Interviste

Silvia Barba- Bassvoice Project, intervista

Scritto da Claudia Erba

“Non bisogna aver paura in nessun campo delle commistioni”

Dalla collaborazione di Silvia Barba-vocalist, autrice dei testi del duo, speaker e autrice radiofonica, presentatrice- e Pippo Matino– unanimemente considerato dalla critica uno dei massimi specialisti e virtuosi del basso elettrico- è nato nel 2006 il Bassvoice Project: il duo, che ha all’attivo tre album, ha calcato palchi importanti (tra gli altri Le Caveau des Oubliettes a Parigi e l’ Alexanderplatz Jazz Club a Roma) e preso parte a prestigiose rassegne musicali (Eurobassday Verona 2007 e 2012, Palombara Jazz 2007, Ischia Jazz 2010, Pomigliano Jazz 2011, Catania Jazz 2012, Tuscia in Jazz Spring Festival 2017-solo per citarne alcune).
Nel maggio scorso il duo ha pubblicato “DALLALTRAPARTEDELLALUNA”, un omaggio al variegato paniere dalliano all’insegna della personale idea della vocalità nuda e del métissage creativo. (Il cd è acquistabile in formato digitale al link https://bassvoiceproject.bandcamp.com/album/dallaltrapartedellaluna e in formato fisico direttamente dagli artisti, inviando una mail a silviavoice@gmail.com)
Bassvoice Project scandaglia la dialettica voce femminile/basso elettrico, avventurandosi nel sorprendente terreno delle possibilità sonore dischiuse da un interplay dinamico, che vive di opposti e identità in fieri.
Riletture-a volte stranianti-della canzone d’autore italiana e straniera (da Fossati a Tenco, da Battiato a Brel fino a Dalla), standard jazz e composizioni originali (tra le altre il jazz fusion di “Gioia”, le suggestioni inquiete di “Sardinia”), classici e quasi classici internazionali (da Sonny Bono a Charles Dumont, passando per i Fab Four) si snodano in un universo musicale policromo, che si nutre di accenti bluesy, groove serrati, sinuose atmosfere lounge, parentesi funky e incursioni latin.
Alterità e ambiguità vengono convogliate in una contaminazione estetica che non si pone come forzatamente risolutiva di uno stato di cose inedito, ma è rappresentativa di un personale modus percettivo della musica e, più in generale, di una condizione esistenziale primigenia.
Silvia Barba è interprete autentica, capace di coniugare carica emotiva e compostezza della linea vocale, sensibilità filologica e ludica irriverenza. La sua è una vocalità non addomesticabile, prepotentemente nuda, che interagisce quasi agonisticamente con il Fender Jazz Bass di Pippo Matino, in un contrappunto di benefiche contrapposizioni e simbiotico amalgama, retrospettiva e avanguardia sperimentale.

Nella vostra pagina Facebook si legge che il “Bassvoice Project”- un basso elettrico e una voce- “è l’idea personale della vocalità nuda”. Tuttavia il minimalismo della formazione live viene stemperato in studio dall’apporto di alcuni tra i più talentuosi musicisti, italiani e non solo (tra gli altri Fabrizio Bosso, Javier Girotto, Antonello Salis, Jorge Bezerra, Francesco Bearzatti, Michael Lecoq); si tratta di una precisa scelta stilistica?
Sì, ma non sempre così netta. Nei primi due album, ad esempio, abbiamo ritagliato una parte consistente a momenti esclusivi di duo, nei quali esprimevamo questa idea e questo suono minimale. Nel terzo album abbiamo deciso che questo spazio dovesse essere occupato in pieno dal basso e dalla voce perché negli ultimi due anni anche nei live siamo io e Pippo e il repertorio è tutto basso e voce. Ci piace, spesso, ospitare musicisti di talento, che aggiungano qualcosa in più, frutto della loro creatività e della loro sensibilità. Ne hai citati alcuni ma negli anni è stato bello circondarsi di amici e riempire il palco con le loro note. Non è detto che non accadrà di nuovo molto presto.

Secondo lo studioso francese Roger Caillois (“I giochi e gli uomini – la maschera e la vertigine”, 1958) ogni gioco si muove tra i due opposti della libera improvvisazione/fantasia incontrollata (paidia) e della convenzione imperativa (ludus). Anche il “Bassvoice Project”- nel quale l’aspetto ludico sembra rivestire un ruolo importante- si agita tra questi due poli antitetici?
Non so se la dicotomia di questi due poli antitetici ci appartenga così tanto e in una misura così netta. C’è certamente un aspetto ludico, proprio nel modo di vedere la Musica tutta, nel considerarla passione e riflessione, studio e intrattenimento, rigore e divertimento.
Il Bassvoice Project nello specifico è retto da tutti questi elementi, che cerchiamo di alternare fra me e Pippo: a volte sono io a scegliere i brani sull’onda delle emozioni perché un testo mi colpisce o una melodia mi conquista mentre lui ragiona di più sull’aspetto armonico, sulla resa sonora. Altre volte, invece, è lui stesso che, suonando, esprime la sua parte più improvvisativa, più istintiva, senza troppi schemi da riproporre, mentre io sono più centrata nella resa di un testo, che già di per sé considero finito, completo, concluso e quindi senza il bisogno di ulteriore apporto creativo.
E’ spesso un ping-pong, mi piace pensarlo come uno scambio continuo, dove entrambi mettiamo in campo le nostre capacità, le nostre scelte più o meno consapevoli, i nostri gusti, le nostre-personalissime- passioni. Siamo fatti di tante cose e non sono mai sempre le stesse. Cambiamo continuamente e la Musica è uno dei tanti modi meravigliosi che abbiamo per esprimere tutto questo.

Una straniante sperimentazione/ibridazione sembra improntare le vostre composizioni originali e le rivisitazioni della canzone d’autore, sospese tra lounge music, groove, jazz moderno, pop, sonorità mediterranee. La “normalizzazione” della contaminazione nell’era postmoderna non rischia di svilirne l’originaria carica visionaria, post-gerarchizzate ed anticonvenzionale?
Quando qualcosa di rivoluzionario diventa “norma”, convenzione e si massimizza, perde-chiaramente- la sua carica dirompente, il suo effetto perturbante, di rottura, di novità. Però, il nostro “essere umani” implica una sistematizzazione ciclica, un’assimilazione anche degli aspetti più estremi. Siamo già una sintesi tra opposti, nasciamo come una sintesi e cresciamo con un’attitudine a fondere elementi diversissimi fra loro e spesso in contraddizione. Tutto questo per dire che non si deve per forza essere anticonvenzionali per essere originali, per dire la propria in un contesto dove forse è già stato detto e scritto e suonato tutto. Secondo me, l’autenticità di quello che proponiamo sta nel fatto che cerchiamo soltanto di esprimere la nostra idea di musica e di canzoni, senza star lì a interrogarci se qualcuno lo abbia già fatto (certi che qualcuno lo avrà già fatto!) e in che modo. Siamo noi in quel momento, esprimiamo a modo nostro la nostra idea musicale. Il sincretismo artistico che viviamo non è soltanto frutto di questi anni di crisi creative, di massificazione incontrollata di quello che “funziona” e di quello che “piace al mercato e al pubblico”; i generi musicali non esistono più o comunque non sono così definibili. Il jazz moderno e quello contemporaneo sono la sintesi per eccellenza; il pop, l’hip hop, il gospel, la world music si fondono senza soluzione di continuità e-oggi come ieri- fanno dell’ibridazione la loro cifra stilistica. Non bisogna aver paura in nessun campo delle commistioni; da che mondo è mondo hanno sempre portato cose belle e spesso inaspettate, sorprendenti: il segreto è mantenere e riconoscere le identità di ciascun elemento, rispettarlo, valorizzarlo. Nella musica e nell’arte, ma direi ovunque.

L’intenzione artistica alla base del vostro progetto musicale è in un certo senso affine a quella che sorregge il duo “Musica nuda”? Al di là di qualche coincidenza di repertorio e pur nelle innegabili differenze sembrano unirvi l’essenzialità e una calviniana leggerezza.
Conosco “Musica Nuda” e credo che loro siano davvero vincenti e originali. Petra Magoni gioca con gli innumerevoli registri della sua vocalità chiara, potente, precisa…con Ferruccio, che ha una sensibilità fuori dal comune, forma un duo collaudatissimo che riscuote il successo che merita. Qualche affinità “programmatica” c’è indubbiamente, ma la resa sonora è diversa. Pippo ama costruire armonia e melodia attraverso gli effetti, i loop e il suono del basso elettrico, che ha caratteristiche diverse da quelle del contrabbasso. A me piace molto lavorare sulle intenzioni del testo e bilanciarle con il suono del suo basso; sono attenta alle parole e uso la voce come un mezzo per raccontare delle storie ed esprimere delle emozioni. Se per calviniana leggerezza intendiamo l’attenzione, la misura, il fuggire dalla banalità delle parole (e delle note) e il godimento di poter condividere qualcosa con chi ci ascolta, senza “avere macigni sul cuore”, beh… confesso che sarebbe una grandissima fortuna e spero di poterla meritare ancora!

Avete all’attivo tre album, l’ultimo- DALLALTRAPARTEDELLALUNA, uscito nel maggio 2017- è un tributo alla musica di Lucio Dalla. La ricerca dell’essenzialità ha improntato anche la rilettura dell’istrionico canzoniere dalliano?
Credo di sì. L’idea è sempre la stessa, anche perché siamo sempre basso e una voce(!!!).
In questo album dedicato a Lucio abbiamo scelto i brani che potessero essere ben rappresentati dal suono del Bassvoice Project senza snaturarli, rischiando di rompere un incantesimo di perfezione e di completezza. Io sono cresciuta con la canzone d’autore (Dalla, Fossati, Paoli, Daniele, Battisti, De Gregori e tutte le interpreti che hanno cantato le loro canzoni) e Lucio è stato un musicista attento a descrivere le emozioni, capace di esplorare la fragilità umana, di raccontarla con ironia e con curiosità, senza essere mai banale (appunto!). Ogni canzone è uno scorcio, è un racconto potente, è un punto di vista, una carezza sul cuore o uno schiaffo all’indifferenza. E a me piace molto come Lucio Dalla vedeva il mondo.
Grazie mille!

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Claudia Erba

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