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Anime Galleggianti @ Centrale dell’Acqua

Scritto da Giovanna Musolino

Un libro da centellinare, quello di Massimo Zamboni, da assaporare a fondo, da trattenere nella mente come se si trattasse di un ottimo whisky

Polýtropos. Se dovessi associare un aggettivo a Massimo Zamboni, sicuramente ricorrerei al polýtropos di odisseica memoria, a sottolineare la sua straordinaria capacità di volgersi in molte direzioni. Il suo reading-concerto “Anime galleggianti” del 23 febbraio alla Centrale dell’Acqua di Milano non fa che confermare, qualora ci fosse qualche dubbio in merito, la sua poliedricità. Uno spettacolo semplice, nessun effetto speciale: una chitarra, la voce di Massimo che legge alcuni brani salienti del libro, uno schermo su cui scorrono lentissime immagini di paesaggi fluviali, pochi elementi a comporre un’esibizione ad altissima intensità emozionale.
“Anime galleggianti” è un libro scritto a quattro mani con Vasco Brondi (Le luci della centrale elettrica), con le foto di Piergiorgio Casotti, edito nel 2016 da La nave di Teseo, che racconta di un viaggio molto singolare compiuto dai tre “dalla pianura al mare tagliando per i campi”. Una zattera a solcare le acque di un canale dal nome altisonante ed evocativo, il Tartaro, attraverso il Polesine fino al mare e ritorno.
Un viaggio che non ha nulla di turistico: “Questa storia galleggia in un tema incantato, il viaggio sulla zattera, traducendolo nella discesa di un canale. Infantile sogno da ragazzini che tutti hanno fantasticato e poi abbandonato”. Lentezza terapeutica e taumaturgica, paesaggi colti da diverse angolature, che svelano insospettate e insospettabili somiglianze con luoghi distanti chilometri e chilometri: il 45° parallelo che congiunge la Pianura padana alla Mongolia “Notazione da poco per i passanti, fondante per me, l’apprendere di essere su quella linea immaginaria che abbraccia porzioni distantissime del globo, rendendole simili loro malgrado”, il flemmatico ma inesorabile scorrere dell’acqua che si fonde con il fluire incessante dei pensieri. “Beatitudini, demoni, sofferenze, solitudine, felicità, attesa: più volte durante il viaggio incrociamo queste tensioni snodarsi tra voli e alti voli quotidiani”. Autunno, silenzio, nebbia, bruma, malinconia non fanno che accrescere la bellezza di uno scenario celebrato da registi, scrittori, fotografi come Zavattini, Vancini, Celati, Ghirri.
Zamboni scrittore non ha nulla da invidiare a Zamboni musicista: una scrittura densa, suggestiva, evocativa, immaginifica, caratterizzata da cura e varietà lessicale, a dispetto della sciatteria e povertà linguistica oggi imperante.
Un libro da non leggere assolutamente tutto d’un fiato, ma da centellinare, assaporare a fondo, da trattenere nella mente come se si trattasse di un ottimo whisky, che deve essere gustato lentamente, a piccolissimi sorsi, per poterne cogliere appieno profumi, sapori, umori. “Per questo forse si viaggia, per raccogliere segnali”.

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Giovanna Musolino

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