Interviste

Alberto Pietropoli

La mia grande scoperta furono i Beatles nel ‘63 con il 45 giri Please Please me!

Partiamo dalle origini della cultura musicale bolognese. Perché Bologna Rock doveva esserci e rispetto a Milano cosa c’era di diverso?
 Sinceramente non ho avuto molte frequentazioni con gli ambienti milanesi di quel periodo. Sicuramente aveva una grande complicità tra le sale prove e i musicisti. Gli stessi musicisti non avevano gelosie trasversali, tutti producevano musica allo stesso modo pur con stili differenti. Bologna è progressivamente cresciuta culturalmente perché è sempre stata così fin da “piccola”, ed è stata contraddistinta dalla musica prodotta spontaneamente in quegli anni e la scuola del fumetto che era riconosciute da tutti come un esempio da esportare. Quindi la complicità della musica per tanti anni ha avuto una grande importanza per il nostro paese, partendo dagli anni ‘70 almeno fino agli anni ’80 inizio ’90. Bologna Rock divenne un evento così importante, che fu l’esempio per tutto quello che arrivò dopo. 6.000 persone parteciparono in quel lontano 2 aprile 1979 lasciando ancora oggi un segno tangibile.

Come nascono i Windopen e quale doveva essere il ruolo della band nello sviluppo del fermento musicale bolognese?
 Conobbi Roberto Terzani nel 1974 con gli Enigma, festival un gruppo che partecipò ad uno dei festival annuali che si svolgevano a Bologna al cinema Tivoli e circa quattro anni dopo, con i Windopen, pensarono di aggiungere un sassofonista che avesse un po’ lo stile inglese tipo Andy Mackay dei Roxy Music o un David Bowie d’annata che suono il sax nel finale del brano di Lou Reed Vicius, cosi scelsero me. La band rispetto alle altre, aveva un taglio più R’N’R’, io suonavo il flauto traverso ma il sassofono contralto era ormai la mia strada. Fu un bel periodo per i Windopen. Un grande fan del gruppo è Luca de Gennaro presentatore e dj di Radio Capital.

Il tuo percorso del dopo Windopen cosa ti porta a fare o comunque a cercare?
Ho suonato con i WIndopen dal 1977 al 1979 condividendo a pieno tutte le loro idee, dividendo concerti ovunque, sino in Sardegna, bellissimi concerti a Cagliari e Carbonia. Ma all’improvviso le nostre ambizioni presero strade diverse; ed io avevo capito che dovevo mantenermi dando un contributo solido alla mia famiglia senza perdere il controllo di ciò che stavo facendo con la musica.

Poi arrivano i Central Unit. Ci puoi spiegare come nasce questo “collettivo” che trovo molto avanti rispetto a tanti fermenti musicali?
A Bologna la radio più importante si chiamava “Radio città” collegata direttamente con un negozio di musica,” Minnella” che importava dall’America e dall’Inghilterra musica che non avevavmo mai sentito prima come i Tuxedomoongruppo californiano sperimentale e multimediale con suoni nuovissimi mai sentiti prima e abbinati a spettacoli teatrali innovativi. Parliamo di un periodo a cavallo tra la fine del 1979 e inizio 1980. La curiosità e la voglia di suonare cose nuove in Italia, ci portò a seguire quel filone. Dopo varie prove con una formazione nata proprio a Radio Città, avevamo musica sufficiente per provare a pubblicare un EP. Fu così che in un paesino della Romagna, Lido Adriano, una piccola etichetta, la LM Records pubblicò “Loving Machinery” con la fantastica copertina di Giorgio Carpinteri. La bellezza di quel periodo a Bologna era la sinergia tra gli artisti; i Central Unit ebbero la fortuna di avere le copertine fatte da Giorgio Carpinteri considerato uno dei più avanguardisti tra gli artisti membri del gruppo Valvoline. Bologna era anche questo.

 A parte la tua prima fase rock con i Windopen, quale è il tuo stile musicale preferito e se hai mai pensato di essere un leader di una band?
Non ho mai pensato di essere un leader, amo raccogliere suoni ed esperienza diverse confrontandomi con tutto quello che la musica buona propone; dal 1974 al 1977 mi sono come orchestrale, che è stata una gavetta estremamente formativa. Successivamente al periodo Central Unit ho poi avuto molte differenti collaborazioni, dai Cauchemar ai Radio City fino ad una big band jazz i Born to Swing che ho affiancato alla prima esperienza con i Jumpin’ Shoes. Attualmente da oltre vent’anni, suono in un super gruppo, i Bononia Sound Machine dove la sezione fiati ha un’importanza strategica, non a caso il riferimento sono i Tower of Power, storica band californiana, con la quale abbiamo avuto l’onore di collaborare per i cd Funky Dreams e Let it .

Ritornando un po’ indietro nel tempo, la scena bolognese ha influenzato intere generazioni di quel periodo, anche negli anni 80 e 90 con la musica dance/elettronica. Un tuo parere su quei periodi.
I periodi 80 e 90 sicuramente sono stati momenti importanti per la musica italiana; Video Music fu il primo canale televisivo visto in tutto il paese che proponeva videoclip con musica, inoltre sono stati anni importanti anche per quelli che poi sono diventati i cantautori come Claudio Lolli. Ho avuto l’onore di partecipare in un paio di brani al suo ultimo disco, Il Grande Freddo, prima della sua prematura scomparsa. Anni importanti per il fermento che andava oltre il concerto, la musica era creativa piena di segnali positivi, in discoteca ci si divertiva tantissimo con la new wave, musica di qualità! La differenza con il tempo attuale è abissale anche per la scena politica e intellettuale, forme di linguaggio completamente rovesciate. Un esempio su tutti la nascita di RAI 3, un canale libero dove l’ironia faceva parte di un modello positivo.

In questo tuo momento artistico fai parte di due band molto diverse; i Bononia Sound Machine di cui abbiamo detto, e i Bowie Dream. Stesso impegno e passione per entrambe?
Certo! La mia grande scoperta furono i Beatles nel ‘63 con il 45 giri Please Please me! Da lì è stato tutto un divenire di cose nuove, la musica inglese di quegli anni ha avuto un’importanza generazionale globale. I Bowie Dreams mi hanno dato quello spazio “inglese” che mi mancava perché tutti i miei sax diventano una cornice musicale molto importante soprattutto come sonorità, sax baritono compreso, che Bowie adoperava molto nei suoi brani.

Il tuo strumento è il sassofono, strumento a volte sottovalutato ma che trovo affascinante e che copre un ruolo importante nella musica con la M maiuscola. Cosa ne pensi?
La fortuna del mio strumento è che si “adatta” anche dove non è richiesto così tanto, lo considero una ideale prosecuzione della voce nel jazz e nel funk il sax è quasi scontato, ma per altri stili si può inserire comunque perché arricchisce il brano anche  con poche note .

Chiudiamo la nostra chiacchierata con un tuo pensiero verso il periodo ormai conclamato in cui versa la musica anche nel nostro paese e la grande influenza che i media portano verso gli ascoltatori
 Il fenomeno delle campionature è dell’autotune è il nuovo territorio giovanile, il modo di ascoltare la musica fa il resto. Difficilmente trovi ragazzi che ascoltano con pazienza la musica sul giradischi o alla radio, ora il pezzo musicale è un apprendimento veloce e per lo più da un cellulare. Mi sento fortunato per essere cresciuto in un periodo dove l’ascolto si faceva con impianti hi fi ed aveva un dibattito da condividere con chi amava farlo con te. Esistevano anche le riviste specializzate che ti aiutavano a coltivare l’amore per la musica, le classifiche che aprivano il nostro pensiero a paesi ancora musicalmente sconosciuto. Tutto questo ha creato il mondo musicale che mi ha accompagnato fino a qui…

 

Per informazioni:

https://www.discogs.com/artist/1421162-Windopen

 https://www.centralunitmusic.it/ 
https://www.discogs.com/artist/8645316-Bononia-Sound-Machine 
https://bowiedreams.it/ 
 https://corporate.ansa.it/sito/notizie/cultura/musica/2024/03/18/a-bologna-il-21-marzo-al-galliera-omaggio-a-claudio-lolli_9e4bff07-871c-4297-b496-653ebfe2e582.html 
https://www.facebook.com/alberto.pietropoli.9/ 

 

 

 

 

 

 

 

 

About the author

Alessandro Ettore Corona

Alessandro Corona nasce a Bassano del Grappa (VI) nel ’57. Dopo aver vissuto in varie zone del Veneto, si trasferisce a Bologna negli anni’70, seguendo tutto il movimento artistico di quel periodo; dai fumetti di A. Pazienza e N. Corona, alla musica rock britannica e americana, a quella elettronica di stampo tedesco, al cinema d’avanguardia tedesco e francese, per approdare poi alla scoperta della fotografia internazionale seguendo corsi di approfondimento e di ricerca.

Scatto per non perdere l’attimo.
Esistono delle cose dentro ognuno di noi, che vanno messe a fuoco.
Esistono cose che ci circondano e che non vanno mai perse, attimi che possono cambiare il nostro futuro; ognuno di noi ha un’anima interiore che ci spinge verso quello che più ci piace o ci interessa.
Io uso la macchina fotografica come un prolungamento del mio braccio, la ritengo un contenitore enorme per catturare tutti quei momenti che mi appartengono.
Passato e futuro si uniscono fondendosi insieme e per caratterizzare l’anima degli scatti creo una “sensazione di fatica” nella ricerca dell’immagine mettendo in condizione l’osservatore, di ragionare e scoprire sé stesso dentro l’immagine.
Trovo interessante scattare senza pensare esattamente a quello che faccio; quando scatto il mio cuore muove un’emozione diversa, sento che la mia mente si unisce con estrema facilità al pulsante di scatto della mia macchina, non esito a cercare quel momento, non tardo un solo secondo per scattare senza riflettere.
Il mio mondo fotografico è principalmente in bianco e nero, il colore non lo vedo quasi più, la trasformazione cromatica è immediata.
Non esito: vedo e scatto!
La riflessione per quello scatto, si trova in mezzo tra il vedere e lo scattare senza esitare sul risultato finale, senza perdere tempo in quel momento.
Diventa immediato per me capire se quello che vedo e che intendo scattare può essere perfetto,
non trovo difficile esprimere quello che voglio, la macchina fotografica sono io.
Ogni scatto, ogni momento, ha qualche cosa di magico, so che posso trasmettere una riflessione quindi scatto senza cercare la perfezione estetica perché nella fotografia la foto perfetta non esiste, esiste solo la propria foto.
Works:
Fotografo e grafico: Mantra Informatico (cover CD), Elicoide (cover LP)
Fotografo ufficiale: Star for one day (Facebook). Artisti Loto (Facebook)
Fotografo ufficiale: Bowie Dreams, Immigrant Songs, Roynoir, Le Sciance, Miss Pineda.
Shooting: Federico Poggipollini, Roynoir, Heide Holton, Chiara Mogavedo, Gianni Venturi, Double Power big band, Progetto ELLE, Star for one day, Calicò Vintage.
Radio: Conduttore su LookUp radio di un contenitore artistico, con la presenza di artisti.
Fotografo ufficiale: John Wesley Hardyn (Bo), Reelin’and Rocking’ (Bo), Fantateatro (Bo), Nero Factory (Bo), Valsamoggia Jazz club (Bazzano), Friday Night blues (Bo), Voice club (Bo), Stones (Vignola), il Torrione (Fe), L’officina del gusto (Bo), Anzola jazz, Castelfranco Emilia blues, Bubano blues, Mercatino verde del mondo (Bo), L’Altro Spazio (Bo), Ramona D’Agui, Teatro del Pratello (Bo), P.I.P.P.U Domenico Lannutti, Insegui L’Arte (Badolato CZ), Artedate (Mi), Paratissima Expo (To), Teatro Nuovo e club Giovane Italia(Pr), Teatro Comunale e Dehon (Bo), Teatro delle Passioni (Mo).

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