L’ORIGINALE
Nel 1969 i Led Zeppelin escono con un grande album, intitolato semplicemente Led Zeppelin II, che contiene pezzi storici come Whole lotta love o Rumble on. Nella track list però c’è un brano che seppure non finirà mai in nessun greatest hits (ricordiamo che la band aveva la tendenza a non puntare sui singoli, per spingere i fan a comprare e ascoltare per intero l’LP) può facilmente essere considerato all’altezza di quelli citati. Stiamo parlando di Thank you, una ballata profonda, i cui versi rappresentano una dichiarazione d’amore che potremmo definire estrema. E per capire di cosa stiamo parlando basta semplicemente prendere i suoi primi versi: “If the sun refused to shine, I will still be loving you / when mountains crumble to the sea there will still be you and me…” che non lascia spazio a fraintendimenti: si tratta di sentimenti dichiaratamente oltre ogni limite.
Chiaramente l’interpretazione di Robert Plant aiutò di gran lunga la credibilità della canzone, mentre a livello musicale la band decise per un arrangiamento “full band”. Sulla base acustica infatti, piano piano, tutti gli strumenti si aggiungono, come in un crescendo: il ritmo scandito dalla batteria, la chitarra elettrica, una seconda voce per un effetto maggiormente corale del pezzo e una coda strumentale del solo organo, che comunque accompagna quasi tutto brano. Il risultato finale è notevole, perché a mio avviso fra le loro ballate forse solo Stairway to heaven può legittimamente considerarsi superiore. Non è un caso infatti che diversi altri artisti ne hanno poi fatto una cover, cogliendone evidentemente gli elevati livelli estetici.
LA COVER
Dovendo decidere quale versione proporre per questa rubrica la scelta è caduta sulla cover del compianto Chris Cornell, nel tour acustico Songbook, poi fortunatamente pubblicato su disco nel 2011. In quel concerto l’ex leader dei Soundgarden è veramente ispirato e ad ascoltarla ancora oggi, è difficile non avere i brividi. Propose tanti pezzi della band come Black hole sun così come degli Audioslave (I am the Highwave) o dei temple of the dog (Call me a dog) ma anche cover fra le quali spicca Imagine di Lennon e questa Thank you degli Zeppelin.
L’aver scelto di presentarla in forma essenziale, totalmente acustica (stripped down come si usa dire in gergo) è la scelta vincente a mio avviso, perché se avesse aggiunto anche solo un elemento si sarebbe persa tutta la forza della sua magica interpretazione. Tutto si gioca sulla profonda intensità della sua voce che, come l’ago di una siringa, inietta emozioni ad ogni parola cantata e perfino a ogni suo sospiro. Cornell infatti sa accarezzare e mordere a intermittenza, a secondo dell’andamento della canzone, e se c’è un grande dono che tutti gli hanno sempre riconosciuto è proprio questo: riuscire ad emozionare con il minimo indispensabile. Gli bastava una melodia semplice e un testo che parlasse della morte, della vita o dell’amore per stendere l’ascoltatore. Con Thank you a mio avviso ha addirittura superato l’originale, mettendoci dentro tutto il suo cuore, tanto grande quanto fragile, con la sua dose di inquietudine che qui rappresenta il vero elemento di novità. Un artista unico, che ci manca tanto e penso che, in generale, con il suo live Songbook abbia veramente raggiunto l’apice della sua carriera. Imperdibile.