Domani, 11 novembre, esce l’album d’esordio della band campana La Bestia Carenne. Abbiamo fatto una chiaccherata con il gruppo proprio su questo. Ecco di seguito la nostra intervista.
La Bestia Carenne esiste come gruppo musicale dal 2011, cosa significa il vostro nome?
Carenne è il nome della bestia. Ognuno di noi ha un nome, Carenne è il suo. Ma attenzione: si legge come si scrive. “Carenne” e non “carèn”, alla francese.
Per meglio intendere il lato bestiale della faccenda vi invitiamo a trascorrere qualche ora in nostra compagnia. Non passerà molto tempo prima che cominciate a chiamarci cani!
Catacatassc’ è il vostro album d’esordio che uscirà tra qualche giorno, come è nato?
Non è stata una vera e propria nascita. Da quando abbiamo registrato il nostro primo EP non ci siamo mai fermati. E’ stato un susseguirsi di eventi. Concentriamo la nostra attenzione sul percorso, molto meno sulle tappe. Catacatassc’ semplicemente risponde ai nostri bisogni, alle nostre domande, alla nostra volontà. Sono cose tanto precise quanto momentanee perché in evoluzione. Quest’album è la cristallizzazione della bestia Carenne in quel dato momento del suo percorso artistico.
Cosa volete trasmettere ai vostri ascoltatori con questo album?
Ognuno recepirà quello che vuole. Sarebbe riduttivo limitare il significato di un’opera al senso che vuole darne l’autore. Anche perché l’arte appartiene molto di più a chi la fruisce rispetto a chi la produce.
Sarebbe stupendo perdere la proprietà delle nostre opere, perderne il senso. Forse questo è uno dei pochissimi obiettivi che ci siamo prefissati.
Già scorrendo i titoli si nota una certa mescolanza di generi, pensate sia questo il vostro punto di forza?
Potrebbe esserlo a patto di riuscire a mantenere il proprio corpo. Abbiamo ancora molto tempo per imparare a gestire la nostra musica.
Questa è una domanda buona per farvi un invito: seguite i nostri live, stabiliamolo assieme quanto la nostra promiscuità è una forza.
Avete diviso il palco con i grandi nomi del folk/rock italiano: 24 Grana, Modena City Ramblers tanto per citarne alcuni. Cosa ne pensate della scena folk rock nostrana?
E’ una scena ricchissima e guardare su scala nazionale potrebbe portarci a perdere le fila del discorso.
Per quanto riguarda la nostra regione ci sono davvero tantissime proposte artistiche valide. Quello che manca sono le strutture adatte a dare un respiro nazionale a tutte quelle realtà che lo meritano. Con la BulbArtWorks, la nostra etichetta, stiamo lavorando proprio in questa direzione: proveremo a costruire qualcosa che provi a trascendere l’estemporaneo, costruirci il futuro attraverso una fitta e costante progettualità. Ci sono grandi presupposti, saranno anni di grosse soddisfazioni.
Annalisa Nicastro