Interviste

Davide Arneodo

Quando penso alla Musica penso a qualcosa di serio. Oggi si parla molto di content creators, questo è come oggi gli artisti sono considerati dall’industria e dalle piattaforme streaming, ma un musicista, un compositore, un producer non sono content creators, sono prima di tutto artisti.

In questo piacevole dialogo Davide Arneodo, musicista di formazione classica, ormai, a tutti gli effetti membro della storica band dei Marlene Kuntz dove suona di tutto, racconta del suo album da solista: Magnetar, dei mille ammalianti volti della città di Berlino dove anche SOund36 è nato e del valore della musica come forma di espressione artistica e culturale.

A cosa si riferisce il titolo Magnetar del tuo album?
Nel momento in cui ho deciso che avrei fondato la mia etichetta “Perdurabo World” e pubblicato il mio album di debutto come Perdurabo, volevo trovare qualcosa che potesse rappresentare in modo inequivocabile il percorso dei 10 anni che mi erano serviti per la produzione e racchiudere tutto il significato in una sola parola. Una notte stavo guardando una trasmissione scientifica, molto tardi in televisione, in cui parlavano delle Magnetar (contrazione di magnetic star): una particolare categoria di stelle di neutroni estremamente magnetiche. Hanno un diametro di circa 20 chilometri e sono formate dal collasso di una supernova che originariamente aveva una massa da 10 a 25 volte superiore a quella del sole. Quello che mi aveva colpito è che diminuiscono drasticamente in dimensione, ma generano campi magnetici estremamente intensi, molto più forti di quelli delle normali stelle di neutroni. Sono considerate uno dei fenomeni più estremi e misteriosi nell’universo, una metafora perfetta per descrivere il mio album, 10 anni di musica che dovevano sublimare in poco meno di una decina di brani, diminuire quindi in dimensione, ma aumentare in potenza.

Foto di Annalisa Michelangeli

Riprendendo il nome d’arte Perdurabo: cosa, in particolare, vorresti che durasse fino alla fine?
Fin dal momento in cui l’ho scoperto mi ha colpito il concetto di obsolescenza programmata, una sorta di timer interno per cui computer ed elettrodomestici hanno una data di scadenza per poter così continuare il ciclo del consumismo. Lo stesso concetto è valido anche per la musica, quella musica usa e getta che viene prodotta in serie e dura una stagione per poi venire dimenticata e sostituita immediatamente da qualcosa di nuovo. Con la velocità e quel tipo di pressione non si può generare nulla di buono. Ecco, io credo che l’arte, per lo meno nella sua fase di creazione, dovrebbe generare un sentimento di eternità, anche nella sua fragilità, ma dovrebbe essere pensata per durare, generare pensieri, riflessioni e rimanere come fotografia di quel preciso momento.
Quando penso alla Musica penso a qualcosa di serio, ho una formazione classica, sono laureato in violino al Conservatorio di Torino e penso che soprattutto in Italia si potrebbe fare molto di più per ridare valore alla musica in senso culturale, ma purtroppo quello che vedo non è rassicurante, né da un punto di vista politico, né da un punto di vista artistico. Oggi si parla molto di content creators, questo è come oggi gli artisti sono considerati dall’industria e dalle piattaforme streaming, ma un musicista, un compositore, un producer non sono content creators, sono prima di tutto artisti. Bisogna invertire la tendenza e ridare un ruolo centrale al “creator” per far sì che il “content” torni ad avere un significato, rendendo così gli artisti liberi da un meccanismo perverso di sfruttamento. Parlando di industria, quando mi sono dato questo nome facevo già parte dei Marlene Kuntz, sapevo quanto tutto questo percorso sarebbe stato difficile e complicato, quindi questo motto mi ricorda quotidianamente il perché ho iniziato e continua a darmi forza nei momenti difficili. 

Hai vissuto e prodotto musica a Berlino. Anche Sound36 è nato lì anni fa. Cosa trasmette a te la città tedesca? Quali posti ami di più di essa?
A questa domanda dovrei rispondere scrivendo un libro, più che una risposta qui in poche righe. Berlino è stata la causa di un mio cambiamento interiore senza via di ritorno. Tutto ciò che conoscevo prima l’ho rivalutato e rivisto sotto una luce differente. Mi ha portato al caos e rimesso in ordine allo stesso tempo. Mi ha fatto capire che tutto ciò che conoscevo fino a quel momento poteva essere ribaltato. È una città che può essere tutto e il contrario di tutto, puoi trovarci la Berliner Philarmonie o il club più rivoluzionario ed estremo, ma in ogni caso ci troverai un’energia che se sei in grado di cogliere può generare una creatività speciale. Ecco Berlino è stata la culla della mia nuova creatività, mi ha aperto un mondo nuovo che è stato la scintilla da cui poi si è generato Magnetar. I luoghi che ho amato sono molteplici e sono molto più personali che conosciuti o turistici, luoghi che hanno rappresentato casa per me in una città che non è rinomata per essere ospitale. Sono stati anni creativamente incredibili, decisivi, il riff di chitarra di Hopes ad esempio è nato nella mia camera a Prenzlauer Berg, molto dell’album è stato concepito nella mia camera in quel tempo, oppure al Funkhaus Nalepastraße, un complesso di edifici ex sede della radio della DDR, in cui ho avuto il mio studio nel Blocco A per un po’ di tempo. Per riflettere invece amo passeggiare all’aeroporto di Tempelhof, in cui ho anche girato un video, oppure ho alcuni miei luoghi segreti meravigliosi nei pressi dello Schlachtensee, del Tegeler See e dietro allo Zoo di Berlino, una panchina affacciata su un piccolo laghetto sempre vuota e che non manco di visitare ogni volta che torno in città.

Ti manca la musica classica, ambito di tua formazione o è stato bello portarla attraverso il violino nelle sonorità di un gruppo rock come quello dei Marlene Kuntz?
No non mi manca per nulla, non mi manca l’ambiente asfittico che la circonda, soprattutto in Italia, che è la ragione che la sta inesorabilmente portando al declino. La musica classica mi ha affascinato nella mia giovinezza, mi ha acceso la scintilla dell’amore per la musica. Bach, Brahms, Paganini sono eroi che mi hanno ispirato e mi hanno fatto sognare, ma purtroppo non ho rivisto tutto questo riflesso nello stato attuale delle cose. La realtà dei fatti è un clima accademico spesso asfissiante e autoreferenziale, in cui non c’è posto per la creatività e pensieri alternativi. Avevo tutte le carte in regola per poter pensare a una carriera molto seria nel mondo classico, ma ho preferito dedicarmi alla mia visione, al mio percorso e dare veramente spazio alla creatività che è poi l’unico motivo per cui desidero continuare a fare musica. I Marlene sono l’esempio opposto più estremo, ma sono la dimostrazione che pur senza una vera e propria formazione musicale, con l’amore e la dedizione per quello in cui si crede si può andare molto lontano. E per me è stato importantissimo trovare il mio spazio creativo all’interno di una band già così affermata ed essere oggi riconosciuto dai fan, dopo tanti anni di lavoro, come parte integrante di questo percorso trentennale che ha fatto storia.

Potresti darci un piccolo “spoiler” sui tuoi prossimi progetti musicali?
In questo momento il fermento è totale, chi mi conosce bene sa che tra Perdurabo e i Marlene Kuntz sono anni in cui non ho un attimo di tregua. Questo è positivo per molti aspetti, ma mentalmente e fisicamente decisamente complicato da gestire. Al momento l’obiettivo principale è lavorare al live di Perdurabo, rendere finalmente concreto questo percorso discografico che è durato dieci anni, cosa che ho già iniziato da alcuni mesi e credo darà i suoi primi frutti il prossimo autunno / inverno. C’è molto altro, non posso anticipare, ma sicuramente ho il desiderio di ritirarmi in un luogo molto isolato dopo questi anni incredibili per mettere mano al prossimo album. 

Foto di copertina di Glashier

About the author

Annalisa Michelangeli

Mi chiamo Annalisa Michelangeli, nata a San Severino Marche nel 1982, ma cresciuta in un piccolo paese tra Marche e Umbria, sui Monti Sibillini. Vivo a Macerata. Amo la musica e ogni altra forma d’arte da sempre. Scrivo poesie e di recente ho pubblicato un saggio autobiografico su un mio personale percorso legato alla gestione della fibromialgia. Ho una formazione linguistica e letteraria, possiedo attestati per insegnare yoga per bambini e quello di assistente all’infanzia. Attualmente svolgo attività di docenza d’italiano per stranieri che è il mio ambito di specializzazione e mi appassiona molto. Da molti anni seguo concerti in tutta Italia, in passato con una frequenza maggiore essendo allora più libera da impegni lavorativi e famigliari: sono anche mamma di una bambina di otto anni. Nel 2007/2008 ho frequentato un corso di giornalismo musicale legato a una rivista che si occupava sia di jazz, che di rock. Ascolto soprattutto indie rock inglese e italiano, ma anche cantautori del passato, musica francese, sono curiosa di scoprire gruppi emergenti e nuove sperimentazioni nel panorama musicale.

error: Sorry!! This Content is Protected !!

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Con questo sito acconsenti all’uso dei cookie, necessari per una migliore navigazione. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai su https://www.sound36.com/cookie-policy/

Chiudi