e non seguo biancognigli.

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