Ho scambiato parole e opinioni con Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio membri della band Bud Spencer Blues Explosion in occasione della loro esibizione live al Druso di Bergamo del 15 dicembre (che potete guardare qui). Ecco cosa ci siamo detti:
Il nome della vostra band evoca cinema e Blues. Quali sono le principali influenze al riguardo? In cosa si riflettono sulla vostra musica?
Adriano: il blues non è soltanto musica, è un sentimento. Quindi si può suonare con questa attitudine anche altro, è un modo di vedere le cose. Sicuramente Blind Willie Johnson ci ha lasciato in passato un esempio speciale di musica semplice ed evocativa. Oggi artisti africani come Tinariwen continuano a portare nel futuro la fiaccola del blues. Quello che stiamo facendo noi è figlio di contaminazioni, analizzando i nostri brani ci si accorge che non contengono quasi mai più di due accordi e che gli andamenti sono cinetici e nomadi. La voce viene usata come un mantra e i testi onirici. Come un bluesman in una discoteca abbandonata.
Volete parlarci un po’ dell’ultimo disco? Processo di composizione dei brani, registrazione ed eventuali aneddoti e curiosità.
Cesare: Next Big Niente è il frutto di un lungo periodo di produzione. Per la prima volta abbiamo fatto tutto da noi, scrittura, produzione e mix. Questo ci ha dato la possibilità di chiudere i pezzi solo nel momento in cui ne eravamo convinti al 100%. Abbiamo passato anche lunghi periodi senza ascoltarli, lasciandoli metabolizzare, per poi decidere se salvarli o cestinarli. Un nuovo metodo di lavoro che ci ha fatto sentire davvero liberi di sperimentare e di lasciarci andare. In realtà non abbiamo mai pensato di fare un disco, ma di lavorare a della musica nuova decidendo di farlo uscire solo dopo aver sentito i pezzi uno dietro l’altro in una playlist. Abbiamo suonato a occhi chiusi, totale libertà espressiva.
Nel corso degli anni avete suonato molto anche nell’ambito di festival, in Italia e all’estero. Preferite quei palchi o la dimensione più intima dei club?
Adriano: in linea di massima suoniamo dove ci chiamano, poi magari ci sono degli spazi che si prestano più di altri, per caratteristiche sonore, capienze, magia. La nostra esperienza all’estero è sempre stata molto intensa e veloce, ne conserviamo bei ricordi. Il club penso sia la nostra dimensione, dove può innescarsi uno scambio reale e vicino di energia, dove chi viene ad ascoltarci ha una sensazione immediata e consapevole dell’azione che proponiamo. In futuro sarebbe interessante provare a intrecciare quello che facciamo con l’arte contemporanea nei suoi paesaggi e spazi.
Prossimi imminenti progetti?
Cesare: finire questo tour invernale e magari chiudere qualche altro brano lasciato in sospeso. Abbiamo comprato altri strumenti, tocca provarli!
Foto di Gigi Fratus