Una lettera o un testamento. Così nel suo “Se i gatti scomparissero dal mondo” Genki Kawamura esplora il significato della vita, della perdita e di ciò che rende l’esistenza umana davvero significativa.
Una favola filosofica e grottesca, che con estrema leggerezza, ironia e un po’ di non troppo velata malinconia – forse questo la rende toccante e non melodrammatica- affronta temi esistenziali.
“Se i gatti scomparissero dal mondo.Come cambierebbe il mondo, e come cambierebbe la mia vita?Se io scomparissi dal mondo. Il mondo non cambierebbe di una virgola e tutto andrebbe avanti allo stesso modo, giorno dopo giorno?Sì, lo so, starai pensando che si tratta di domande assurde e che sto delirando. Ma vorrei che mi credessi.Quello che sto per scriverti mi è accaduto negli ultimi sette giorni. Sette giorni a dir poco pazzeschi. Ah, dimenticavo: tra non molto morirò. Dunque, come e perché siamo arrivati a questo punto? È esattamente quello che sto per raccontarti. Sarà una lettera molto lunga, ti avviso. Però vorrei che mi seguissi fino alla fine. Anche perché questa è la prima e l’ultima volta che scrivo una lettera indirizzata a te. Sarà il mio testamento.”
Un giovane postino. Una diagnosi terminale. L’incontro con il Diavolo, che gli offre un patto: un giorno in più di vita, ma ogni giorno dovrà decidere cosa far scomparire dal mondo. Per guadagnare tempo. A cosa saremmo disposti a rinunciare?
È un tipo strano il Diavolo, ha sembianze umane e vestiti hawaiani, tanto che il nostro postino lo soprannomina Aloha.
Da qui inizia una serie di rinunce, ognuna delle quali porta il nostro protagonista a interrogarsi sui legami che danno senso alla sua vita. Poi la scelta più difficile: rinunciare ai gatti. Rinunciare a Cavolo, l’unico essere con cui ha una silenziosa comunicazione da quando si sono incontrati.
“I gatti sono qualcosa di fantastico. Ti ignorano per la maggior parte del tempo, ma quando percepiscono che stai davvero male si avvicinano senza fiatare.”
Sembra facile rinunciare a qualcosa, soprattutto quando ne va della propria vita. Ma in realtà non è così. A volte rinunciamo ai ricordi. Ogni distacco diventa doloroso, e come cambia la vita in questa storia sia per il nostro protagonista che per i suoi cari, così fa nella nostra realtà. Gli oggetti spesso sono superflui, ma fanno parte di noi e raccontano la nostra vita, le nostre azioni, le nostre gioie, le nostre paure, liberarsene spesso vuol dire rinunciare a un pezzo di sé. I gatti sono solo un espediente, per ripercorrere la sua vita e i suoi ricordi. Un sacrificio simbolico, un punto di svolta. Tutto porta a pensare al rapporto unico e speciale che si instaura tra uomini e animali domestici e sull’affetto incondizionato che spesso questi riescono a darci.
Affascinante come ogni scomparsa nel romanzo ci porti a riflettere su quanto diamo per scontato. La scomparsa dei gatti diventa simbolo dell’assenza di legami autentici e della perdita delle piccole cose che ci arricchiscono nel quotidiano. Siamo costretti a pensare e ripensare alla nostra vita pagina dopo pagina. Alle persone che abbiamo accanto, a chi lasceremo, a tutto ciò che abbiamo costruito. Se il nostro mondo e il nostro tempo avanzano frenetici, se ci ritroviamo a camminare pieni di pensieri, schiavi di tutto ciò che ci circonda in negativo, è proprio quello il momento in cui dobbiamo fermarci.
Non è un caso se le prime cose che vengono fatte scomparire sono orologi e telefoni, che scandiscono il nostro tempo a discapito delle relazioni vere e di ciò che più è importante. E non è un caso che il protagonista non abbia nome, ha senso se si pensa che potrebbe essere ciascuno di noi.
“Se i gatti scomparissero dal mondo” è una lettura breve ma densa di significati. Kawamura ci ricorda che la vita è fatta di legami profondi e momenti semplici. Un viaggio commovente e liberatorio dentro di noi. Un inno alla vita e alla morte.
“Forse è perché sono destinati a finire, che la vita e l’amore sono meravigliosi”.