Esistono pochissimi artisti al mondo potenzialmente capaci di fare quello che Bruce Springsteen ha fatto a New York dal 3 ottobre 2017, fino a tutto il 2018. Questo pilastro della musica rock americana, infatti, ha messo su lo spettacolo intitolato Springsteen on Broadway, di oltre 250 serate, al Teatro Walter Kerr nel quale, in due ore e mezzo, attraverso alcuni pezzi accuratamente scelti dalla sua sterminata discografia e arrangiati al minimo sindacale (un piano o una chitarra acustica, al massimo accompagnati dalla sua armonica) – ha sostanzialmente raccontato la sua vita e la sua visione della realtà che ci circonda.
Questo doppio album riporta per intero lo show, con tanto di lunghe, a volte anche lunghissime, introduzioni ai brani. In alcuni casi, come nell’iniziale Growin’ up (dal suo album d’esordio del 1973) la chiacchierata spezza addirittura in due la canzone, dilatandola fino a 10 minuti di durata. In realtà Springsteen non spiega in modo didascalico come siano nati i vari pezzi, ma il collegamento avviene parlando di sé, della sua famiglia d’origine, della moglie, dell’America, racconta dei valori in cui crede e che cerca di trasmettere agli altri tramite il suo lavoro, che ormai dura da quasi cinquant’anni. E così, di volta in volta, durante la serata canta i pezzi che meglio si legano al suo racconto, ma ogni suo fan degno di tale nome sarebbe in grado di trovare decine di episodi intercambiabili, in grado di sostituire quello da lui scelto. Perché, in fondo, i suoi personaggi hanno quasi tutti dei punti in comune: sono spesso dei perdenti con desiderio di riscatto e, se anche in qualche modo hanno mai vinto qualcosa, la loro gloria non è mai totale e da qualche parte si scorgerà almeno un punto debole, una qualche sfumatura dal sapore dolce/amaro. A fianco alla sconfitta però non manca quasi mai la speranza di risollevare la situazione, l’impegno ad andare avanti, nonostante le difficoltà, superando le avversità.
Ci sono momenti molto intensi, talvolta memorabili, in Springsteen on Broadway come quando, prima della splendida The ghost of Tom Joad, Bruce afferma che tramite la musica ci viene può essere ricordato chi siamo veramente e chi possiamo essere per migliorarci, prendendo posizioni politiche molto forti contro l’attuale Governo americano, soprattutto per l’abbandono degli ultimi. Tenera la presentazione della moglie Patti Scialfa prima di Tougher than the rest e Brilliant disguise (Tunnel of love resta un grande disco, molto sottovalutato) e molto intime le sue parole che descrivono la difficoltà nel costruire un solido rapporto di coppia, basandosi sulla verità e non sulle maschere che spesso tutti noi indossiamo, senza permettere all’altro di guardarci dentro totalmente. Da brividi, ancora, l’aneddoto descritto prima di Long time comin’ (da Devils & dust): essendo la moglie rimasta incinta per la prima volta, il padre lo andò a trovare per pregarlo di non commettere col proprio bambino i suoi stessi errori, essendo stato per lui per tanto tempo come un fantasma. Momento, evidentemente, chiave del loro rapporto. Alla fine, in ogni caso, tutte le canzoni selezionate, celebri (come Thunder Road, Born to run o Born in the Usa), o semisconosciute che siano (come The Wish qui per la prima volta al piano e pescata dal box set Tracks), lasciano un segno indelebile. Non voglio svelare altro per non togliervi il gusto di farlo da soli e perché, se siete innamorati del Boss, almeno come il sottoscritto, questo disco non potrà proprio mancare nella vostra collezione per potervi “riascoltare al microscopio” pezzi della vostra stessa vita.
BRUCE SPRINGSTEEN – SPRINGSTEEN ON BROADWAY
Con questo album riascolterete al microscopio pezzi della vostra stessa vita