Nati nel 2010, i pescaresi Death Mantra For Lazarus ritornano sulla scena dopo ben tredici anni, supportati dalla label biellese Vina Records. Originariamente provenienti da una costola di progetti come Zippo, MILF e Santo Niente, la band è un ibrido di post rock strumentale con una forte componente sperimentale.
Tutte le sfumature del genere sono impresse già nel primo brano del disco “Church Superdelay”: arpeggi onirici che muoiono contro un solido muro sonoro imbastito dalla sezione ritmica curata da Federico Sergente (batteria) e Tonino Bosco (basso).
Lo stesso schema impreziosito da inserti acid jazz si ripete in “Nude” e “Marbles”, quest’ultima però conta la partecipazione della violinista Valeria Vadini a dare nuove profondità alla proposta musicale del gruppo.
Si continua a navigare in acque placide con il singolo “Laika Cold! Laika Cold!”: non ci sono scossoni né alcun maremoto di sorta, anche le distorsioni delle chitarre vengono sempre tenute sottochiave. Le contaminazioni di Explosions In The Sky e Mogwai sono vividissime in “Mina”, probabilmente la traccia più intima dell’album. Vera sorpresa di Dmfl è “Like Dolphins”, penultima canzone del lavoro, in cui le voci degli artisti abruzzesi Jester At Work e Giulia Flacco si intrecciano fino a formare una melodia calda ed avvolgente. Un mood sensuale che è il vero asse portante del disco, come testimonia “Memory Of Us”, degna chiusura di un viaggio in cui il
sogno sfocia in una realtà fredda, a tratti glaciale.
Death Mantra For Lazarus – Dmfl
Il mood sensuale è il vero asse portante del disco